La Stampa, 4 agosto 2022
Mahmood: «Non dimentico le mie radici»
Il mondo è così messo, che mentre qualche centinaio di chilometri più in là si combatte, si guarda ormai con preoccupazione alla contesa scoppiata in un’area a noi molto più vicina ma in quella stessa ex cortina di ferro, per una questione complicata di documenti di identità e targhe automobilistiche che riaccende inimicizia fra il Kosovo e la Serbia, tenacemente filorussa. Il mondo è così messo, che nell’ululare delle parti, mentre Belgrado fa la voce grossa, a Pristina scoppia invece la musica, che di solito porta pace.
Dua Lipa, star internazionale del pop, e suo padre (musicista pure lui) Dukagjin, britannici ma di amate origini kosovare, organizzano dal 2018 nella capitale un Festival che riempie di orgoglio il Paese, il «Sunny Hill Festival», la cui quarta edizione parte stasera con una sfilza di star come J Balvin, Diplo, DJ Regard, naturalmente Dua Lipa stessa e dulcis in fundo Mahmood, il nostro Alessandro dall’ugola incantatrice, che si esibirà il domani sotto l’egida della Farnesina e dell’Ambasciata italiana in Kosovo, per un progetto che si intitola «Vivere all’italiana» (naturalmente in senso positivo). Spiega l’ambasciatore Antonello De Riu: «Mahmood incarna egregiamente quell’Italia multiculturale, giovane e aperta che ci piace esportare all’estero». Si attende gente da tutta l’Europa, su quella collina soleggiata, e si spera che nel frattempo la contesa si plachi, anche di fronte a un gesto distensivo del Governo kosovaro, il cui provvedimento che innervosiva la Serbia è stato rinviato di un mese. Mahmood arriverà oggi dall’Italia, reduce da uno stop dei concerti imposto dal medico per una infiammazione alle corde vocali, che l’artista di certo non risparmia.
Come sta Mahmood, intanto?
«Ho avuto un sacco di problemi nel tour estivo. Ora sono stato cinque giorni in Sardegna con la mamma e la famiglia, diciamo che queste corde vocali un po’ le ho fatte riposare e mi sono riposato con loro».
Bisogna anche dire che lei è uno che non si risparmia, con il suo stile mette in moto tutta l’orchestra che ha in gola.
«Il mio maestro Zappatini mi diceva infatti che una canzone semplice non ce l’ho, e se non sto bene in pratica non posso fare un concerto, debbo essere libero di usare i miei mezzi».
Riccardo Tisci le ha disegnato i costumi. Come mai sono diventati così importanti i costumi per lei?
«Il budget ancora non ci permette di fare altre cose che ho in mente, come le luci e le scenografie, e spesso pago di tasca mia. Ma credo che chi mi segue debba vedere un’evoluzione, spero in una crescita compiuta».
Il suo concerto si fa più teatrale?
«Più che altro diventa più me. Aiuta a spiegare meglio le mie canzoni, aiuta a entrare con più profondità nel mio mondo, tanti ragazzi mi scrivono apprezzando molto i live. Pristina è anche un modo per mettermi in gioco, nella mia testa voglio fare sempre meglio di chi viene dopo di me, e sarà J Baldvin».
Come li prende questi concerti la sua mitica mamma?
«È venuta a Matera dove mi esibivo con l’orchestra e stavo proprio male. Ero giù di voce ma poi ho cercato di dimenticarmi di star male, alla fine era felice pure lei. Adesso sta organizzando un pullmino di 20 persone per quando canterò a Iglesias, verrà con tutta la famiglia. Divertente».
E suo papà?
«Non lo sento da un po’, non so se è in Italia o in Egitto».
A Pristina arriveranno anche dall’Italia. Brava, questa Dua Lipa.
«Mi verranno a sostenere. Io sono stato invitato dal padre, ma il fatto che una star di quella portata mondiale abbia deciso di fare un festival come questo nel posto di origine le fa molto onore a livello artistico. Pure io tendo a non dimenticare le mie origini arabe, e lei è molto stimolante, abbiamo qualcosa in comune».
Mahmood non dimentica, ma rinnova e trasforma, le sue radici.
«Cerco di esprimerle a modo mio. A volte non basta averle, quella cultura non mi appartiene al 100 per 100 ma io la rispetto, attraverso questo mio modo nuovo».
Come vive questa guerra che va avanti da mesi a due passi da casa nostra?
«Sono molto teso, ci sentiamo impotenti. Speriamo che finisca. Avevo fatto un concerto a Varsavia, mi hanno raccontato delle centinaia di migliaia di persone che hanno ospitato. Anche in Sardegna hanno ospitato moltissime famiglie, non me lo aspettavo ma da noi ci mettiamo tempo a dar confidenza, poi è per sempre».
E le dimissioni di Draghi?
«Sono senza parole, anche in queste vicende come cittadini ci sentiamo impotenti».