il Fatto Quotidiano, 10 agosto 2022
Ritratto al veleno di Guido Crosetto
In questo magnifico tempo di guerre in corso – 59 oggi nel mondo – con massacri e sbudellamenti più o meno nascosti agli occhi degli smidollati occidentali, Guido Crosetto, Cuneo 1963, lavora di buona lena, pontifica di politica, svetta negli affari. I membri della sua invidiabile associazione – si chiama Aiad e raccoglie i fabbricanti italiani di missili, droni, esplosivi, fucili, mine, bombe, mitragliatrici, pistole, tutti prodotti con certificati di garanzia per uso universale – con le guerre calde e fredde ci fanno la doccia ogni mattina, cantando. E se possibile anche la colazione, masticando.
Lui ogni sera si beve l’aperitivo nei giardini dell’Hotel de Russie, accanto a piazza del Popolo, dove una camera costa mille euro a notte e dove pure ha abitato all’inizio della sua carriera politica, anno 2001, tanto per fare il fenomeno: “Fumo sessanta sigarette al giorno. E poiché ho i giorni contati, voglio vivere decentemente”. Al suo tavolo passa il mondo: politici, giornalisti, faccendieri, generali, agenti segreti più il solito Marco Minniti. Specie ora che tiene sulla punta delle dita l’agenda dei desideri di Giorgia Meloni (“sarebbe un onore per me essere la prima donna a Palazzo Chigi”) con cui dieci anni fa ha fondato Fratelli d’Italia, che a dire il vero, guardando ogni foto di palcoscenico, la storia dei fratelli sembrava uno scherzo, lui alto due metri, pelato, pacato, lei elettrica, bassa la metà, più una spanna di capelli biondi, eppure elettoralmente esplosi dal 4 al 22 per cento, al netto dei ricorrenti saluti fascisti di Casa Pound sullo sfondo, grazie all’ostinazione di chiamarsi fuori da tutti i governi naufragati in guerre fratricide, e intanto rastrellando gli spiccioli dell’opposizione, diventati un patrimonio da mettere per intero sul tavolo verde del prossimo 25 settembre, vedremo se fino al punto di pescare i quattro assi di un colore solo. Tant’è che pure Mario Draghi, in zona spogliatoio, ha voluto citare proprio Crosetto, attribuendogli una frase non proprio inedita: “Ci sarà bisogno di coesione sociale e politica il prossimo autunno”, che poteva pure essere un Saragat, annata 1969, ma che lì per lì è sembrato un grande pensamento, miracoli della piaggeria.
Il suo pensamento migliore, oltre agli affari e alla Meloni, è stato filarsela in tempo dalle macerie di Forza Italia, anno 2012, dove si è svezzato politicamente, dopo gli anni di gioventù inchiodato allo scudo crociato della sua provincia Granda, dove ha pure fatto il sindaco e il consigliere comunale. Il divorzio fu turbolento. Disse, più o meno, che Berlusconi, le mignotte, gli ipocriti, gli incompetenti, e Tremonti Giulio, avevano distrutto la destra e il partito. Chiamò il Capo “testa di cazzo”, durante una conversazione telefonica, che il suo amicone Franco Bechis mise in rete, vatti a fidare dei giornalisti fiancheggiatori. Finì con delle scuse e l’addio. Che per Crosetto fu l’arrivo nel Klondike: “Torno a fare l’imprenditore”, disse. Ma non proprio come il padre che fabbricava macchine agricole. Lui ha interessi meno bucolici: le armi, l’intelligence, le frontiere. E una compagnia di aziende opportunamente attrezzate: Finmeccanica, poi diventata Leonardo, gestione Alessandro Profumo, Fincantieri, l’Enel di Descalzi, Telespazio, la Orizzonti Sistemi Navali, la Fondazione MedOr specializzata in rapporti geopolitici nell’area del Mediterraneo, che vuol dire diplomazia non ufficiale e Risiko strategico. Tutte amicizie coltivate negli anni cruciali, in cui si è accomodato sulla poltrona di sottosegretario alla Difesa, 2008-2011, come in una vasca da bagno. Peccato per l’inciampo della finta laurea in Economia e commercio infilata in qualche intervista e nel curriculum parlamentare che gli valse un passeggero discredito e una raffica di risate. Reagì con le scuse (“ho detto una sciocchezza”) poi con l’eloquio del tipaccio che si porta in tasca: “Uno che nella vita non ha mai fatto nulla di male sentirsi crocifiggere per una cagata, gli girano i coglioni! In un mondo della politica dove c’è gente che ruba, mangiano (sic!) ostriche e champagne, portano le puttane in Parlamento”.
Con Giorgia ha risalito la china della politica, fabbricando un partito reazionario in purezza, paranoico in purezza, che si sente chiamato a fronteggiare, a petto nudo, i multipli complotti della sinistra immorale e della finanza mondialista. Capace di far vibrare in alto il tricolore Dio-Patria-Famiglia, contro la cospirazione che punta alla sostituzione etnica, favorendo l’Africa e l’Islam; che vuole minare l’Europa bianca e cristiana; che appoggia l’offensiva gender guidata dagli omosessuali, per avvelenare la società tradizionale, con il sesso libero, la droga libera, oltre al vigliacco marasma ideologico delle élite borghesi che irridono al patriottismo e ai suoi valori. Armamentario perfetto per finire dalle parti dell’America sovranista di Donald Trump e del suo ideologo Steve Bannon, quello che denunciava Hillary Clinton come “la strega delle cene sataniste”. E contemporaneamente dentro le democrature di Orban e Putin, almeno fino all’aggressione all’Ucraina, fatta salva l’insofferenza per l’Europa che vorrebbe cancellare le nazioni, per la moneta unica che soffoca le singole economie, per la dissoluzione dei sacri confini. Tutte munizioni che Guido Crosetto, accreditato stratega, certifica come legittimo made in Italy e che Giorgia strilla a ogni comizio (“Io sono donna, madre, cristiana!”) quando chiede il blocco navale contro gli sbarchi, pretende i muri lungo i confini terrestri, promette la flat tax per tutti gli italiani, l’abolizione del reddito di cittadinanza a favore di quello per la natalità.
Al netto di certi sproloqui e intemperanze (“mi hanno rubato in casa. Comprerò una pistola e la prossima volta sparo”) Crosetto passa per essere “un gigante buono”, gentile, educato, onesto, cavalleresco. Uno che ama la famiglia al punto da averne due. Uno che ama le armi, ma poi “ti tende la mano”. Tanto da essersi meritato nell’anno 2012, la medaglia d’oro della Croce rossa “per il suo fulgido esempio di dedizione agli alti ideali”. La Croce rossa? Ma sì, quella che, passate le armi roventi dei soci di Crosetto, ricuce i civili spappolati e i soldati fatti a pezzi.