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 2022  luglio 13 Mercoledì calendario

Biografia di Damiano e Fabio D’Innocenzo

Damiano e Fabio D’Innocenzo, nati a Roma il 14 luglio 1988 (34 anni). Registi. Sceneggiatori • «I nostri fratellacci» • «Gli enfants prodiges del cinema italiano» • «Una passione per le piscine e per Elio Germano» (Mariarosa Mancuso, Foglio 10/9/2021) • «Indivisibili, segni particolari: gemelli. È ciò che li distingue da altre coppie di fratelli registi, i Taviani, i Coen, i Vanzina» (Valerio Cappelli, CdS 12/2/2018) • «Si firmano Fratelli D’Innocenzo, viaggiano, parlano, scrivono, girano in coppia, senza distinzione di ruoli. Cinematograficamente autodidatti. Prima o poi qualcuno farà un film su di loro» (Stefania Ulivi, CdS 9/6/2019) • Loro, per ora, di film ne hanno realizzati tre: La terra dell’abbastanza (2018), Favolacce (2020) e America Latina (2021), tutti ambietati nella periferia e nella provincia romana. Hanno collaborato alla sceneggiatura di Dogman (2018), diretto da Matteo Garrone, che avevano conosciuto al ristorante («lo abbiamo intercettato e ci siamo appiccicati addosso a lui») e con cui erano rimasti una notte a parlare di cinema. Hanno vinto cinque Nastri d’Argento, due Globi d’Oro, due Ciak d’Oro, un Orso d’argento al festival Berlino. Hanno pubblicato un libro di poesie (Mia madre è un’arma, Nave di Teseo, 2019) e uno di fotografie (Farmacia notturna, Contrasto, 2020). Per cinque anni, prima di avere successo, hanno lavorato come ghostwriter («Era un modo per pagare l’affitto») • Parlano il romano di borgata, ma con grande dialettica e ampio uso di vocaboli • «Mi stanno molto simpatici, conoscono il fair play più di moltissimi altri» (Gabriele Muccino) • «Il loro cinema è, ogni volta, qualcosa che non conosciamo. E per questo ci spiazza, ci depista, ci piace» (Mattia Carzaniga, Rolling Stones 10/9/2021) • Uno di loro, Fabio, ha detto: «Tutto quello che noi facciamo è qualcosa che va scoperto, anche da noi stessi: è il nostro metodo, quello di perdersi, perderci». L’altro, Damiano, ha aggiunto: «Il nostro carattere ci ha fortemente aiutato ma nella sua parte più tropicale, noi siamo sempre stati – e sempre lo saremo – strani, io ogni volta che vado a fare la spesa mi sento un disadattato, sento che il macellaio potrebbe dirmi “tu sei sbagliato” e io abbasserei la testa e direi “sì, c’hai ragione”».
Titoli di testa «Damiano ha una t-shirt a maniche corte con la scritta Bambi, Fabio una felpa pesante da montagna. Damiano ha la barba corta, Fabio ce l’ha lunga da montanaro. I visi, però, sono identici. Rispondono a turno, una domanda ciascuno e senza mai sovrapporsi, come se aggiungere qualcosa a ciò che l’altro ha detto fosse escluso, come se la risposta di uno bastasse sempre per due» (Candida Morvillo, CdS 18/2/2022).
Vita I primi tre mesi, Fabio li passa in incubatrice. Racconta: «Un trauma, mi è rimasta la sensazione di essere rimasto un po’ in panchina». Damiano: «Quei mesi sono stati il mio senso di colpa. Spesso dicono che sono egoista, in realtà sconto ancora l’incubatrice, l’essermi cibato di più all’inizio» • Altri due fratelli: Mario e Francesca • Infanzia e adolescenza alla periferia della capitale. Tor Bella Monaca. Torvajanica. Anzio. Cincinnato. Nettuno. Lavinio. Il litorale romano. Fabio: «Cambiavamo spesso casa. Il trucco era pagare i primi 2 mesi di affitto, poi basta. A quel punto si trattava di resistere alle minacce». Damiano: «Siccome erano case estive, sfitte d’inverno, certe volte ci capitavano grandi. Ad Anzio una di quattro piani». Fabio: «Nostro padre metteva una sedia alla porta d’ingresso, antifurto fai da te. Se qualcuno provava a entrare, la sedia cadeva, e lui si sarebbe svegliato all’istante» • Il loro padre, a sentir loro, fa il pescatore. La loro madre, sempre a sentir loro, viene da una famiglia borghese, imparentata con quelli delle caramelle Ambrosoli. Damiano: «La famiglia di mia madre non prese bene il matrimonio. Specie la nonna» • «Descrizione della nonna borghese? Fabio: “Quando andavamo a trovarla sembrava di andare dal medico”. Quartiere? Fabio: “Non ricordo”. Damiano: “Di base veniva lei, due tre volte l’anno. Ci portava pacchi di caramelle Ambrosoli”. Mai sognato di conoscere quella parte di famiglia? Fabio: “Sempre interessati all’altra parte, ai poveri”» (Teresa Ciabatti, 7 26/6/2020) • «Si è detto che siete figli di un pescatore, anzi di un giardiniere, no, di uno sceneggiatore. Avete raccontato d’aver lasciato Tor Bella Monaca a sei anni “perché c’erano morti ammazzati e droga in famiglia”, poi avete detto che il vostro passato viene dipinto più noir di com’è. Perché tante leggende? Damiano: “Ho notato con un po’ di divertimento questo travaso di informazioni o cose mai dette. Abbiamo