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 2022  agosto 06 Sabato calendario

Show di Orban a Dallas tra machismo e battute razziste

La battuta più felice per inquadrare il viaggio americano e il discorso di Viktor Orban, premier ungherese, alla Cpac di Dallas (Conservative Political Action Conference), l’ha fatta il «Washington Post»: «Sembrava un comizio di Trump con accento magiaro». Orban fa il pieno, non in sala – ci sono ampie zone vuote – ma di consensi fra i suoi simili al di qua dell’Atlantico.
A Dallas ci è arrivato dopo l’ennesima benedizione di Donald Trump nel resort di golf del New Jersey. «Dobbiamo coordinare le nostre truppe perché affrontiamo la stessa sfida», ha detto il leader ungherese che ha affondato il colpo contro i progressisti che «stanno cercando di separare la civiltà occidentale dalle sue radici cristiane».
È in quest’ottica che bisogna riprendere – dice – «il controllo delle istituzioni». A Washington a partire dal voto di Midterm. E a Bruxelles e ancora negli Usa nel 2024 quando ci saranno elezioni europee e presidenziali.
Una chiamata a serrare i ranghi da subito con sguardo sulle imminenti elezioni italiane e su quelle brasiliane, che però non cita esplicitamente.
L’inglese Nigel Farage è presenza fissa al Cpac, il brasiliano Jair Bolsonaro ha tenuto uno speech importante in passato, Marine Le Pen è transitata di qui. Giorgia Meloni in febbraio, mentre già volavano i missili russi sul territorio ucraino, ha partecipato a un panel dalla Cpac in Florida.
Lo sguardo di qualche osservatore più accorto si punta sull’Italia e il fatto che Meloni sia sugli scudi è un «punto di forza in più – almeno così dice al telefono un ospite – per l’agenda conservatrice globale».
I temi sono quelli dell’armamentario nazionalista: difesa dei confini, contrasto all’immigrazione illegale e della politica del genere; affondo contro i media liberal che imbrattano la narrazione delle destre di «fake news». La mano tesa alla Russia: «Solo Usa e Mosca possono chiudere la guerra», sottolineando la necessità di una soluzione diplomatica.
Le due sponde dell’Atlantico lottano contro lo stesso nemico. «L’Occidente è in guerra con se stesso, i globalisti possono andare all’inferno io me ne vado in Texas», tuona il premier ungherese evocando Davy Crockett e l’applausometro sale. Il Texas è un modello: governatore irremovibile sul controllo dei confini, lotta all’aborto, contrasto al politicamente corretto imposto per legge e politiche gender-oriented. «Non abbiamo bisogno di gender ma di ranger, meno drag queen più Chuck Norris» è la battuta con cui Orban ottiene una standing ovation.
Orban parla della sua Ungheria dei soldi alle giovani coppie e di come la difesa dei confini sia una priorità. I decibel salgono quando ricorda «l’invasione di immigrati illegali» del 2015 paragonando l’arrivo di milioni di persone in fuga dalla guerra in Siria alle armate di Genghis Khan.
Qualcuno nella galassia conservatrice è arrivato a Dallas per capire se il premier ungherese avrebbe spiegato la frase sulla «razza mista» pronunciata in Romania la scorsa settimana. Orban ha sorvolato. Nessuno gliene ha chiesto conto. L’internazionale della destra punta solo a battere i progressisti. Ovunque. Primo test, Italia.