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 2022  agosto 03 Mercoledì calendario

La rete afghana di al Qaeda

utto ha inizio con la bay’ah, la promessa. È il 1990 quando Osama bin Laden, all’epoca leader di Al Qaeda, giura fedeltà al suo omologo talebano, il mullah Omar. Un impegno che non solo è indissolubile secondo il credo musulmano ma che, nel caso dei due gruppi jihadisti, è stato rinnovato più volte, sebbene non sia stato riconosciuto pubblicamente dai talebani. Ed è per questa ragione che probabilmente il mullah Omar si rifiuta, dopo l’11 settembre, di consegnare Bin Laden agli americani che poi lo uccideranno anni più tardi in Pakistan. Così come è sulla base di questo giuramento che al Zawahiri, succeduto a Bin Laden come leader di Al Qaeda, trova riparo a Kabul.
Legami di sangue tra clan e lotte tra cartelli. La leggenda narra che nel 2014, dopo la comparsa di Isis sulla scena jihadista, il «Medico» – così è ribattezzato l’anziano leader qaedista – addirittura rinnovi il suo giuramento al mullah Omar senza sapere che è ormai morto. Poi, l’anno successivo, dopo che i talebani comunicano il decesso, al Zawahiri si affretta a rinnovare i voti al nuovo leader, il mullah Akhtar Mohammad Mansour, giurando di «fare la jihad per liberare ogni centimetro della terra musulmana occupata».
La protezione di Al Zawahiri è da sempre stata affidata al clan Haqqani. Fondato grazie al sostegno della Cia in funzione anti sovietica, il gruppo rompe con l’Occidente nel 2001, anno dell’invasione statunitense dell’Afghanistan, quando la Rete passa sotto il controllo del figlio di Jalaluddin, Sirajuddin, che avvia una grande campagna contro i suoi ex alleati. Sirajuddin sopravvive a vent’anni di guerra e oggi è il capo militare dei talebani e le sue forze sono state incaricate della sicurezza a Kabul. Ma non solo. È uno dei criminali più ricercati dall’Fbi, sulla cui testa il dipartimento di Stato americano ha messo una taglia da 10 milioni di dollari. Sirajuddin ha lavorato a stretto contatto con Osama bin Laden e i combattenti di Al Qaeda in Afghanistan, secondo i file recuperati ad Abbottabad e non ha mai smesso. Ed ecco spiegato perché a lui viene affidato l’incarico di proteggere al Zawahiri.
Come spiegato in un documento del Consiglio di Sicurezza dell’Onu del 2020, i contatti tra i talebani e Al Qaeda sono rimasti costanti anche durante i colloqui di pace con gli Stati Uniti a Doha, culminati con l’accordo per il ritiro definitivo delle truppe statunitensi dall’Afghanistan. Già all’epoca, il documento sottolineava come i legami tra talebani e Al Qaeda «erano rimasti stretti, basati sull’amicizia, su una storia di battaglie condivise, di simpatie ideologiche e matrimoni tra i due gruppi». Garante di questo legame, proprio la Rete Haqqani. E anche se gli accordi di Doha erano stati firmati con la promessa che i talebani non avrebbero più dato protezione ad Al Qaeda, come avevano fatto invece tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila, è chiaro come la bay’ah, la promessa fatta tra leader jihadisti, abbia per i leader talebani molto più valore degli impegni presi con gli interlocutori occidentali. Questo anche a costo di essere indeboliti. Perché il raid contro il medico arriva per il regime di Kabul in un momento di grande difficoltà e di isolamento internazionale. Un prezzo che però, evidentemente, gli studenti coranici ritengono di dover pagare in nome di antiche alleanze e tradizioni tribali.