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 2022  agosto 08 Lunedì calendario

Inflazione e guerra non fermano i dividendi dei big

OGGIX
La recessione non si vede, almeno per ora, per le società quotate alla Borsa di Milano: i loro conti sono andati a gonfie vele nel primo semestre di quest’anno. Malgrado l’impatto della guerra della Russia contro l’Ucraina, cominciata il 24 febbraio, in diversi casi i risultati più brillanti sono stati messi a segno nel secondo trimestre.
L’utile netto complessivo dichiarato dalle relazioni semestrali di 39 società dell’indice Ftse Mib (sono 40, manca Exor che approverà i conti l’8 settembre, quando sarà già quotata ad Amsterdam anziché a Piazza Affari) è pari a 39,67 miliardi di euro, cioè 15,3 miliardi in più rispetto ai 24,34 miliardi del primo semestre 2021. Il progresso è del 62,94 per cento. Va considerato che il 2021 era influenzato dal Covid. Consideriamo i risultati consolidati di competenza riportati nei documenti contabili ufficiali (detti “reported”), non gli utili rettificati, salvo diversa indicazione.
Il gruppo con i profitti più alti è Stellantis, 7,96 miliardi rispetto ai 6,9 miliardi della prima metà del 2021 (+15%), secondo la semestrale firmata da Carlos Tavares. Segue l’Eni di Claudio Descalzi con quasi 7,4 miliardi rispetto agli 1,1 miliardi del primo semestre dell’anno scorso. Ma il balzo maggiore l’ha fatto Atlantia. Grazie alla plusvalenza per l’incasso di 8,2 miliardi nella vendita dell’88% di Autostrade per l’Italia (Aspi) allo Stato, il consolidato semestrale della holding dei Benetton si è chiuso con 5,93 miliardi di utile netto, 180 volte lo striminzito utile del 2021 (33 milioni). Solo due società sono in rosso, Saipem che ha ridotto le perdite da -779 a -130 milioni e Telecom Italia, che invece ha più che triplicato il passivo, da -149 a -483 milioni. Il gruppo guidato da Pietro Labriola è il fanalino di coda delle blue chip. I conti di Tim sono appesantiti anche da un indebitamento finanziario netto aumentato di 2,5 miliardi a 24,65 miliardi. Nove società hanno fatto più di un miliardo di utili netti (sei l’anno scorso), ma non tutte hanno migliorato i risultati: 25 hanno fatto meglio, 14 hanno risultati peggiori.
L’andamento migliore è stato messo a segno dall’energia, per il balzo dei prezzi di petrolio e gas causato dalla guerra russo-ucraina, dalle materie prime, dall’industria e dal lusso (Moncler ha quasi quadruplicato l’utile, da 58,7 a 211,3 milioni). Altalenanti la finanza e le banche.
Il gruppo automobilistico nato dalla fusione tra Fiat-Chrysler e Psa ha aumentato i ricavi del 16,85% a 88 miliardi. Da Parigi sottolineano che è merito dell’aumento dei prezzi, del mix di veicoli e degli effetti positivi dei cambi. I risultati sono stati trainati dal Nord America. Una nota preoccupante è il calo delle vendite e della produzione in Italia: sono state immatricolate 255.073 automobili dei nove marchi di Stellantis, -27,5% rispetto alle 352.053 del primo semestre del 2021. Il mercato si è contratto del 22,7%, da 885.090 a 684.228. Pertanto la quota di mercato di Stellantis in Italia si è ridotta dal 39,78 al 37,28 per cento. Il segretario nazionale della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano, ha fatto notare che nel primo semestre la produzione di auto e furgoni del gruppo Stellantis in Italia è diminuita del 13,7% (da 407.666 a 351.890), con 248.990 auto (+2,1%) e 102.900 furgoni (-13,7%). È il quinto anno di fila che in Italia cala la produzione di autoveicoli, già diminuita del 35% tra il 2017 e il 2021 (da 1,035 milioni a 673.475).
Molto positivi i risultati della Ferrari, che non fa parte di Stellantis ma è controllata da uno dei suoi maggiori azionisti, Exor. Le vendite sono aumentate, i ricavi sono cresciuti del 21% a 2.477 milioni, l’utile netto rettificato è migliorato da 412 a 490 milioni (+19%). L’azienda ha rivisto al rialzo la “guidance”, le stime di fine anno, per tutti gli indicatori di bilancio. Un’altra società collegata all’auto, Pirelli, che produce pneumatici, ha aumentato i ricavi consolidati del 24,6% a 3.197 miliardi e l’utile netto è balzato da 131,6 a 233 milioni (+77%).
