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 2022  luglio 21 Giovedì calendario

Biografia di Nicola Gratteri

Nicola Gratteri, nato a Gerace (Reggio Calabria) il 22 luglio 1958 (64 anni). Magistrato. Dal 2016 Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro. In precedenza pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia a Reggio Calabria, titolare di numerose e delicate indagini sulla ’ndrangheta, tra cui quella sulla strage di Duisburg dell’agosto 2007 «C’è uno spirito ’ndranghetista in ognuno di noi».
Vita Terzogenito di una famiglia di cinque figli, maturità scientifica, laurea in Giurisprudenza all’università di Catania. Giovanissimo in magistratura, ha ottenuto la scorta già all’età di 30 anni ed è stato vittima di un attentato, sventato per tempo, all’età di 48 • Ha arrestato un buon numero di ex compagni di classe che si erano affiliati alla ’ndrangheta. «È stata una cosa difficile da fare, certo, ma che altra scelta avevo?». L’ultimo degli amici d’infanzia a finire in manette è stato un ragazzo con cui Gratteri giocava a calcio all’oratorio, arrestato mentre veleggiava al largo di Miami con 320 chili di cocaina in stiva (Beatrice Borromeo) • «Ho iniziato indagando sui clan di Platì, della Locride e dell’area aspromontana. Li ho visti trasformarsi da mafiosi rurali in broker della droga a livello mondiale» (a Enrico Fierro) • «Dà del voi e al telefono risponde con un “Chi è?” al posto del consueto “Pronto...?”. Due dettagli che la dicono lunga sulla sua storia personale, intrecciata al modo di intendere un ruolo, quello di magistrato, che per lui è diventato molto più di una professione. Nicola Gratteri dà del voi perché in Calabria si continua ancora a fare così con i nuovi venuti o con le persone alle quali si voglia dimostrare considerazione e rispetto. [...] Qualcuno lo ha definito “l’ultima spiaggia per una grande fetta della popolazione calabrese”. “È questo uno dei motivi per cui vale la pena andare avanti. Il consenso che sento attorno a me rafforza il mio senso di responsabilità e mi spinge a non mollare mai”. Del resto la scelta di campo è stata fatta tanto tempo fa. “Da ragazzo volevo fare il magistrato per mettermi al servizio della collettività. Ho dato tutto me stesso, nei limiti delle mie capacità e possibilità [...] Il mio compagno di banco delle medie è stato ammazzato a lupara, quando io ero all’università e a Catania frequentavo giurisprudenza […] I bambini già a quell’età sanno se il padre del loro amico entra ed esce dal carcere oppure se è una persona perbene” [...] Difficile dimenticare il contenuto dell’intercettazione ambientale, effettuata in un carcere della Basilicata, in cui due mafiosi discettavano di come far saltare in aria Gratteri e la sua scorta. “Perché tutto questo sangue?” chiede uno dei due. E l’altro: “Perché Gratteri ci ha rovinato” […] “Non sono potuto andare neanche al funerale di mio padre Era un momento particolare, si parlava di attentati”» (Paola Ciccioli) • «Oltre a coordinare tutta l’Antimafia della provincia orientale di Reggio Calabria, è stato responsabile anche della sala d’ascolto (delle intercettazioni) della procura di Reggio Calabria. Un esperto di ’ndrangheta e di strumenti investigativi. Un “razionalizzatore” in grado di produrre risparmi ed efficienza. E oltre a una prolifica produzione di libri sulla ’ndrangheta (gli ultimi collaboratori di giustizia raccontano che ormai ogni ’ndranghetista ha sul comodino del letto i suoi libri), Gratteri ha lavorato in una commissione presieduta da Roberto Garofoli, segretario generale di Palazzo Chigi, che ha prodotto un testo ricco di spunti per una efficace lotta alla criminalità» (Guido Ruotolo) • Definisce la ’ndrangheta come «l’organizzazione criminale più dura, più cruda e più asciutta che si conosca, quella meno permeabile perché il fenomeno del pentitismo e quasi pari a zero» (Fulvio Milone) • «“Se vuoi fare carriera, l’attivismo correntizio aiuta, un centro d’influenza esterno che ti appoggia pure aiuta… Io ho sempre applicato il metodo delle dodici ore, la quantità di tempo che spendo ogni giorno in ufficio”. Eppure lei, procuratore, è tra i più mediatici. “I magistrati devono partecipare al dibattito pubblico, purché non parlino d’inchieste in corso”. Ha fatto discutere la sua proposta di smantellare la direzione investigativa antimafia, la creatura di Giovanni Falcone. Il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho è contrario. “La Dia non ha avuto il successo sperato, la verità è che tutti cercano di tirare per la giacchetta Falcone come se servisse per forza un padre nobile per perorare una causa. Io propongo di restituire gli agenti ai rispettivi corpi d’appartenenza per far fronte ai vuoti di organico. Lo stato non ha i soldi per nuovi concorsi, e se passa ‘quota 100’ ci saranno buchi di 20 mila persone. Perché non viene evocato così spesso pure Paolo Borsellino? Lui era un integralista vero”. Lei adora questa parola, integralista. “Io non sono per i se e per i ma, non sono per le sfumature”. “Integralista” evoca il jihad. “L’integralista islamico, esatto. Pure lo ’ndranghetista è integralista”. C’è qualcosa di ammirevole? “Tutti dovremmo possedere una dote: la determinazione. Lo ’ndranghetista compie scelte di campo nette. Per il resto, è un parassita