avuto casi laterali in famiglia di perdite legate ad abusi di droghe negli anni 70 e 80, ma di qui a farne una narrativa… Papà ha fatto tanti lavori e ha scritto sceneggiature in copia unica a mano, solo per farle leggere a moglie e figli e questo è un atto di grandissima vitalità. Mamma è stata sempre a casa, ma ha scritto poesie bellissime”» (Morvillo) • Sia come sia, infatti, la loro è una famiglia colta, stimolante dal punto di vista intellettuale. «A casa nostra era come stare a Oxford. Siamo cresciuti tra i libri. Pasolini, Camus, Marguerite Duras, Amelia Rosselli. A cinque anni leggevamo Bukowski. Veniamo dal principato di Tor Bella, e quel principato era la nostra famiglia». Fabio: «I nostri genitori, poi, erano affamati di cinema. In famiglia il momento più bello era il lunedì sera che c’era il Lunedì film di Rai Uno. Tutta la famiglia si riuniva a vedere il film. E alcuni argomenti che non sarebbero mai stati affrontati venivano spiattellati in maniera a volte molto cruda. Era un modo per stare tra gli adulti». Damiano: «Ricordo con grande piacere le prime vhs, ovverosia le vhs che venivano regalate in supplemento col quotidiano, e chiaramente la prima cassetta di una collana era gratuita, e quindi eravamo pieni di questi primi volumi, perché poi ovviamente la seconda bisognava comprarla e noi non la compravamo, quindi non so Grandi Film Italiani, solo il primo, Capolavori Americani, solo il primo. Poi le vhs avevano la grande magia che potevi registrarci sopra, avevi il potere di distruggere un film che avevi odiato registrandoci sopra, il che era di una meritocrazia che io amavo, mi ricordo che feci lo sfregio a mio padre, che per tanti anni me l’ha fatto pesare, di registrare la finale Francia-Brasile del ’98 sopra Natale in casa Cupiello» • Fabio e Damiano fino a vent’anni dormono nella stessa stanza. Prima passione: il disegno. «Tutti a dirci quanto siete bravi, bravissimi». «Ci regalavano solo fogli e pennarelli, anche a Natale. Risma di fogli A4 più pennarelli». A un certo punto vogliono mandarli all’Accademia Disney di Bologna. «Ma non ci piaceva l’idea di avere il binario già tracciato». I loro disegni vengono pubblicati su il Manifesto e sulla rivista Alias. «Abbiamo smesso perché la pressione era diventata troppo forte» • Damiano: «Una volta io e Fabio per riscattarci da una umiliazione ridicola, mia madre non ci aveva comprato Topolino, ce ne andammo di casa, scavalcammo il muro dei vicini e restammo lì per dieci ore, tornammo e i genitori avevano chiamato la polizia. Ricordo questo ceffone giustissimo di mio padre e le lacrime. In questo ricordo c’è tutto. Vissute in due, le infanzie sono sempre meravigliose ed esageratamente drammatiche» • «Fabio: “I ricordi di noi da piccoli sono sempre legati al sesso”. Damiano: “Dai quattro anni in su”. Fabio: “Non c’è stata una circostanza in cui ho detto: questa è la prima volta”. Una situazione tra le tante? Fabio: “Io quattro anni, lei cinque. Mi metteva sotto il piumone”. Suo fratello? Fabio: “Non c’era”. Damiano: “Sotto il piumone c’ero anch’io. La bambina aveva otto anni, noi quattro. Dopo io e Fabio non ci rivolgevamo parola per il resto della giornata, troppa vergogna”» (Ciabatti) • Fabio: «Nel ventennio berlusconiano in cui siamo cresciuti, abbiamo visto l’oggettivizzazione plastica della donna, come se dovesse scordarsi il proprio inferno per attraversare quello del maschio ed essergli sottomessa. Siamo cresciuti con una tv di ragazze valutate in base al corpo, in completa assenza della pietas, della tenerezza delle femmine. Da ragazzini, per questa sensibilità, venivamo apostrofati come froci o checche, cosa che ho sempre visto come un complimento» • Damiano: «Ho vissuto infanzia e adolescenza quasi sotto ipnosi, in uno stato di nebbia… Non mi sono mai sentito coetaneo agli scolari, mi sono trovato bene con gli anziani, con quell’esistenza un po’ arresa ma non pessimista, solo uscita dalla performance quotidiana: quando si abbandona l’idea del risultato, si può diventare un po’ felici. Mi aiutava l’intima convinzione che non mi sarei sentito sempre sbagliato» • «Perché avete fatto l’alberghiero? Fabio: “Era la scuola che richiedeva meno abnegazione, così avevamo più tempo per le cose che ci interessavano: lettura, scrittura, musica”». Damiano: «“Non ci è servito assolutamente a niente; forse, solo ad annoiarci. Andavamo a scuola con il pigiama sotto i jeans. E quando tornavamo a casa, ci toglievamo i jeans, ci buttavamo sul letto e cominciavamo a disegnare e a scrivere con la televisione in sottofondo: mettevamo Italia 1, e guardavamo I Simpson”. Che cosa desideravate? “Esprimerci”» (Gianmaria Tammaro, Stampa 11/3/2020) • «Se l’istante in cui capite che volete fare cinema fosse la scena di un film, come sarebbe?
