ItaliaOggi, 2 agosto 2022
Norman Lear, un secolo di tv
Ha una venerazione per i sigari cubani. «Se ci fosse un altro motivo per credere in Dio, sarebbe la foglia dell’Avana». Le boccate di fumo azzurro hanno accompagnato Norman Lear al centesimo anno di vita. Spettacoli e sitcom come All in the Family, Maude, Good Times e The Jeffersons hanno cambiato la tv e la cultura americana. Lear sa benissimo di essere uno degli autori più influenti della storia degli Usa. Però è quel tipo di star che ha festeggiato la 16esima nomination agli Emmy «andando a letto presto». Al massimo, una volta a settimana, ospita quel che lui definisce «un club settimanale per fumatori di sigari». Amici che oltre al tabacco condividono la passione per la musica suonata male.
Lear è nato il 27 luglio 1922 a New Haven, nel Connecticut, in una famiglia ebrea. Sua madre era di origini ucraine, mentre la famiglia di suo padre aveva radici russe. In quello stesso anno venne fondata l’Urss. Vladimir Putin, invece, sarebbe nato tre decenni dopo, nel 1952. Lear conosce il rumore delle bombe. «Ho effettuato più di 50 missioni su un bombardiere B-17 per sconfiggere il nazismo che divorava l’Europa».
Lear ha passato l’ultima parte della sua carriera cercando di evitare le domande dei giornalisti sulle tempistiche del ritiro dalla scena. «Non considero la pensione, non finché c’è qualcosa che voglio fare quando mi sveglio la mattina», ha detto a UsaToday. «Alcune persone corrono. Io non corro. Mi sveglio e faccio le cose che mi piacciono. Questo è il regalo per me stesso».
Il presente, allora. Netflix ha in progetto una rivisitazione animata di Good Times, una sitcom degli anni settanta ambientata in un grattacielo della periferia degradata di Chicago andata in onda per sei stagioni sulla Cbs. Un’altra serie televisiva, Who’s The Boss?, potrebbe tornare sul piccolo schermo dopo trent’anni. Lear, del resto, nelle sue commedie affrontava i temi che ancora oggi dividono gli americani: il razzismo, il femminismo, l’omosessualità.
I festeggiamenti per il compleanno del secolo sono iniziati qualche giorno prima negli studi della Sony, dove Lear ha tagliato una torta gigante. Il 27 luglio, invece, il produttore televisivo ha trascorso la giornata con la famiglia e il club dei fumatori di sigari nella sua fattoria a Shaftsbury, nel Vermont, «quella che ritengo il mio porto yiddish». La Abc, nel frattempo, sta preparando uno speciale, che verrà trasmesso il prossimo 22 settembre, sull’uomo che ha fatto carriera dietro la macchina da presa.
Sin qui gli omaggi. Ma Lear ci ha messo del suo. A cent’anni l’icona della televisione americana in bianco e nero si è collegata su Instagram e ha ringraziato i fan cantando That’s amore di Dean Martin, prima di ringraziare la figlia che reggeva «una delle meraviglie della scienza moderna». Lo smartphone.
Poi Norman Lear ha affidato i suoi pensieri al New York Times. Chi si aspettava ricordi, racconti e aneddoti, be’, ha trovato la politica. «Sono stato profondamente turbato dall’attacco al Congresso del 6 gennaio 2021 da parte dei sostenitori dell’ex presidente Donald Trump che tentavano di impedire il trasferimento pacifico del potere», ha scritto. «Anche a cent’anni, soprattutto a cent’anni, non prendo alla leggera la minaccia dell’autoritarismo».
E poi Trump, nel 2020, aveva imposto il blocco delle importazioni dei sigari da Cuba.