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 2022  luglio 12 Martedì calendario

Biografia di Bice Cariati

Bice Cariati, nata a Milano il 13 luglio 1938 (84 anni). Scrittrice. Meglio nota come Sveva Casati Modignani.
Titoli di testa «Sono una vera casinista. Forse per questo le mie storie devono essere limpide».
Vita Nata a Milano da una famiglia agiata «travolta da diverse traversie economiche» • Suo padre era un commerciante di vini. «Poi mia madre, cui evidentemente non bastava lo status sociale raggiunto, lo convinse a intraprendere una attività industriale più ambiziosa. Fu un disastro. In poco tempo diventammo poveri». Suo padre come reagì? «Non se la prese più di tanto. Era un mite e un sognatore. Sapeva godere delle piccole felicità, anche nei momenti più neri». Sua madre? «Una donna ambiziosa, ma soprattutto ottusa e codina». Lo dice come se conservasse un odio, o meglio un bisogno di rivalsa. «Non ha fatto del bene, ma non l’ho odiata. Però non l’ho mai capita. È rimasta un mistero per me e credo anche per mio fratello. Faceva di tutto perché litigassimo. Le pare normale?». L’ha definita codina. «Come chiamerebbe una che pretendeva che mio fratello si facesse prete? Oltretutto, nel suo delirio religioso voleva che mi facessi suora. Subiva l’influenza di una cugina, badessa in un convento sul lago di Garda» [ad Antonio Gnoli, Rep] • Quella volta che corse dalla mamma urlando «ho preso dieci e lode». E lei «Paf, mi diede una bella sberla: “Chi si loda si imbroda”. E se aveva ragione» [a Eleonora Barbieri, il Giornale] • «Mia mamma era davvero anaffettiva con me e riteneva un suo dovere esserlo, pensava che i figli si baciano solo quando dormono. Perché non bisogna mostrarsi deboli. Questo mi ha creato insicurezze pazzesche che tuttora mi perseguitano. Forse non si vede perché son brava a nasconderlo ma mia madre ha fatto grossi guai con me» [Sara Ricotta Voza, Tuttolibri] • Aveva anche una vecchia zia che cercava di convincere sua madre ad impedirle di leggere i libri [Gnoli, cit.] • «Il dopoguerra è stata una stagione d’oro, una cascina quotidiana dentro la quale noi abbiamo assistito alla vitale energia dei nostri genitori. Che ci invitavano a guardare avanti, a costruire. E soprattutto a essere onesti. È stato un grande dono vivere il dopoguerra» [ad Antonello Caporale, Fatto] • «Da bambina mi piaceva scrivere. Ma non fu così rilevante per il prosieguo. Tranne che per un dettaglio. Per il giornalino della parrocchia provai a scrivere il mio primo racconto. Immaginai la storia di due bambini. Uno ricco e l’altro povero. Si concludeva piuttosto male per il povero. Don Giuseppe, il parroco, mi disse: devi cambiare il finale. Lo devi addolcire. È questo che i lettori si aspettano. Mi rifiutai e lui non lo pubblicò. Ero fiera di aver tenuto il punto» [Gnoli, cit.] • «Dopo il liceo, mi sono iscritta all’università. Diedi qualche esame, poi mia madre mi prese da parte e mi disse: “Non ti possiamo pagare più gli studi. Perciò, vai a lavorare. Tuo fratello ha più diritto di te di laurearsi, tanto tu ti sposerai e non ti servirà a nulla avere un pezzo di carta”. Andai a fare la segretaria. Poi conobbi un cronista della Notte che mi presentò al caporedattore degli spettacoli. Mi chiese solo: “Conosce il francese?”