 Fabio: “L’aggettivo che mi viene in mente è pudore. Ricordo a 14 o 15 anni, nel controcampo, la mia schiena curva che scriveva e io che non volevo deludere il giudizio più importante: quello di mio fratello. Ricordo la sana emozione quando ci consegnavamo i copioni a vicenda: il suo “non è buono” mi avrebbe fatto cambiare idea”» (Morvillo) • «Finito tristemente l’Alberghiero, abbiamo deciso di tornare a Roma. E più precisamente: ai margini di Roma, perché lì le case costano di meno. Su Wikipedia ho letto che abbiamo fatto i fattorini, ma non è vero. Abbiamo fatto diversi lavori per mantenerci, ma i fattorini proprio no; i fattorini mai». Intanto, continuano a scrivere. «Quando vi siete convinti a provarci seriamente? “Nostro padre scrive sceneggiature, e nostra madre scrive poesie. Ma nessuno dei due vuole farne altro: non le pubblicano, non vogliono vederle al cinema. Noi sì, e così ad un certo punto ci abbiamo provato, e abbiamo chiesto asilo creativo – diciamo così – ai produttori. Ma non c’è mai stato il momento da pessimo biopic in cui ci siamo guardati negli occhi e ci siamo detti: “Forza, facciamolo”» (Tammaro) • «Qual è stata la svolta per produrre La terra dell’abbastanza, la storia di Mirko e Manolo, i due bravi ragazzi di periferia che s’inventano criminali? Fabio: “Spendere dieci anni a cercare di migliorarti può produrre, oltre che una scorza dura, una probabile capacità di riuscita. A furia di bussare, la porta si è rotta e siamo emersi contribuendo a Dogman di Matteo Garrone. Lì, i produttori hanno associato la sua grandezza all’idea che i nostri copioni potessero essere letti”. Davvero cambiavate i titoli per mandarli agli stessi produttori che avrebbero continuato a non leggerli? Damiano: “Sì, ma rimaneva uguale il silenzio. Uno ci convocò solo per sincerarsi che non fossimo una sola persona che si spacciava per coppia, non per proporci un film. La gemellanza è stata una forza, ma ai tempi ci ha penalizzato perché sembravamo più strambi”» (Morvillo) • «“E dire che fino a poco tempo fa eravamo degli stalker...”, ricorda Fabio. Come, scusi? Fabio: “Sì, è così. Matteo Garrone lo abbiamo tormentato. Luca Guadagnino si ricordava vagamente le nostre lettere ma anni dopo ci rimproverò perché erano scritte veramente male. Abbiamo mandato mail a tutti i possibili indirizzi di Paolo Sorrentino fino a che abbiamo beccato quello giusto ma non mi ha mai risposto. Scrissi una dichiarazione d’amore all’attrice americana Chloë Sevigny che rispose: What the fuck?!, come dire: Che cazzo vuoi?. Nella mia rubrica alla A ho Affleck Ben e poi il fratello Affleck Casey, entrambi premio Oscar. Non li conosco, ma ho le loro mail”. E lei, Damiano? “Io alla A ho Almodóvar Pedro, Ancelotti Carlo e il regista di Boogie Nights e Magnolia Anderson Paul Thomas. Lui però lo abbiamo conosciuto veramente”. Incontri imbarazzanti con i vostri miti? Fabio: “Con Sorrentino al bancomat. Stavo dietro di lui e avevo ansia da prestazione perché dovevo ritirare 20 euro mentre lui secondo me un milione. Ci siamo guardati brevemente, poi io sono andato via con due pezzi da 10”» (Francesco Alò, Il Mess 18/8/2020).
