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 2022  agosto 07 Domenica calendario

A Bruxelles si litiga sul litio

Dopo il gas, l’Europa potrebbe presto trovarsi senza batterie. Uno scontro fra esperti, che divide anche i governi degli Stati membri, rischia di vanificare di colpo la rivoluzione dell’elettrico su cui punta il Green Deal Ue per dire addio all’era delle fonti fossili. Il nuovo fronte che si è aperto nell’Unione, e che finirebbe per affossare non solo le ambizioni della transizione ecologica ma pure i piani di rivaleggiare con le industrie cinesi, stavolta riguarda il litio, elemento chimico essenziale per la costruzione delle batterie e per l’elettrificazione delle economie. Il comitato sulla valutazione del rischio dell’Echa, l’agenzia europea per le sostanze chimiche – sostenuta in questo affondo da varie sigle ambientaliste – ha infatti definito tre sali di litio quali agenti tossici in grado di mettere in pericolo la fertilità delle donne e la sopravvivenza del feto, e di determinare alcune malformazioni per i neonati allattati al seno.

I TIMORI
Si tratta di un parere non vincolante, su cui in autunno dovrà esprimersi la Commissione europea. Ma è bastato per mobilitare i produttori di materie prime e di batterie attivi nell’Ue, preoccupati dagli effetti di una classificazione dei tre sali di litio – usati, tra l’altro, anche dall’industria del vetro e da quella farmaceutica – fra le sostanze ritenute tossiche: una evoluzione che imporrebbe un quadro normativo più restrittivo e paletti rigidi in materia, ad esempio, di smaltimento e sicurezza sul lavoro. Il bollino nero, poi, potrebbe finire per dirottare oltre i confini Ue gli investimenti privati; ad esempio nel Regno Unito, che in queste settimane sta definendo il proprio regime di etichettatura del litio e potrebbe arrivare a conclusioni più permissive di quelle Ue. 

LO SCONTROSette associazioni industriali, tra cui Eurobat, Eurometaux e Euromines, si sono perciò rivolti alla Commissione con una lettera aperta chiedendo di stoppare il parere dell’Echa: l’esecutivo Ue non può modificare la proposta di classificazione, ma tra ottobre e novembre potrà rispedirla indietro chiedendo una nuova valutazione scientifica ai tecnici dell’agenzia. Gli operatori del settore hanno avviato pure un dialogo con gli Stati membri (trattandosi di atto delegato, i governi possono solo bocciare l’intero provvedimento in blocco – anche nelle parti non relative al litio – ma serve una maggioranza qualificata molto difficile da raggiungere). Polonia, Bulgaria, Finlandia e Slovenia sarebbero già schierate a sostegno delle ragioni dell’industria, ma andrebbe superato il veto della Germania, ferma in difesa della classificazione dell’Echa. Le capitali hanno tempo fino a fine agosto per inviare i loro commenti. Nell’appello indirizzato alla Commissione, le sette organizzazioni chiedono in particolare di tener conto delle evidenze più recenti che dimostrano l’assenza di un chiaro legame tra sali di litio e effetti nocivi sulla natalità: «Nessuno vuole sottovalutare i rischi per la salute, che vanno presi sul serio e hanno la precedenza sulle valutazioni economiche. Ma le determinazioni dell’Echa si fondano su presupposti scientifici errati, e per questo vanno riesaminati», spiegano dal fronte pro-litio. Senza contare che, se confermata da Bruxelles, si tratterebbe di «una decisione che va contro l’obiettivo Ue di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050». 

I RISCHI
C’è poi un risvolto geopolitico in tutta questa storia, e tira in ballo direttamente la Cina. È il paradosso di un’Ue che fa perno sull’autonomia strategica e vuole rendersi indipendente da Pechino nelle forniture critiche, come i microchip e le batterie – la cui domanda è in costante crescita -, aumentando la capacità di raffinazione del litio attraverso incentivi alla creazione di gigafactory nel continente, ma che poi finisce per affossare le proprie ambizioni. «Perché questa volontà abbia successo è necessario però un approccio che, basandosi su solidi dati scientifici, tenga conto allo stesso tempo della sostenibilità, della salute e della politica industriale», ha affermato il direttore esecutivo di Eurobat, René Schroeder.