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 2022  agosto 07 Domenica calendario

Il partito danese dove comanda l’intelligenza artificiale

Intelligenza artificiale: croce e delizia di un’umanità ormai incamminata sulla strada (senza ritorno?) del postumanesimo. E con l’impressione che la marcia in tale direzione avvenga a un passo sempre più spedito. La notizia dell’ultima tappa bruciata in materia proviene non dalla California – l’avamposto del post-human – bensì dal Vecchio continente; e per la precisione dal Paese in cui William Shakespeare aveva collocato i pressanti interrogativi ontologici di Amleto. Da Copenaghen giunge, infatti, l’annuncio della partecipazione alle prossime elezioni politiche (nel giugno 2023) del Partito sintetico, speranzoso di raggranellare consensi sufficienti per fare il proprio ingresso nel Folketing, il Parlamento monocamerale danese. Forte della sua peculiarità: la natura di formazione politica data-driven e algoritmica, con un programma stilato da un sistema di intelligenza artificiale. Target principale il 15% dei cittadini-elettori che, nella consultazione generale del 2019, sono rifluiti nell’astensionismo, fornendo materia di preoccupazione per una nazione abituata a pensarsi, pur nelle metamorfosi della postmodernità, come una culla di virtù civiche e partecipazione popolare alla vita pubblica. Per intercettarli sono stati raccolti i programmi di tutte le organizzazioni partitiche minori del Paese dal 1970 ai nostri giorni, e l’Ai ha sfornato una piattaforma complessiva che dovrebbe così incontrare il gradimento dei delusi e degli astenuti che non si sono sentiti rappresentati dall’offerta politica esistente. 
Un programma elettorale capace, pertanto, di presentare «le visioni politiche della persona comune», come affermano i dirigenti attuali del Partito sintetico che coincidono con i membri di un collettivo artistico, Computer Lars – animato da Asker Bryld Staunaes, Benjamin Asger Krog Moller e Valentin Louis Georges Eugène Marcel Proust (uno pseudonimo, un programma…), – che è il project manager, per l’appunto, del «progetto Partito sintetico» presso l’azienda high-tech danese MindFuture. Non a caso, pure sul piano lessicale ci troviamo molto distanti dal linguaggio politico più tradizionale (e umanistico): e, infatti, il Det Syntetiske Parti va considerato come un mix di protesta contro il ceto politico, proposta-ricetta originale (inserita nel contesto dilagante della Società degli algoritmi succeduta, in linea di continuità, a quella delle reti) e provocazione. Partorita da un gruppo di artisti di un Paese che ha vissuto stagioni di avanguardismo artistico di rottura (dal Movimento Co.Bra all’Internazionale situazionista), e che, oltre ad annoverare una storia di valori politici postmaterialisti, contestazione giovanile, libertarismo e hacking – come tutta la Scandinavia – si trova sulla frontiera delle sperimentazioni nei rapporti tra politica e tecnologia (come già avvenuto nel caso del «Partito dei pirati»). 
Tra critica delle élites politiche e centralità della common people, sulla formazione Ai-driven aleggia uno spirito di tecnopopulismo. In virtù del quale, archiviata qualsivoglia funzione pedagogica della politica, si opera secondo lo schema, già utilizzato correntemente, della riproposizione all’elettorato di quanto vuol sentirsi dire, con l’amplificazione e l’affinamento in termini di "potenza di fuoco" garantiti dall’intelligenza artificiale.
I positivisti dell’Ottocento avevano teorizzato una «politica positiva», guidata dalla scienza e dalla tecnica. Adesso big data, scienze comportamentali, computational social science (che sposta il focus dalla comprensione alla predizione degli atteggiamenti e delle condotte), computational politics, neuroscienze, piattaformizzazione dell’opinione pubblica e, soprattutto, l’Ai rendono possibile l’avverarsi del loro sogno (o distopia). Ed è un’ironia della sorte che a fondare il primo «partito computazionale» siano degli artisti irriverenti. In attesa che Hal 9000 e soci provvedano da sé...