Amori Tra loro non parlano mai di ragazze. Fabio sta con l’attrice Carlotta Gamba, classe 1997, conosciuta sul set di America Latina. Damiano ha una compagna, convivono, solo loro due e un cane, ma non vuole che si sappia nulla di lei.
Denari «Il buon cinema è sempre gratuito. Se spendi 8 euro per vedere un film di Paul Thomas Anderson o Carlos Reygadas come fai a dire di aver speso soldi? Noi siamo a favore delle arene, delle adunanze, delle proiezioni clandestine, dei muscoli stipati, degli occhi spremuti. Ci saremo visti almeno tremila film senza pagare nella forma classica. Posso vedermi gratuitamente tutti i film di Haneke: basta un pc e un buon antivirus. Poi esce il suo libro di interviste e vado a spendere 30 euro per comprarlo. Il soldo fine a se stesso gira, capisci? Se qualcosa ti rende l’occhio grato e il pensiero riconoscente, quella fottuta mano afferrerà quel fottuto portafogli, quando ne avrà la possibilità» (Diego Testa, OndaCinema.it, 13/10/2019).
Politica Apolitici. «Ma nostra sorella Chicca è comunista, fa le battaglie, ha un centro culturale».
Tifo Nel 2020, quando l’A.S. Roma fu comprata da Dan Friedkin, dichiararono: «“Lo amiamo già perché ha prodotto The Square di Ruben Östlund, Palma d’Oro a Cannes. Viene dal cinema, andremo subito a parlarci” Che gli volete dire? “Che il calcio a Roma ha bisogno di un’epica, e quindi vogliamo subito il ritorno di Francesco Totti e Daniele De Rossi. Sarebbe cinematograficamente giusto. Se Friedkin è veramente uomo di cinema, lo farà”» (Alò).
Curiosità Alti 1,88 • Testimonial per Gucci • Fabio è più mondano, Damiano ha un’indole più casalinga • Abitano a dieci minuti di distanza l’uno dall’altro: Damiano davanti al cimitero del Verano («luogo che invita a riflettere»), Fabio accanto alla stazione («vedo i barboni che si scannano e i treni in transito») • Pittore preferito: Francis Bacon • Metodo utilizzato prima di girare un film: «Cerchiamo di isolarci fino ad arrivare a una forma di autismo rispetto a quello che ci circonda» • «Sul set siamo entrambi fastidiosi, vogliamo l’ultima parola, siamo militari e quasi marziali nei dettagli. Ecco perché i collaboratori dicono che siamo impegnativi…» • Stanno lavorando a una serie in sei puntate, Dostoevskij, che uscirà su Sky nel 2023 • Raccontano che il loro nonno paterno, che non hanno mai conosciuto, faceva la comparsa a Cinecittà e, una volta, quando Kirk Douglas era a Roma per girare Due settimane in un’altra città (Vincente Minnelli, 1962), ci litigò e gli tirò un pugno (ma forse è una leggenda pure questa) • «Abbiamo frequentato l’istituto alberghiero ma la verità è che non siamo una cima ai fornelli» • «Amatriciana o carbonara? “Se cucinati da un romanista, pure spaghetti aglio olio e malinconia”» (Testa) • Il loro fratello, Mario D’Innocenzo, fa veramente il cuoco • Da bambini, un’estate, hanno avuto una piscinetta di plastica come quella che si vede in Favolacce («Ci fu un tentativo di portarla in terrazzo, l’idea dell’acqua vicina al cielo. Il terrazzo ha rischiato di cedere») • La loro madre per anni non ha voluto fare il bagno in mare, quando finalmente la convinsero, Damiano ci scrisse su una poesia • Anche lui, per dodici anni, non ha fatto il bagno né in mare né in piscina. «“Era la fase del trauma. Un giorno d’agosto sulla spiaggia di Anzio vedo Fabio in mare, poi non lo vedo più, sommerso dai cavalloni. In quel minuto di tempo io già mi stavo regolando a una vita senza mio fratello”. E? “Impossibile”» (Ciabatti).
Titoli di coda «America Latina dura un’ora e mezza d’orologio. Allo spettatore sembrano tre, mentre cerca di estrarre dalle immagini – leggiadre, ma dovrebbero essere la base – un brandello di trama. Quando il film uscirà nelle sale, anche i fan avranno difficoltà a districarsi. Neanche i registi forniscono un aiutino, nelle interviste dicono che il senso del film è oscuro pure a loro, forse la crisi del maschio. Così giovani e già così Grandi Maestri, colpa dei critici che ne hanno detto meraviglie» (Mancuso).