. Risposi: “Sì”. Il giorno stesso mi inviò a intervistare Joséphine Baker, che era a Milano in tournée. Aggiunse: “Se nel giornale di domani non troverà il suo articolo significa che questo mestiere non fa per lei. Arrivederci”. Il giorno dopo andai in edicola, e c’era» [Huffington Post] • «Poi andai allo Specchio, un giornale di destra con sede a Roma, il cui direttore era un italo americano, Giorgio Nelson Page. C’erano Pier Francesco Pingitore e Olghina Di Robilant, è stato uno dei primi settimanali a raccontare la dolce vita romana, i salotti, il jet set internazionale che si dava appuntamento in via Veneto. Io seguivo la dolce vita milanese. Lì mi sono infilata in un mondo che non mi apparteneva, quello dei ricchi: andavo ai matrimoni esclusivi, ai party. Erano gli anni Sessanta, anni in cui imperversava la Dc, bigotta e codina, che però sapeva amministrare bene la cosa pubblica e, certo, anche gli affari personali. Oggi eleggiamo uomini e donne che devono amministrare la cosa pubblica e non sanno neanche da parte cominciare. Quando vengono toccati da qualche indagine della magistratura, gridano alla lesa maestà…. Ha ragione Piercamillo Davigo, quando dice che hanno smesso di vergognarsi, non di rubare» [Truzzi, Fatto] • «Feci anche qualche scoop. Come quando mi infilai nella suite di un hotel milanese dove c’erano i Beatles. Ero travestita da cameriera. Loro sbracati sul divano e la moquette. Avvertii un odore pungente di erba. Una specie di nebbia che si mischiava al disordine assoluto. Capirono quasi subito che non ero quella che sembrava. Fui cacciata. Ma riuscii egualmente a raccontare quanto avevo visto» [Gnoli, cit.] • Nell’estate del 1968 «ero a Venezia, all’Hotel Des Bains, dovevo intervistare Luchino Visconti. Mi avevano fissato il colloquio a un’ora precisa e, puntuale, bussai alla sua stanza. Avanti, rispose una voce. Ma in camera non c’era nessuno. Andai in bagno. Lo trovai nella vasca, coperto di schiuma come una diva. Gli dissi: maestro, non ho parole. E lui: nessun problema, stasera danno una cena in mio onore, farò in modo di averla vicino così potrà farmi tutte le domande che vorrà; se non ritroverà la voce, le racconterò io cose interessanti. Quella era l’altra faccia del ’68: gli intellettuali eccentrici» [Scorranese, CdS] • Altra figuraccia a Forte dei Marmi. «Andai da Suni Agnelli per intervistarla e, alla fine della conversazione, mi feci coraggio e preparai la mia migliore faccia tosta. Signora, le dissi, so che qui vicino abita Fanny Branca e siccome dovrei intervistare anche lei, gentilmente potrebbe telefonarle e preannunciarle il mio arrivo, visto che vi conoscete? Non sapevo di aver appena fatto la peggiore gaffe della mia vita. Susanna Agnelli mi regalò uno dei suoi famosi sguardi pieni di ironia e con il tono più amabile del mondo mi rispose: “Lo farei volentieri, cara, peccato che Fanny mi abbia portato via il mio Urbano (Rattazzi, ndr)”» [Scorranese, cit.] • Ha lavorato anche per Annabella, Novella e Sogno, un giornale di fotoromanzi: «È stato allora che ho cominciato a scrivere soggetti e sceneggiature di storie strappalacrime, un’esperienza che mi ha insegnato a costruire trame e mi è stata utile per la stesura dei miei romanzi. Poi sono stata a Il milanese guidato da Angelo Rozzoni, che aveva lasciato la direzione del Giorno: era stato un lettore della mia rubrica sullo Specchio e mi chiese se volevo ripetere l’esperienza. Io ne avevo piene le scatole del “bel mondo”, della “gente giusta”, dei “nati bene” e non avevo nessuna voglia di rituffarmi in quegli ambienti che trovavo mortalmente noiosi. Lui mi convinse facendomi ponti d’oro ed effettivamente la mia rubrica risultò essere, parole sue, “una colonna portante del settimanale”» [Truzzi, cit.] • «Sono andata avanti con il giornalismo per un po’, fino a quando mi sono sposata e ho avuto un figlio». Per un paio di anni si dedica alla famiglia ma la nostalgia la porta a scrivere una sorta di diario: «Quando mio marito lesse quel brogliaccio mi disse che c’erano tutte le premesse per un romanzo. Fu il primo» [Gnoli, cit.] • Anna dagli Occhi verdi (1981) esce con lo pseudonimo di Sveva Casati Modignani: «Il nome lo trovò Tiziano Barbieri della Sperling, che aveva ricevuto il nostro primo manoscritto per suggerire nobili