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 2022  luglio 22 Venerdì calendario

Biografia di Arata Isozaki

Arata Isozaki, nato a Oita (Giappone) il 23 luglio 1931 (91 anni). Architetto. Urbanista. Teorico dell’architettura. Allievo di Kenzō Tange. Ottavo giapponese a essere incoronato con il premio Pritzker.
Titoli di testa «L’unica avanguardia non di pelle bianca in duemila anni di storia» (Rem Koolhaas); «L’imperatore dell’architettura giapponese» (Tadao Andō).
Vita «Quando avevo 14 anni, la mia città natale è stata rasa al suolo. La bomba atomica è stata lanciata su Hiroshima, sull’isola di fronte, quindi sono cresciuto vicino all’epicentro dell’esplosione. C’erano soltanto rovine, nessun edificio, neppure una città. Ero circondato da rifugi e caserme. Perciò la mia prima esperienza con l’architettura è stata l’assenza di architettura, e ho cominciato a pensare a come le persone avrebbero potuto ricostruire le loro case e le loro città» • Carattere estroverso e molto allegro come tutti i nativi di Kyushu, la Sicilia giapponese [Orazi, Foglio] • Laurea all’Università di Tokyo nel 1954. Allievo di Kenzō Tange, ha fatto parte del suo studio • Con Tange ottiene un ruolo importante nell’elaborazione del piano Tokyo 1960, il progetto avanguardistico per un grande intervento strutturale per accomodare l’espansione della metropoli (la cui popolazione era cresciuta da 3,5 a 10 milioni di abitanti in 15 anni), ovvero una serie di città-satellite a corona dell’agglomerato urbano, mai realizzato [Lifegate] • A trent’anni viaggia in tutto il mondo: «Volevo sentire la vita delle persone in luoghi diversi in tutto il mondo. Ho viaggiato molto in Giappone, ma anche nel mondo islamico, nei villaggi di montagna della Cina, nel sud-est asiatico e nelle città metropolitane degli Stati Uniti. Tutto continuando a chiedermi: “Cos’è l’architettura?”» [Elle Decor] • «A Parigi, in una libreria di fronte all’École des Beaux-Arts, mi ero imbattuto nella raccolta completa delle opere di Ledoux. Costava quasi quanto tutto il viaggio, ma ero così entusiasta (era forse il primo libro importante per me) che la acquistai. Era un’architettura puramente europea, senza alcun riferimento all’opera di Tange, alla tradizione architettonica giapponese o a qualunque cosa fosse stata costruita o fosse stata detta nel 1964. Era una cosa completamente differente, più significativa» • Nel 1963 apre il suo studio, l’Arata Isozaki Atelier (oggi Arata Isozaki & Associates), con il quale progetterà edifici lontanissimi dalla tradizione nipponica, quelli che lui definirà «crimini perfetti» • Esplora forme differenti, quelle brutaliste come quelle delle geometrie pure, il tutto è espresso nella sua prima opera autonoma, la filiale di Oita della Fukuoka Mutual Bank (1966) • Suo anche il Gunma Prefectural Museum (1971-74), una struttura impostata su un modulo cubico di 12 metri di lato, in cui la mistica giapponese delle ombre viene combinata con una ricerca di forme sensibile alla contemporaneità e alle tendenze pronte ad affermarsi di lì a poco [Domus] • Dalla sua passione per le curve di Marylin Monroe, trae ispirazione per disegnare l’eponima sedia Monroe (1972) [Lifegate] • «Nel 1974, incaricato di progettare la Fujimi Country Club House a Ōita, sulla sua isola nativa di Kyushu, plasma il tetto cilindrico con la forma di un gigantesco punto interrogativo. La domanda sottintesa è: perché il golf in Giappone?» [Elle Decor] • Negli anni Ottanta del postmodernismo imperante ha curato la prima grande mostra internazionale su Gio Ponti, fino ad allora autore piuttosto trascurato [Orazi, cit.] • Nel 1986 vince la medaglia d’oro del RIBA • Fonda, assieme ad Ettore Sottsass, il leggendario marchio di arredi Memphis, progetta il club Palladium a New York (1985) – erede dello Studio 54, di cui i committenti Steve Rubell e Ian Schrager erano stati fondatori – con pareti