la Repubblica, 2 agosto 2022
L’autolesionista ricerca della chimera del centro
Chi vuole si metta dunque in mezzo. Non si dirà al centro perché la geometrica definizione, oltre che politicamente abusata, pare velleitaria, ambigua e fuorviante nelle sue varie destinazioni, “centrino”, “centricchio”, “centriculo” e così via.
Per quanto generico e arronzato, “in mezzo” suona paradossalmente più esatto. In ogni caso auguri, di posto ce n’è fin troppo trattandosi di uno spazio al tempo stesso immaginario e affollatissimo. C’è Calenda, di cui s’è pure letto che sarebbe un trotzkista moderato; c’è Renzi che ha già proposto un “Polo del buonsenso”; ci sono le due ministre fuoriuscite dal berlusconismo, Carfagna e Gelmini e magari Brunetta, se e quando avrà deciso; c’è poi, a prescindere dalla ragnatela di reciproci plagi e incompatibilità, l’ape seconda di Di Maio & Tabacci (la prima fu di Rutelli, Alleanza per l’Italia, 2009); e Pizzarotti, e Quagliariello, e Pierfurby Casini; e solo in Lombardia Sala e forse Moratti e con qualche slancio anche Bertolaso, per cui alla fine mancherebbe solo Formigoni, ma se lo chiamano viene pure lui.
Dinanzi a tale brulichio si ha scrupolo a richiamare la nobile, archeologica nozione di Terzo Polo, o meglio ancora di Terza Forza: il sogno di dar vita nel secondo dopoguerra a un’area intermedia che anome di un elettorato laico riuscisse a tener testa alle due chiese ideologiche, Dc e Pci, che prosperavano nel bipolarismo imperfetto (vedi “Storia dei laici nell’Italia clericale e comunista” di Massimo Teodori, Marsilio, 2008). Obiettivo generoso su cui si concentrarono l’ex azionista poi repubblicano Ugo La Malfa e l’ex socialista e fondatore del Psdi Giuseppe Saragat; una corrente culturale che da Valiani a Garosci, passando per il Mondo di Pannunzio e i liberali di sinistra divenuti radicali e in seguito pannelliani, finì per collezionare una tale improvvida sequela di occasioni mancate da rivelarsi tristemente minoritaria. Roba antica e tuttavia, rispetto alle miserie dell’oggi, più che rispettabile. Come lo furono dopo tutto l’illusione lib-lab e il miraggio di un’area a guida Craxi che nel corso degli anni ’80 schiavardasse gli instabiliassetti consociativi del dopo- Moro e del dopo-Berlinguer. Invano.
E non per celebrare la nostalgia, eppure c’era ancora una classe politica che non andava in cerca di spazi per farne parcheggi, garage, uffici di collocamento o pollai ad alto tasso di galli canterini per cui non si fa mai giorno. Così l’ultimo ricordo, tanto dignitoso quanto autolesionista, di Terzo Polo resta, all’indomani dell’ignominioso big bang della Prima Repubblica, il cartello elettorale che Mino Martinazzoli e Mariotto Segni costituirono in extremis nel 1994 cercando invano di contrastare l’immane pressione del berlusconismo da una parte e la gioiosa presunta macchina da guerra dei progressistidall’altra.Tutto questo per dire, se non altro, la jella che da sempre perseguita questo tipo di ridislocazioni, anche ieri non del tutto immuni da opportunismo e trasformismo, ma oggi marchiate anche da bizantinismo elettoralistico, narcisismo leaderistico e sostanziale, inconfessabile volontà di non scegliere riservandosi, dopo il voto, la propria ipotetica utilità marginale facendo pendere l’ago della bilancia a destra o a sinistra.
Di qui – e nonostante ogni buona intenzione tocca arrivarci – si ripropone fino alla nausea la chimera del centro, luogo vuoto quant’altri mai, frutto dell’inconsistenza e dello spappolamento delle culture politiche, oltre che della incapacità di generare qualcosa di nuovo e vitale.
Di qui, anche, gli sforzi di quanti – anime perse, fritto misto, scappati di casa, legione straniera – si agitano come tarantolati ora “aspettando Godot”, come da prezioso riferimento dell’onorevole Lupi, ora inseguendo l’esempio di Mastella che due mesi orsono si è portato avanti e ha battezzato il suo partitino “Noi di centro” facendo risuonare in sala la colonna sonora battiatiana: “Cerco un centro di gravità permanente”. Al sindaco di Benevento va senz’altro riconosciuto il più sincero, istruttivo e a suo modo raffinato ragionamento meta-centroide di chi si mette in mezzo quando ha annunciato: «Siamo già forti al Sud e pronti a rompere le uova nel paniere. Ma siamo interessati anche alla frittata».