che vive alle spalle di chi lavora, un vigliacco che ti bacia, ti abbraccia e poi ti spara alle spalle”. Lei è sotto scorta dal 1989. “Ero entrato in servizio da appena tre anni, come giudice istruttore nel circondario di Locri. Una delle mie prime inchieste provocò l’arresto di un esponente socialista, all’epoca vicepresidente della giunta regionale calabrese. Un giorno qualcuno sparò alla porta dell’abitazione della mia fidanzata, a stretto giro le fu recapitato un messaggio: voi sposate un uomo morto”. La ragazza la mollò in tronco. “È diventata mia moglie”» (ad Annalisa Chirico) • Nel febbraio 2014 il premier Matteo Renzi lo voleva come ministro della Giustizia. In seguito al colloquio tra lo stesso Renzi e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, quella carica è stata ricoperta da Andrea Orlando • «Deve esserci rimasto male. Alla fine di un estenuante tira e molla Nicola Gratteri aveva ceduto. “Ma sia chiaro – aveva detto allo sherpa Graziano Delrio e allo stesso Renzi – mi dovrete lasciare carta bianca sulla riforma dei codici e sulla riorganizzazione della giustizia”. Quell’impegno l’aveva ottenuto. E, dunque, quando ha visto aprirsi la porta e uscire Renzi nella Sala della Vetrata, era convinto che avrebbe sentito leggere il suo nome come ministro di Giustizia. Non avevano messo nel conto Renzi e lo stesso Gratteri l’opposizione che la sua nomina a Guardasigilli avrebbe trovato nel Capo dello Stato, Giorgio Napolitano» (Guido Ruotolo). • «Per Matteo Renzi la nomina di Gratteri sarebbe stata soprattutto un grande colpo d’immagine. Arruolare un paladino del contrasto alla criminalità organizzata, un inquirente infaticabile che macina processi e libri contro la ‘ndrangheta e gli intrecci tra malavita e malaffare, avrebbe significato stroncare sul nascere ogni polemica da parte di chi volesse muovere appunti sul fronte della lotta alle mafie e alla corruzione. Chi più di un pm di frontiera, peraltro non inquadrato in alcuna corrente, poteva garantire questo risultato? Quale sia il punto di contatto politico-culturale tra Gratteri e Renzi è difficile da dire. Ma al Quirinale sono spuntate le perplessità. Non tanto sulla persona, quanto sull’idea di insediare al ministero un magistrato in servizio. Un fatto inedito, a parte la non fortunata esperienza di Filippo Mancuso, che però era alle soglie della pensione. In un governo tecnico se ne sarebbe forse potuto discutere (difficilmente un pm, in ogni caso) ma non in un esecutivo politico che voglia avere prospettive riformatrici e di lunga durata. Come avrebbero reagito, inoltre, i berlusconiani? E gli avvocati?» (Giovanni Bianconi) • «“Non ho mai conosciuto Napolitano. È stato mal consigliato”. Forse un magistrato a capo del ministero della Giustizia non è una buona idea. “Un professore universitario non può forse essere un buon ministro dell’Istruzione? E un generale dell’esercito non può guidare il ministero della Difesa? Sulle prime, essendo io un decisionista poco allenato alla mediazione, manifestai a Renzi la mia titubanza; alla fine mi convinse. Quando appresi che il colloquio si protraeva oltre il previsto, dissi ai miei: stanno litigando sul mio nome”. Da Palazzo Chigi Renzi la nominò a capo di una commissione incaricata di riformare la legislazione antimafia. “Posi due condizioni: nessuna remunerazione e piena libertà nella designazione dei tredici componenti. Al termine di un lavoro durato sei mesi, la commissione produsse un articolato di legge incentrato su modifiche banali, di superficie, eppure rivoluzionarie. Seguendo due precetti: guai ad abbassare il livello di garanzie a tutela di indagato e imputato; l’impegno a rendere non conveniente delinquere. Le mafie si potrebbero così abbattere dell’80 per cento”. La sua è un’affermazione pesante. “Il processo a distanza lo abbiamo proposto noi. Ogni anno lo stato spende 70 milioni di euro in traduzione e trasferimento detenuti, ogni giorno un agente penitenziario su quattro è impiegato a tale scopo. Diecimila uomini vengono sottratti al trattamento rieducativo dei condannati, per non parlare del rischio di evasione e della possibilità che il detenuto, durante l’udienza, mandi all’esterno messaggi di morte e richieste estorsive. Oggi Tizio, detenuto a Tolmezzo ma imputato in un processo a Catania, può restare lì dove si trova grazie a quattro telecamere del costo di 80 euro ciascuna”» (ad Annalisa Chirico) • Nel 2020, ospite di Lucia Annunziata a In mezz’ora in più, ha detto di guadagnare 7.200 euro al mese • Nel 2021 il collaboratore di giustizia, Antonio Cataldo, esponente dell’omonimo clan di Locri, ha rivelato che era stato preparato un piano da alcuni esponenti della ‘ndrangheta della Locride, per uccidere uno dei figli di Nicola Gratteri, Antonio. Sarebbe dovuto sembrare un casuale incidente stradale. • Il 4 maggio 2022 nella votazione del Csm per l’elezione del nuovo Procuratore Nazionale Antimafia viene battuto da Giovanni Melillo per 13 voti a 7 • Prolifica attività di saggista. Tra i libri, scritti con Antonio Nicaso: La malapianta (2010), La giustizia è una cosa seria (2011), Oro bianco (2015), Fiumi d’oro (2017), Storia segreta della ’ndrangheta (2018), La rete degli invisibili (2019) e Non chiamateli eroi. Falcone, Borsellino e altre storie di lotta alle mafie (2021).
