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 2022  luglio 04 Lunedì calendario

Biografia di Gianfranco Zola

Gianfranco Zola, nato a Oliena (Nuoro) il 5 luglio 1966 (56 anni). Ex calciatore. Attaccante. Allenatore. «Sa quale fu la prima frase di Maradona, quando arrivai al Napoli? Finalmente ce n’è uno più basso di me».
Calciatore Alto un metro e sessanta e spiccioli, con il Napoli vinse lo scudetto del 1990, con il Parma la Coppa Uefa del 1995, con il Chelsea la Coppa delle Coppe del 1998. Con la Nazionale – 35 presenze e 8, 9 o 10 gol a seconda di come si contano le autoreti – nel 1994 fu vicecampione del mondo (giocò solo pochi minuti nell’ottavo contro la Nigeria, subendo per giunta un’ingiusta espulsione) e partecipò agli Europei 1996 (contro la Germania, poi vincitrice del titolo, sbagliò un rigore che ci costò l’eliminazione al primo turno). Inizi nella Nuorese, lanciato dalla Torres (Sassari), chiuse la carriera nel Cagliari, che nel 2004 aveva riportato in Serie A • Con 20 gol, è quinto tra i migliori realizzatori di calci di punizione nella storia della Serie A • Sesto nella classifica del Pallone d’oro 1995, 15° nel 1997, nomination anche nel 1999 • «Sono cresciuto nel bar dei miei genitori in viale Italia a Oliena. Ero piccolo e mi confrontavo con i grandi, a carte c’era mio nonno Ciu Puleddu che non potevi girarti che ti aveva fregato. Ma se sono sopravvissuto alle sfide a scopa con mio nonno, mi dicevo, potrei affrontare i tackle dell’avversario più duro. E imparavo» (a Luca Zanda) • «Se c’è una cosa di cui mi sento parzialmente vittima è la scarsa attenzione del calcio italiano verso la Sardegna. Ho fatto una gavetta lunghissima, sono arrivato in A che avevo quasi 24 anni. C’era stata un’offerta del Torino quando ne avevo 13, troppo giovane per muovermi da casa, poi Giovanni Maria Mele detto Zomeddu, il mio primo maestro di calcio, ha provato a segnalarmi all’Atalanta, alla Lazio, alla Sampdoria, al Cagliari, ricevendo sempre la stessa risposta: è troppo piccolo, è troppo gracile, non ci interessa» • Alla Torres, in Serie C1, fu lanciato da Bebo Leonardi: «Era un grande conoscitore di calcio ma per me, soprattutto, una figura di riferimento. Senza di lui, la mia sarebbe stata una carriera diversa. Mi diede fiducia e io provai a ripagarla» • A portarlo al Napoli nel 1989 fu Luciano Moggi. Costo del trasferimento dalla Torres: due miliardi di lire • «Napoli, metà Anni ’80. Un giorno in cui stranamente aveva deciso di allenarsi, Maradona guardò i giornalisti con aria di sfida e appoggiò 5 palloni sulla linea di fondo, nel punto in cui s’interseca con l’area piccola. Da lì la porta incombe, ma non si vede: il palo esterno è un muro. Fare gol non è difficile. È impossibile. La palla deve compiere una sterzata di 90 gradi e violare una mezza dozzina di leggi fisiche. Maradona calciò i 5 palloni, segnando 5 gol. I giornalisti, allibiti, non trovarono neanche la forza di applaudire. I giocatori del Napoli erano già sotto la doccia, tranne una giovane riserva che si era fermata in contemplazione. Recuperò i palloni in fondo alla rete e li riportò dove li aveva messi Maradona. Era persino più piccolo di lui. Calciò 5 volte e 5 volte prese il palo. Si accoccolò sull’erba, piegando la testa sulle ginocchia. Maradona, che in queste cose era sublime, gliela accarezzò: “Alla tua età non ci riuscivo nemmeno io”. E presogli un piede, gli mostrò il punto esatto in cui andava colpita la palla. La riserva provò e riprovò, anche dopo che Maradona se ne fu andato, finché non sentimmo il suo urlo: “Gooool!”. Così compresi quel che fin lì avevo soltanto pensato: il talento conta nulla senza il carattere» (Massimo Gramellini) • «Giocavamo a Pisa. In pullman Diego mi prese in giro: “Gianfranco, domani metto la 9 e tu la 10. Ma non illuderti, lo faccio solo perché voglio onorare Antonio”. Careca era out e lui rise a lungo, vedendo la mia faccia basita. Ma è anche vero che a Ferlaino disse che per sostituirlo non dovevano comprare nessuno perché c’ero io» (a Mario Frongia) • «Dopo aver firmato per il Chelsea scoppia in pianto. Avevo paura perché, a quei tempi, erano pochi i calciatori italiani emigrati in campionati esteri. Se ripenso a quelle lacrime e alla mia storia in Premier League, ora mi viene da sorridere. Ricordo ogni fase della trattativa. Prima di partire per l’Inghilterra non potevo immaginare l’amore e la passione che avrei trovato. Non potevo aspettarmi che Londra sarebbe diventata, per sempre, casa mia e della mia famiglia» • «Quando Zola si unì al Chelsea di Ruud Gullit nel novembre 1996 non ci fu molto clamore. All’epoca, non c’era nemmeno lontanamente la stessa conoscenza dei campionati stranieri e molti tifosi – o giocatori – non sapevano quanto fosse bravo. In pochi mesi, il genio scintillante lasciò pochi dubbi sulla gente. La voce si è diffuse velocemente. Ma fu solo quando i giocatori avversari lo sperimentarono in prima persona che si resero conto di quanta magia ci fosse nei suoi piedi» (The Guardian) • «Amarezze? Sono legate alla Nazionale. Nel 1994 speravo di giocare prima, stavo bene, con la Nigeria appena entro l’arbitro mi butta fuori senza che avessi fatto fallo. Tre turni di squalifica. E l’arbitro radiato pochi mesi dopo perché si vendeva le partite. Comincio a sperare negli Europei del 1996, ma sbaglio il rigore con la Germania, mi assumo tutta la responsabilità dell’eliminazione, che forse non era tutta mia. Giorni nerissimi. I sogni, o si realizzano o si spezzano. E vivere coi loro cocci è difficile. C’è una curiosità, sia a Boston sia a Manchester avevo la maglia numero 21. Quando arrivo al Chelsea, trovo l’armadietto numero 21 e dentro un paio di scarpe della mia misura con scritto 21 sotto la suola. L’armadietto non l’ho mai usato e le scarpe le ho bruciate» • «In azzurro il gol vittoria a Wembley contro l’Inghilterra è stato un super spot per il suo ingresso in Premier. “Ero appena arrivato al Chelsea, mi ha aiutato molto”. Lancio di Costacurta, stop, sterzata e sassata di destro. “Billy dice di avermi cercato, penso stesse spazzando la palla... Battute a parte, quella rete è tra le più care della mia carriera”. Kevin Keegan, simbolo della Nazionale inglese, ha detto che il calcio british è cresciuto anche grazie a lei. “Kevin mi ha apprezzato da subito. Il mio inserimento in Premier è stato facile, con i Blues tutto è andato bene in tempi in cui fisicità e agonismo erano la loro Bibbia”» (a Frongia) • «Quando tornai a Cagliari, in Serie B, fu una scelta sentimentale. Non contemplavo il fallimento: sentivo che avrei chiuso la carriera in A» (a Enrico Currò) • Soprannominato “Magic box”, nel 2007 una classifica del quotidiano The Sun lo mise al secondo posto tra i giocatori più spettacolari visti nel calcio inglese, preceduto solo dal nordirlandese George Best, Pallone d’oro 1968 • Nel 2004 la Regina Elisabetta II gli ha conferito il titolo di Member of the British Empire • «Qual è stato il difensore più forte che ha mai incontrato sulla sua strada? “Paolo Maldini”. E, Maradona a parte, il compagno più grande con cui ha giocato? “Careca. Che Napoli era quello!”» (ad Alberto Costa) •
«Se dovesse scegliere una top undici tra quanti ha avuto a fianco in campo? “Buffon, Ferrara, Baresi, Desailly, Maldini, Lampard, Albertini, Di Matteo, Maradona, Roby Baggio e Careca. In panchina, io con Peruzzi, Benarrivo, Francini, Poyet, Wise, Casiraghi, Vialli e Asprilla”» (a Frongia).
Allenatore Dal 2006 al 2008 è stato consulente tecnico dell’Under 21 allenata da Pierluigi Casiraghi. Il primo incarico da allenatore nel 2008, al West Ham, dove è rimasto per quasi due stagioni (ottavo posto alla prima, salvezza conquistata alla seconda prima di essere esonerato). Ha poi guidato il Watford nella seconda divisione inglese (esonerato a metà della seconda stagione). Il 24 dicembre 2014 è tornato a Cagliari, al posto di Zdenek Zeman. Sulla panchina dei sardi ha resistito appena dieci partite: licenziato il 9 marzo dopo due vittorie, due pareggi e sette sconfitte. Nella stagione 2015-2016 ha guidato il club qatariota dell’Al-Arabi con Casiraghi come vice (ottavo posto in campionato). Poi un’esperienza di quattro mesi al Birmingham City, in Championship inglese, terminata con le dimissioni. «A Birmingham si trattava di un’opportunità importante in una piazza con grandi aspettative. Ma non ha funzionato quasi nulla e ci ho messo la faccia sino alla fine. Con Gigi (Casiraghi, ndr) le abbiamo provate tutte, dal modulo ai giocatori. Il lavoro tecnico e tattico era buono ma poco adatto al gruppo. Cinque mesi durissimi, ne sono uscito svuotato» (a Frongia) • Da ultimo è stato viceallenatore del Chelsea di Maurizio Sarri che ha conquistato l’Europa League nel 2019. «Maurizio ha scelto la Juve, Abramovich ha chiamato Lampard e mi ha proposto di fare l’ambasciatore del club e io non ho saputo dire di sì. Ho perso l’attimo, ho rifiutato alcune proposte» • Dal settembre 2021 è opinionista delle gare di Champions League per Amazon Prime Video.
Famiglia Sposato con Franca, tre figli (Andrea, Martina, Samuele).
Rapimento Sarebbe stato al centro di un progetto di rapimento nel 1994, quando giocava nel Parma. Un gruppo di criminali capeggiato da Fabrizio Maiello, ex promessa del Monza con un passato nella malavita, pensò a un piano mai attuato per chiedere poi un riscatto al patron del Parma Calisto Tanzi.
Passioni Gioca a golf • Suona il piano • Pratica la meditazione Tai Chi.