ascendenti» [Confidenze] • Marito e moglie lavorano insieme: lei scrive, lui legge, corregge e critica. Così per tre romanzi poi lui si ammala e lei continua da sola. Negli ultimi quarant’anni ha pubblicato 36 romanzi – per lo più editi da Sperling&Kupfer – quasi tutti entrati nella top ten dei libri più venduti. Nel 2020 ha superato le dodici milioni di copie: «Autrice che mescola l’alta società con la classe operaia (o contadina), che non risparmia avventure e passioni, che enfatizza la capacità di superare gli ostacoli del cuore, nodi narrativi propri dell’intrattenimento rosa, ha l’indiscutibile merito di affrontare sempre temi di attualità e la capacità di affrescare gli ambienti che conosce con pennellate di grande efficacia. Non saranno letteratura (né hanno mai preteso di esserlo e infatti sono sistematicamente ignorati dalla critica), ma i libri di Sveva Casati Modignani oltre a parlare d’amore raccontano anche una storia d’Italia con capitale Milano (la città dove vive) ad alto tasso di problematicità. Le sue storie spesso affondano negli anni del fascismo che la progressista Sveva non perde occasione di condannare, a volte si avventurano nel periodo del boom e delle contestazioni, spesso sfiorano l’edonismo degli anni Ottanta per arrivare ai giorni nostri» [Cristina Taglietti] • Alcuni dei romaqnzi diventati film e fiction tv, Donna d’onore, Vaniglia e cioccolato, Disperatamente Giulia: «Qualche anno fa ero a Brescia per presentare un mio libro. A un certo punto entrò una suora con due grandi sporte dell’Esselunga. Si sedette e attese pazientemente la fine della presentazione. Poi si avvicinò al tavolo. Mi disse che lavorava come capo infermiera nel reparto di oncologia dell’ospedale. Aprì le due borse e tirò fuori una trentina di copie del romanzo. Erano per delle pazienti di oncologia che erano state operate. E che avevano trovato una piccolissima ragione in più di speranza in quel romanzo che parlava di cancro. Trovai emozionante e bellissima quella prova di affetto» • Ha raccontato Leonardo Del Vecchio ne Il Falco: «So che ne è stato felice. So anche che molti suoi dipendenti lo chiamano “il falco” e si sono divertiti come bisce a leggere il romanzo. Lui però non l’ho mai conosciuto e le informazioni le ho prese tutte dai giornali, il resto me lo sono inventato» e un po’ di Marta Marzotto in Suite 405: «L’ho incontrata: simpaticissima, bella, intelligente e spiritosa, aveva una marcia in più e non a caso è stata amata follemente». Sempre per Suite 405, che parla del mondo operaio, ha intervistato Maurizio Landini: «Era felicissimo, era in vacanza con la moglie a Gabicce mare come tutti i metalmeccanici in agosto, sono andata da loro qualche giorno, un uomo delizioso, una bella testa, e cucinava anche. Guardi, è lì nella foto sulla mensola, con la camicia e la maglietta della salute sotto, la porta fin da bambino» • Come arriva a scrivere la sue storie? «Il tema in qualche modo si impone da sé. A seguire c’è la fase della ricerca. Infine la scrittura che è la cosa più semplice» [Gnoli, cit.] • Tra le sue opere vanno citate anche : Léonie (2012), Il diavolo e la rossumata (2012). Festa di famiglia (2016), Segreti e ipocrisie (2019) e da ultimo L’amore fa miracoli (2021) hanno le stesse protagoniste: «È successo per caso, io da sempre alterno un “romanzone” a una storia più breve: quando però ho scritto la storia di queste quattro amiche, al momento di chiudere, mi sono accorta che era venuta fuori diciamo la “biografia” solo di una delle quattro, di Andreina. Allora ho cominciato a chiedermi “Vabbè, ma poi cosa farà? Le altre come si porranno?” e inevitabilmente è nato il secondo romanzo. Ce ne saranno anche un terzo e un quarto, uno per ogni protagonista, ma è stato un caso, non è stata un’operazione voluta» [mangialibri.it].
