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 2022  agosto 01 Lunedì calendario

Intervista ad Aleksandr Sokurov

Steso nella bara, il viso baffuto su un cuscino di garofani, Stalin è immerso nel sonno eterno. Ma ecco che dalle labbra gli sfugge un lamento: «Mi fan male gli stivali…». E socchiudendo gli occhi prosegue: «Non sono morto, non morirò mai». Inizia così, con una terrificante resurrezione, Fairytale di Aleksandr Sokurov, 71enne maestro del cinema russo, Leone d’oro per un Faust visionario. Da sempre inviso al potere, al potere Sokurov ha dedicato una trilogia, Moloch, Taurus, Il Sole, bersagli Hitler, Lenin, Hirohito. Atto d’accusa che ora prosegue con questa nuova Favola, il 6 agosto in concorso al Festival di Locarno.
Lei riporta in vita quattro protagonisti del secolo scorso: Stalin e Churchill, Hitler e Mussolini. È la favola nera della Storia?
«In ogni fiaba c’è sempre un elemento di terrore, perché ogni fiaba nasconde la verità. Nel ‘900 sono accadute le più spaventose tragedie dell’umanità. Per questo ho voluto radunare in una sorta di Aldilà dantesco i responsabili del destino dell’Europa, del mondo, di tanti massacri».
La sorpresa è che a impersonarli non sono degli attori ma loro stessi. Li vediamo muoversi, dialogare... Come è riuscito a compiere tale magia?
«Tra i poteri del cinema c’è quello di far rivivere i morti! Le immagini, le voci dei quattro sono ancora tra noi, racchiuse in nastri e pellicole. Gli archivi sono le caverne della memoria, il digitale l’ha schiusa. Così i miei “eroi” non recitano, vivono. Potete fidarvi di quel che dicono, del loro modo di gesticolare, delle loro espressioni. Sono loro stessi! Quanto allo sfondo, l’ho attinto dagli artisti italiani. Piranesi e molti altri».
Quanto le è stato a fianco Dante in questo viaggio?
«Dante è venuto da me e mi ha offerto il suo aiuto. Da anni ho in mente un film su La Divina Commedia. È il mio sogno. Ma c’è ancora spazio per grandi idee?».
Suo padre era un militare. Cosa le diceva di una guerra costata alla Russia 25 milioni di morti?
«Mio padre è stato prelevato per andare in guerra da una comunità rurale ucraina a 17 anni, assieme a suo padre e al fratello. Mi ripeteva: la guerra è stata la sofferenza dell’intero popolo perché si sapeva che gran parte dell’Europa stava con i nazisti. Era strano, spaventoso, doloroso. E a quei milioni di morti vanno aggiunti i morti delle repressioni staliniane».
A cosa è servita quella tremenda lezione alla luce della guerra con l’Ucraina?
«A ben poco. È incredibile quanto oggi sia impopolare lo sforzo per una convivenza pacifica. Per quanto democratico, pare non esista più un Paese pacifista. Oggi sono i popoli stessi a esigere dai loro leader di combattere. Una parte di colpa ce l’ha anche il cinema militarista, che ha istillato il culto della forza».
Quanto pesa l’attuale discriminazione culturale?
«Ne risentiremo molto: la cultura del Vecchio Mondo è un unico apparato circolatorio indivisibile. La Russia era e resta sorella della grande cultura europea, qualsiasi cosa facciano i politici. Il contributo degli artisti russi alla musica, letteratura, scienze e cinema è enorme e incancellabile. Purtroppo il popolo da tanto tempo ha stipulato un patto con il potere, gli ha trasferito in toto il diritto di disporre della propria libertà e coscienza. E in questo la chiesa ortodossa ha senza dubbio la sua parte».
Ma gli artisti russi assecondano il potere?
«Come ovunque: i cortigiani lo fanno, le persone libere lavorano secondo le proprie idee e coscienza».
Putin è davvero il nuovo Stalin?
«Putin è un uomo del suo tempo, non ha bisogno di confronti, ha una dimensione tutta sua».
Ha mai avuto modo di parlargli?
«Ho avuto molte occasioni per esprimere a Putin il mio punto di vista sulla situazione in Russia, sulla guerra e sulla pace. Ma quel che ho detto non ha avuto alcun peso. Le persone come me infastidiscono».
Com’è per lei vivere nella Russia di oggi?
«È sempre stato difficile, sia sotto i comunisti, sia ora. I miei amici mi propongono spesso di lasciare il Paese. Ma mio padre ha combattuto contro il nazismo e anche mia madre. Le loro tombe sono in Russia. La mia patria è la lingua russa. La Russia non ha bisogno di me. Ma io ho bisogno di lei».
Un mese fa le è stato impedito di arrivare a Milano per la Milanesiana. Potrà raggiungere Locarno?
«È stato molto triste: sono legato alla Milanesiana e a Elisabetta Sgarbi. Cercherò di andare a Locarno, è importante per il film. Sarà la prima mondiale, potrebbe essere anche l’ultima visto che in Russia non ha ancora il nullaosta di censura. Ottenerlo non sarà facile».