L’Eni, come altri gruppi dell’energia (su cui riferiamo nell’articolo accanto), è il gruppo che più ha beneficiato della congiuntura, che ha invece effetti dirompenti sul resto dell’economia, l’impennata dei prezzi del petrolio e del gas. I ricavi sono aumentati del 107% a 63,7 miliardi e l’utile netto di 6,7 volte a 7,4 miliardi. L’altro colosso pubblico dell’energia, Enel, ha risentito della turbolenza sui prezzi del gas e dell’elettricità. I ricavi sono aumentati dell’85,3% a 67,2 miliardi, ma i margini si sono ridotti e l’utile netto è sceso del 4,7%, da 1.778 a 1.693 milioni.
I Benetton si preparano a togliere Atlantia dalla Borsa entro fine anno, se non ci saranno imprevisti nell’auto-Opa, con risultati record e una revisione al rialzo delle previsioni sui conti 2022. Merito del regalo di 8,2 miliardi avuto dallo Stato, che ha abbandonato la strada accidentata della revoca della concessione di Aspi come punizione per il crollo del ponte Morandi (43 morti) e il 5 maggio scorso ha perfezionato l’acquisto dell’88% di Aspi attraverso Cdp. Aspi ha contribuito per 5,84 miliardi all’utile consolidato, di cui 5,3 miliardi di plusvalenza. I ricavi consolidati, esclusa Aspi, sono aumentati del 18% a 3,29 miliardi, grazie ad Abertis, AdR e Telepass. Nei conti civilistici della sola Atlantia Spa, la plusvalenza per la vendita di Aspi è di 2,827 miliardi e l’utile netto è di 3,14 miliardi, mentre l’indebitamento netto è azzerato (per il gruppo è diminuito da 30 a 21,18 miliardi).
I due colossi del credito, Intesa Sanpaolo e Unicredit, hanno fatto utili superiori a due miliardi ciascuno, malgrado gli accantonamenti per le perdite in Russia. Il gruppo guidato da Carlo Messina è quarto per utili, 2,35 miliardi, in calo del 22,1% rispetto al 2021. Intesa ha detto che l’utile netto sarebbe stato di 3,276 miliardi escludendo le rettifiche di valore per Russia e Ucraina, pari a 1,093 miliardi.
Unicredit ha fatto un secondo trimestre record che ha consentito al gruppo, secondo l’ad Andrea Orcel, di fare il miglior semestre degli ultimi dieci anni. Secondo la presentazione agli analisti l’utile netto, rettificato per tener conto delle obbligazioni At1 e Cashes, è pari a 2,092 miliardi (mentre nella relazione integrale, depositata il 5 agosto, l’utile netto contabile è di 2,285 miliardi), rispetto a 1,921 miliardi della semestrale del 2021 (+8,9%). La banca ha accantonato 1,12 miliardi per perdite su crediti in Russia. Orcel ha alzato la “guidance” per l’intero 2022, con una previsione di ricavi per 16,7 miliardi (in precedenza circa 16) e di un utile netto di circa 4 miliardi (oltre 3,3 miliardi), esclusa però la Russia.
Le Assicurazioni Generali, avvolte nella turbolenza per la battaglia legale scatenata dal socio Francesco Gaetano Caltagirone, hanno chiuso il semestre con 1,4 miliardi di utile netto, -9% rispetto agli 1,54 miliardi del 2021. Gli investimenti russi sono stati svalutati per 138 milioni.
La modenese Bper ha incrementato l’utile netto da 501,8 milioni a 1,38 miliardi, per gli effetti contabili del consolidamento di Banca Carige, dal 3 giugno. Senza poste straordinarie l’utile netto sarebbe stato di 316,6 milioni.
Mediobanca ha chiuso il semestre con un utile in calo del 4% a 381,2 milioni. Il periodo gennaio-giugno è il secondo semestre per l’istituto di Piazzetta Cuccia, che grazie agli ottimi risultati del semestre precedente ha chiuso il bilancio al 30 giugno con un aumento dei profitti consolidati, da 807,6 a 907 milioni. Il cda ha proposto all’assemblea dei soci (28 ottobre) un aumento del dividendo da 0,66 a 0,75 euro per azione (+13,6%).
Il miglioramento dei risultati non si riflette però sulle quotazioni in Borsa. L’indice Ftse Mib al 30 giugno era a 21.293,86 punti, rispetto a 25.102 del 30 giugno 2021 (-15), perché la Borsa teme la recessione e il rialzo dei tassi d’interesse.