Curiosità Abita nella stessa casa dove è nata e che apparteneva a sua nonna, in una traversa di via Padova – a due passi da piazzale Loreto, intreccio multiculturale ad alto tasso di criminalità: «Per qualche anno, da sposata, ho abitato in viale Abruzzi e mi trovavo malissimo: avevo una voglia pazza del mio orto e del mio cortiletto» [a Eleonora Barbieri, cit.] • «La Bice è quella che scrive, e la Sveva è quella che va in giro. La Bice è quella che vede: frugale, golosa, soprattutto di cioccolato e di pastasciutta. E poi dormo come un bambino: se salto il sonnellino del pomeriggio, il visurin, la notte dormo male e poco. Sono anche pigra, però ho molta autodisciplina, anche quando non ho voglia di scrivere mi dico: dai Bice, non fare la lazzarona, pensa ad Apelle, nulla dies sine linea» [ibid] • Famosa per la sua eleganza: «Sono solo una persona civile. I miei abiti non sono firmati, non indosso cose stravaganti: vesto normalmente, da signora milanese, come mi hanno insegnato mia mamma e mia nonna».
Religione «Da giovinetta andavo in chiesa. Avevo il messale in una mano, ma sotto il cappottino un romanzo di Salgari» [Gnoli, cit.] • «Credo in un Dio soprattutto madre. Fu un papa, il cui pontificato fu breve quanto il battito di ciglia, a esprimere questa grande verità. Non importa che si chiami Jahvè o Allah. Conta la sua avvolgente forza materna. Tutto quello che non ho avuto da mia madre lo ritrovo meravigliosamente in questo pensiero» [ibid.].
Amori La prima volta che vede Nullo Cantullo, giornalista, è a Parigi. Lei fa la baby sitter per la contessa Huguette de Prunelé: «Una sera lei ha dato una festa. Tra gli ospiti, c’era un uomo bellissimo, biondo, abbronzato, occhi azzurri da sballo. Pensavo fosse tedesco. Dopo esserci parlati per ore in francese, abbiamo scoperto di essere entrambi italiani! È nata una breve storia. Dopo tre anni ci siamo ritrovati alla Rizzoli ed è stato amore: io avevo 25 anni, lui 35 e ci siamo sposati» [a Maria Grazia Sozzi, Confidenze] • Il suo primo orgasmo lo ebbe nell’estate del 1969, «con l’uomo con cui mi ero messa dieci anni prima, peraltro guadagnandomi l’appellativo di donna facile perché lui era già sposato. Eravamo in una mansarda dal tetto di vetro, quindi con le stelle sulla testa. Nel momento preciso in cui Tito Stagno annunciava l’allunaggio. Che ricordo ho? Boh, mi sentivo leggera. Come Neil Armstrong». [Scorranese, CdS] • Lui è morto nel 2004 dopo aver convissuto per vent’anni con il Parkinson: «Alla fine era come imprigionato nel suo corpo. È stato molto difficile. Mi dicevano: non lo puoi tenere in casa. Ma per lui era il solo ambiente accettabile […]. Il giorno dopo che è mancato ho detto a mio figlio: usciamo e cerchiamo un bel ristorante. Abbiamo bevuto un’intera bottiglia di champagne. È stato un modo di sorridere tra le lacrime» [Gnoli, cit.] • «Non ho mai tradito il mio compagno di vita». Rammaricata? «Sono pentitissima di essere stata una donna cocciutamente fedele. Però con il pensiero, certo che l’ho tradito». Solo Enzo Jannacci la fece tentennare: «Mi sono ritratta e poi me ne sono pentita, credo fosse un uomo delizioso» [a Francesco Musolino, Mess] • Sveva Casati Modignani non crede alla monogamia? «Per niente. Noi siamo biologicamente inadatti alla fedeltà. La società ci impone la monogamia - prosegue – e ci sono coppie che si amano per sempre e sono felici così, magari hanno poca fantasia» e si lascia andare ad una bella risata prima di riprendere: «Pensi quanta letteratura racconta il tradimento, sin da Omero che lodava le virtù di Penelope e intanto, raccontava Ulisse, un gran puttaniere» [a Francesco Musolino, Mess] • «Io se tornassi indietro non mi risposerei manco morta. Materasso in spalla e via, verso milioni di avventure» • «Io ho amato mio marito, per carità, ma su una cosa sono stata inamovibile: mai dormire nello stesso letto. E da incivili! Una non dorme con la madre o con il padre e deve dormire con un estraneo?» [a Roberta Scorranese, CdS] • Un figlio, Nicola, due nipoti, Luna e Lapo.
Titoli di coda «Io sono felice a scrivere, mi diverto già così; e stranamente c’è gente che si diverte a leggere le mie cose: è un miracolo».