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 2022  agosto 01 Lunedì calendario

Eleonora Buratto nuova star dell’opera

Eleonora Buratto da ragazza cantava Mina alle fiere di paese, aveva una band nel mantovano. Fino a 20 anni era quello il suo mondo. Oggi c’è la Scala,Vienna, Tokyo, a Roma canterà Butterfly, titolo per cui il New York Times dopo il Met l’ha paragonata a Renata Tebaldi e Mirella Freni. «Ma il rock è ancora dentro di me», dice. Ha 40 anni, «scrivetelo, tanto mi dicono “non ci credo” e mi sono convinta che sia vero». E giù con una delle sue risate contagiose. Nella sua carriera il Conservatorio, l’incontro con Pavarotti, la benedizione di Domingo: «Sarai una grande Desdemona».
Ed eccola, l’11 agosto al Rossini Opera Festival di Pesaro, nel suo debutto con l’Otello, il tenore è Enea Scala, il direttore Yves Abel, la regista Rosetta Cucchi che ha spinto sul femminicidio: «Il mondo è di situazioni dove l’uomo sfrutta la fragilità delle donne. Qui c’è un messaggio forte contro la violenza alle donne, si insiste sul senso di colpa della confidente di Desdemona, Emilia, manipolata da Jago, sui suoi ricordi: avrei potuto far qualcosa per salvarla… Ma lei stessa è una vittima. La regista vuole far capire perché un uomo uccide una donna e la donna lo lascia fare, Otello non si sente accettato e il divario lo porta a uccidere. È strano vedere in Rossini questa violenza, ma è il tema…».
Non è così frequente cantare le due Desdemone. «Verdi l’ho fatto a Barcellona. Quello che le accomuna è l’attesa del destino, la consapevolezza di ciò che accadrà. Le due storie sono diverse. Jago qui è importante ma non così presente, il padre di Desdemona (che la maltratta e non la ama) in Verdi non c’è, e Roderigo resta sullo sfondo».
Otello o Aida neri o bianchi? Impazza la cancel culture, Eleonora dice che la sua collega «Angel Blue ha rinunciato a Verona per il colore scuro di Aida, ma lei appartiene alla cultura anglosassone diversa dalla nostra. Non c’entra nulla il razzismo, non esiste nel mondo dell’opera, noi non vediamo il colore della pelle ma l’artista. Io sono stata vittima di razzismo al Met dopo Butterfly che mi ha portato a paragoni lusinghieri ma dall’altra parte una minoranza del pubblico ha detto che quel ruolo deve cantarlo un’asiatica». Pavarotti? «Andavo da lui nella sua casa di Pesaro, mi aiutava gratuitamente, mi ascoltava mentre faceva la chemioterapia, non posso chiamarle lezioni vere e proprie, era una specie di musicoterapia in cui mi ha dato fiducia in me stessa».
Parliamo del cacciavite? Ride: «Influenzata dai fratelli maggiori che sentivano il rock, Guns N’Roses, Metallica, Pearl Jam, a 8 anni cantavo tenendo un cacciavite come microfono. Ma già prima facevo concorsi canori per bambini, anni dopo vennero i concerti alle fiere e nelle piazze. È un modo diverso ed elettrizzante di stare sul palco, mi piacerebbe che la lirica assorbisse qualcosa, la spontaneità, la libertà. Quando mi resi conto che non sarei mai diventata Aretha Franklin, mi chiesi se potevo lasciare il segno nell’altra strada, l’opera. Ma senza pensare di imitare qualche soprano famoso. I miei, papà operaio e mamma casalinga, mi accompagnavano ovunque».
Parliamo di Alice nel paese delle meraviglie? «Il mio cartone preferito, ci sono cresciuta, ho una collezione di oggetti su Alice: posate, peluche... Ho smesso perché il mio fidanzato non ne poteva più». Si è mai sentita Alice? «Un po’ lo sono stata».