il Fatto Quotidiano, 7 agosto 2022
Politici abusatori di canzoni. Da Craxi a Renzi e Salvini
L’anatema? Non serve il tweet indignato degli autori, la condanna è già nelle canzoni. Basta leggere i versi. Salvini incenerito da La Rappresentante di Lista per l’uso non gradito di Ciao Ciao. Che poi, incuriosisce vedere la Lega appassionarsi a un saluto con il culo. Sì, sarà un saluto sardonico al Banchiere, ma devi capire in che liriche ti vai a infilare, mettendo su una compilation ultrapop che spazzi via il tedioso bla bla del comiziante.
Capitan Capitone è recidivo: nel 2018, da ministro, si beccò l’ira funesta della famiglia Gaetano per aver sparato dagli ampli in Piazza del Popolo Ma il cielo è sempre più blu. Che Rino avrebbe al più concesso come rito propiziatorio per il Crotone Calcio. Salvini è testardo: sbandiera fanatismo per De André, soprattutto per Vasco. Il quale, essendo vivo e pannelliano, lo ha tramortito di mazzate quando il leader del Carroccio ha risciacquato alle sorgenti del Po C’è chi dice no: “Giù le mani!”, ha tuonato il rocker di Zocca, aggiungendo via social un refrain ad libitum, “Salvini e Meloni creano odio!”.
Ah già, Giorgia. La mujer che, a quanto pare, ora si fa consigliare da Morgan. Una volta ad Atreju si infilò in un tunnel scarsamente illuminato: pompando dalle casse Dio è morto di Guccini per monsignor Fisichella, e la degregoriana Viva l’Italia per accogliere il Cav. Anche lì: meglio buttare dentro la playlist direttamente Forza Italia(parole di S. Berlusconi, musica del Maestro Renato Serio, 1993). No, Gio e gli altri del camp tolkieniano puntarono sul Principe, che si incazzò come una biscia e sventolò carte bollate. Niente di personale: De Gregori non l’aveva presa bene neppure quando Craxi aveva adottato Viva l’Italia come tema portante delle saghe del Garofano. Craxi, l’Uomo Ragno ridicolizzato da Francesco. Che però non adì le vie legali contro il Psi. Mentre Guccini, ossessione dei post-fascisti, patì un copia e incolla sui manifesti che – il 25 aprile – inneggiavano alla Rsi: “Gli eroi son tutti giovani e belli”, c’era scritto, un triplo carpiato storico che da Salò precipitava di pancia sul ferroviere anarchico de La Locomotiva, cronaca bolognese del 1893.
L’anatema è nei testi: ti si rivoltano contro, come intuì Alleanza Nazionale azzardando l’appropriazione indebita di Povera Patria dello smarcatissimo Battiato. Dall’altra parte della barricata Jovanotti aveva provato a spiegarlo a Veltroni, nella campagna per le politiche 2008: “Nei rally usa se vuoi Mi fido di te. Ma…”. Ma quel verso, “Cosa sei disposto a perdere”. Vinse il centrodestra. Perché la sinistra sfoggia buon gusto, musicalmente parlando: e ci mancherebbe altro, con tutti i cantautori tesserabili in mezzo secolo di radical-pop. Però una cosa era infilarsi le cuffiette nell’isolamento dell’iPod, un’altra trarne slogan per un sogno condiviso, 10 mila watt e mille delegati. Tutti a perculare l’ottimato Bersani (Pier Luigi, non Samuele) per l’opzione scellerata di Un Senso, ancora Vasco, 2009. “Un senso a questa storia” era proprio il claim congressuale, in barba al Rossi che avvisava “anche se questa storia un senso non ce l’ha”. Furono mazzate elettorali. Quattro anni più tardi, il candidato premier Pier Luigi, uomo controvento, ci avrebbe riprovato con Gianna Nannini e il suo Inno, che non è l’Internazionale ma una serenata amorosa. Incarico di formare il governo, però i numeri non sorreggono Pigi. A Palazzo Chigi nel 2013 ci andrà Letta, le larghe intese. Le canzoni non mentono: “Nel tempo che verrà, nel buio che cadrà”, sfumava languidamente la voce di Gianna su Inno. Se solo Pigi avesse puntato di nuovo su Fossati: “Alzati che si sta alzando la canzone popolare”, e nel ’96 l’Ulivo di Prodi aveva rinverdito le fronde, prima di disseccarsi.
Ma è davvero necessario l’amuleto del repertorio tricolore? Meglio che gli aficionados non capiscano la lingua. Per questo la Margherita di Rutelli aveva distorto il volume su One degli U2 e Fonzie su People Have the Power di Patti Smith alla Leopolda. Prima che il Matteo fiorentino si riverniciasse, l’anno scorso, con il soundtrack di Ragazzo Fortunato, sempre alla kermesse fiorentina. Le policromie del solito Jova: ma Renzi si era pure concentrato su La musica non c’è di Coez. La politica del trap. Che aveva intrigato anche Grillo, quando nel 2014 Fedez scrisse per i pentastellati Non sono partito. E qui, vai di analisi sui vaticini del Sor Ferragni.