scacchiera dalle luci pulsanti e il MOCA Museum of Contemporary Art di Los Angeles (1981-86), una composizione di piramidi, un cilindro e forme cubiche che sembra molto più imponente di quanto non lo sia in realtà. [Domus; Elle Decor] • Per le Olimpiadi di Barcellona del 1992 realizza il palazzo dello sport Sant Jordi (1990), edificio che «inaugura una nuova stagione nella sua architettura, caratterizzata da un manierismo controllato, ricco di metafore, che risente di influenze diverse provenienti sia dalla tradizione giapponese, sia dalle correnti d’avanguardia» [Treccani] • «Lo sport mi interessa molto, perché implica un’architettura particolare, un’architettura appunto sportiva, apparentemente molto diversa da quella dedicata alla cultura. Però sono convinto che in futuro cultura e sport tenderanno ad essere sempre meno separati […] Per me lo sport è importante, ma va pensato in termini di cultura. E quindi con strutture che possano sorgere nel centro delle città, che possano raccogliere la gente integrandola nella vita urbana» [Baudino, Sta] • Bibliofilo e collezionista di libri di e su Palladio [Orazi, cit.] • «Una gran testa di capelli bianchi e un sorriso gentilmente enigmatico, ha fatto molto discutere ma si è imposto nel mondo con le sue realizzazioni in apparenza minimaliste, contaminate di Oriente e Occidente, basate su una grammatica di cubi e griglie. Ama le volte a botte e le sfere: ne ha messa una enorme nel palazzo degli uffici realizzato a Orlando, in Florida, per la Disney, con una meridiana che è la più grande del pianeta. All’interno c´è un giardino roccioso giapponese» [Bucci, CdS] • Ha lavorato moltissimo nel suo Paese, a Barcellona, a Los Angeles per il Museum of Contemporary Art (1986), a Monaco di Baviera per il Museo d’arte moderna (1993) e, insieme con il suo socio italiano Andrea Maffei, da noi ha costruito il Palasport per le Olimpiadi invernali di Torino del 2006, la Biblioteca di Maranello (2007) e da ultimo l’iridescente Torre Allianz nel complesso milanese di City Life (2015), così simile a una scultura infinita di Brancusi sostenuta però da due stampelle dorate. È anche rimasto impantanato nel progetto di ingresso posteriore su Piazza del Grano alla galleria degli Uffizi, approvato poi bocciato poi riapprovato ma mai realizzato con la solita salsa di retrive polemiche ideologiche e provinciali [Orazi, cit.] • Da molti anni Isozaki gestisce una galleria d’arte a Tokyo, dal nome raffinatissimo: Ma, un concetto chiave della cultura nipponica, che indica un intervallo, uno spazio intermedio tra le cose che ha a che vedere sia con il tempo sia con lo spazio [Orazi, cit.] • Nel 2019 vince il premio Pritzker. Motivazione: «Possedendo una profonda conoscenza della storia dell’architettura, e abbracciando le avanguardie, non ha mai semplicemente replicato lo status quo, ma la sua ricerca architettonica si riflette nei suoi edifici che ancora oggi sfidano le categorizzazioni stilistiche, sono in continua evoluzione e sempre freschi nel loro approccio». Spiega Stephen Breyer, presidente della giuria: «Isozaki è un pioniere nel comprendere che il bisogno di architettura è sia globale che locale, e che queste due forze fanno parte di una singola sfida. Per molti anni, ha cercato di accertarsi che le aree del mondo che hanno una lunga tradizione in architettura non si limitassero a proseguirla ma aiutassero a diffondere questa tradizione, allo stesso tempo imparando dal resto del mondo».
Amori Nel 1972 sposa la scultrice e pittrice Aiko Araki Miyawaki morta nel 2014, con la quale per anni ha gestito la galleria Ma.
Titoli di coda «L’architetto non deve essere mai un politico, non deve mai progettare pensando a tattiche o a strategie di potere. Ma deve inseguire prima di tutto i propri sogni, sempre e comunque. Anche a costo di doversi scontrare con la realtà» (Stefano Bucci, “Corriere della Sera” 15/1/2004).