Il Messaggero, 2 agosto 2022
La Terra si salverà con le mega-foreste
È difficile riparare le cose e in alcuni casi sono perse per sempre. Salvaguardare dal disboscamento le foreste antiche e con esse l’ecosistema complesso, denso e interconnesso che le anima è la principale urgenza per il futuro del pianeta. Per vincere la sfida climatica dobbiamo salvare le foreste più grandi del mondo e non lo stiamo facendo. Secondo i dati dell’Istituto di ricerca su foreste e prodotti forestali in Giappone, pubblicati dalla rivista Environmental Research Letters, negli ultimi sessant’anni l’azione dell’uomo ha comportato la distruzione globale di 437 milioni di ettari. La superficie di foreste per ogni abitante è diminuita di oltre il 60%, passando da 1,4 ettari pro-capite nel 1960 ad appena lo 0,5 nel 2019. Il riflesso di questa erosione è diretto sulle condizioni ambientali e di vita di quasi due miliardi di persone.
LO SPETTACOLO
Il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) dimostra come non esista la possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1.5 gradi senza invertire i ritmi della deforestazione entro il 2030. Fino al 2050 dovremmo aumentare le aree boschive di 34 milioni di ettari. Che cosa s’intende e dove si trovano queste risorse fondamentali? Nel saggio dallo stile divulgativo Sempre verdi. Salvare le grandi foreste per salvare il pianeta (Einaudi, traduzione di Antonio Casto) l’economista John W. Reid e Thomas E. Lovejoy, pioniere della biologia dei cambiamenti climatici, fanno viaggiare i lettori nelle megaforeste: i cinque territori boschivi di grandezza spettacolare rimasti sulla terra.La megaforesta più vasta in assoluto è la Taiga che si estende quasi interamente in Russia. La più piccola corrisponde alla Nuova Guinea, un’isola quasi completamente ricoperta di alberi. L’Amazzonia è la megaforesta tropicale più ampia che si suddivide tra otto Paesi ed è il doppio di quella del Congo. L’estremo Nord, oltre alla Taiga, ospita la foresta boreale nordamericana che comincia sulle rive del Mare di Bering attraversa l’Alaska e si allarga al Sudest lungo il Canada fino alla costa atlantica.
PAESAGGI INTATTI
Finora sono stati mappati circa duemila «paesaggi forestali intatti» (Ifl) che compongono un quarto delle terre boschive del pianeta e costituiscono i nuclei meno intaccati delle megaforeste. Gli Ifl sono aree prive di strade, linee elettriche, miniere, città e industrie per almeno 500 chilometri quadrati. Negli ultimi venti anni l’attività umana ha frammentato o fatto perdere il 10% degli Ifl: «Le foreste rimaste intatte offrono un doppio vantaggio climatico scrivono gli autori – Raffreddano il pianeta rimuovendo la CO2 dall’atmosfera, e rinfrescano l’ambiente locale mediante evaporazione e traspirazione».Reid e Lovejoy illustrano quanto la protezione di queste riserve sia la priorità per qualunque agenda di contrasto degli effetti del cambiamento climatico: «Preservare grandi quantità di carbonio nelle foreste intatte costa poco, perché sono terre remote e il processo è semplice. Trattenere il carbonio nelle foreste tropicali costa un quinto rispetto alle spese per la riduzione delle emissioni del settore energetico e industriale statunitense o europeo. Ed è almeno sette volte più conveniente che far ricrescere le foreste dopo averle abbattute. Sorprende che questa opportunità sia tuttora sottovalutata e passi sotto silenzio in quasi tutti i piani climatici nazionali».
Nella foresta si trasformano la qualità della luce, i suoni e gli odori dell’esistenza. Il libro spinge il lettore a liberarsi dal pensiero della solitudine della specie umana. Lo invita ad ammettere che c’è una continuità con le altre creature, da cui dipendiamo: al mito dell’autonomia sostituisce quello dello scambio. La vita è impreziosita dall’intelligenza, flessibilità e diversità del mondo vegetale e animale. Cambia la concezione degli alberi come risorse a nostra completa disposizione, bensì formano un gruppo di buoni vicini che hanno fatto cose incredibili per arricchire e trasformare il mondo. Le foreste non possono essere usate alla stregua di oggetti.«Nelle foreste pluviali tropicali, le più variegate di tutte, continuiamo a scoprire forme di vita tuttora sconosciute alla scienza osservano Altrettanto spettacolare nelle megaforeste è la varietà delle popolazioni umane. Un quarto circa delle settemila lingue viventi del pianeta si parla nelle cinque maggiori regioni boschive».
LA SPIRITUALITÀ
Per la preservazione del verde gli autori descrivono il ruolo chiave degli indigeni che devono agli alberi la propria cultura, spiritualità e sopravvivenza pratica. Gli indigeni e gli altri popoli che abitano la foresta vedono sé stessi come parte della natura senza distruggerla. Le comunità dei nativi controllano circa un terzo delle foreste intatte. La loro distanza dal mondo e l’inaccessibilità delle megaforeste sono la maggiore garanzia di difesa: «Se vogliamo che la conservazione delle terre indigene, parchi o aree protette sia efficace, l’elemento decisivo è limitare l’edilizia stradale. Nei tropici quasi tutto il disboscamento avviene lungo le strade o grandi fiumi navigabili. L’isolamento e le dimensioni impediscono il controllo sulle megaforeste, quindi meno strade ci sono, meno potere diamo alla criminalità».
La ricerca di Reid e Lovejoy è appassionata e accurata nei dati scientifici. La lettura ci pone davanti alla scelta non più rinviabile tra una visione a lungo termine del rapporto con la natura e un sistema economico miope di breve respiro. Le fotografie dell’Amazzonia di Sebastião Salgado arricchiscono il volume.