Polemiche «Che cosa ci fa un importante Procuratore capo della Repubblica in compagnia di due dei peggiori negazionisti del Covid, antivaccinisti e diffusori di pericolose fake news? D’accordo, uno dei due è un suo collega magistrato, ma tanto basta a giustificare la condivisione di tesi cospirazioniste e completamente deliranti su un presunto colpo di stato globale orchestrato da Big Pharma, Oms, Bill Gates, Soros e Rockefeller attraverso l’uso pretestuoso della pandemia? Per capire il livello di equilibrio mentale, si tratta di persone che sostengono che a uccidere non è stato il virus ma i medici che avrebbero adottato terapie sbagliate. Che definiscono i vaccini “acqua di fogna”. Che parlano di una “falsa pandemia”, rispolverando gli argomenti e il linguaggio dell’antisemitismo più becero: “Vogliamo dire chi comanda nel mondo? Comandano gli ebrei! Sta tutto in mano a loro! Tutte le lobby economiche e le lobby farmaceutiche, hanno tutto in mano loro… la grande finanza…”. È rispetto a queste affermazioni che dovrebbe fare chiarezza il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, autore della prefazione a un libro appena pubblicato dei negazionisti Pasquale Bacco e Angelo Giorgianni, dal titolo: “Strage di Stato – Le verità nascoste della Covid-19”». Gratteri ha poi preso le distanze dal libro: «Non sono l’autore del libro e non rispondo del contenuto, certamente discutibile. La mia prefazione nasce da un abstract non del tutto corrispondente, inviatomi dal collega Giorgianni: in quel testo si faceva esclusivo riferimento alla situazione pandemica e ai riflessi economici e criminali. Nessun riferimento ai vaccini, né a un complotto internazionale a matrice ebraica, secondo categorie culturali utilizzate da negazionisti e no vax, di cui tra l’altro nel libro non c’è traccia» • Nel libro scritto con Antonio Nicaso “Ossigeno illegale. Come le mafie approfitteranno dell’emergenza Covid-19”, ha sostenuto che la ’ndrangheta può mettere le mani sui vaccini contro il Covid. «È un’ipotesi di lavoro in sede Interpol – ha detto Gratteri in tv a Lilli Gruber – ci sono analisti che studiano le cose prima che avvengono. È un’ipotesi che si può realizzare».
Incidenti Il 13 luglio 1998, a Locri, l’auto di Gratteri, allora sostituto procuratore della Dna, travolse e uccise Giosué Carpentieri, di 25 anni, che stava andando in motorino.
Passioni «Un’autentica fatica fargli ammettere che non ha mai potuto mettere piede in un teatro, né vedere una partita di calcio allo stadio (“Non so neppure come sia fatto uno stadio all’interno”). Per non dire di quella forse più grande: “Non poter andare a un concerto”. Perché il procuratore antimafia ha la passione della musica e i continui spostamenti in macchina sono l’unica possibilità che ha di ascoltare le canzoni degli Stadio o di Biagio Antonacci che gli piacciono tanto. Ma anche pezzi di blues e dei gospel. [...] Ma c’è una cosa, anzi due, che Gratteri non ha alcuna intenzione di mettere in archivio. La prima è coltivare la terra, ogni domenica “dall’alba al tramonto”. La seconda è occuparsi degli studenti ai quali va a parlare da anni nelle scuole per spiegare “perché non conviene essere ’ndranghetisti”. ‘La passione per l’agricoltura l’ho ereditata da mio padre, perché a Gerace, dove vivo con mia moglie e i nostri due figli, abbiamo sempre avuto della terra e l’abbiamo sempre coltivata. Anche se mio padre prima ha fatto il camionista e poi ha gestito un piccolo negozio di alimentari”» (Paola Ciccioli).