il Fatto Quotidiano, 4 agosto 2022
È nata una stella: il polpo
Ci sono voluti Netflix e una buona dose di esaurimento nervoso per farci innamorare dei polpi. Anche perché, fino a qualche anno fa, la loro reputazione sembrava spacciata. Per tutto l’Ottocento, a causa della penna poco inclusiva di Jules Verne e Herman Melville, i cefalopodi erano dipinti come creature mostruose: il calamaro gigante che avvolge il Nautilus coi tentacoloni è ormai entrato nell’immaginario comune. Bisogna aspettare l’uscita nelle sale della Sirenetta, nel 1989, perché gli umani lascino da parte i pregiudizi e inizino a colonizzare sentimentalmente le profondità marine. Dei polpi, però, ancora non ci si fidava: Ursula, metà drag queen e metà piovra (e a quei tempi non si sa cosa fosse peggio), nel cartone Disney è ancora l’antagonista.
Ora invece il panorama internazionale pullula di libri e documentari con protagonista il misterioso invertebrato. Ma non chiamatelo mollusco. Con mezzo miliardo di neuroni dislocati in 2.000 ventose, la sua intelligenza risiede per i due terzi nei tentacoli. Anatomia a parte, la scienza ritiene di saperne ancora poco sulla mente di questo animale. Quindi è perfetto per tornare di moda, magari come “veggente” ai Mondiali di calcio, come il simpatico polpo Paul nel 2010.
Ispirandosi alla sua capacità di adattamento, Shelby Van Pelt esce nelle librerie in questi giorni con le sue Creature luminose (Mondadori): “Giorno 1299 della mia cattività. Il buio mi si addice”. A parlare è Marcellus, un polpo gigante del Pacifico che narra le vicissitudini quotidiane di una vita grama rinchiusa all’interno del Sowell Bay Aquarium di Washington. Nonostante l’incipit, la bestiola è tutt’altro che oscura. Indaga, commenta e giudica gli umani che vengono a vederlo (i suoi “carcerieri”). A colpirlo più di tutti è Tova, un’anziana donna delle pulizie che si aggira per le sale con poche aspettative e due grandi dolori: aver perso il marito e il figlio. La sensibilità di entrambi li aiuta a legare. Poi arriva un ragazzo convinto di ritrovare suo padre nell’acquario e i tentacoli di Marcellus si attivano per svelare l’arcano.
L’exploit editoriale non si ferma qui: Autobiografia di un polpo (edito da Contrasto, 2022) di Vinciane Despret e La libertà del polpo (Terre di Mezzo, 2021) di Maile Meloy sono solo alcuni dei titoli che si possono trovare sullo scaffale. Ancora nel 2012 il romanzo grafico Un polpo alla gola – recuperato nel 2019 con l’edizione cartonata di Bao Publishing – aveva aperto la strada del successo a Zerocalcare.
Il restyling mediatico del cefalopode ingrana però nel 2021 con l’uscita del fortunato documentario targato Netflix, My Octopus Teacher (Il mio amico in fondo al mare nella versione italiana). La protagonista di questa amicizia subacquea (ma forse qualcosa di più) è una femmina di polpo comune, che all’improvviso si trova oggetto di attenzioni da parte di un uomo sulla cinquantina, abbastanza esaurito da essere sul punto di lasciare il lavoro di filmmaker. L’incontro con la bella piovra gli fa cambiare idea. Lui la va a trovare tutti i giorni immergendosi con la telecamera. Lei all’inizio non si fida, si nasconde, ma poi succede il miracolo. La polipetta allunga un tentacolo per avere un contatto con il sub. È fatta, sembra amore: “Le nostre vite si rispecchiavano” commenta l’uomo.
A dire il vero, spiega in Altre menti (Adelphi, 2018) il filosofo australiano Peter Godfrey-Smith, uno dei più attenti indagatori dell’intelligenza nel mondo animale, quando i polpi ti avvinghiano con i tentacoli non è altro che “un tentativo un po’ troppo ambizioso di trasformarti nel loro pranzo”. Fine dell’incanto. Infatti lei poi “scarica” il bipede per potersi accoppiare con uno della sua specie (il finale è comunque strappalacrime). Nonostante la friendzone, il documentario narra una storia abbastanza fluida da guadagnarsi l’Oscar come Miglior documentario del 2021. Che però lascia un interrogativo pruriginoso: come si può ancora fare incetta di queste bestioline tagliate a fette nell’insalata di mare, su un bel letto di fagiolini? Eppure, se ci si aggira su YouTube, è tutto un magna magna. “Cattura del polpo ‘maiolino’”, “Polpo e patate”, “Come pescare il polpo con la forchetta”, “con la polpara”, ma quella “artigianale” o in versione “3.0”.
A rincuorare c’è solo qualche sparuto video di una piovra che mentre dorme, sognando di mimetizzarsi, cambia colore; o di un’altra che riesce a uscire da un barattolo svitando il coperchio (sperando che poi non finisca sulla griglia). Almeno sui libri, per gli amici invertebrati le cose vanno un po’ meglio. L’unico rammarico, prosegue Godfrey-Smith, è che “se potessero parlare, avrebbero moltissimo da raccontarci”.