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 2022  luglio 31 Domenica calendario

Intervista a Luca Barbarossa

All’inizio dell’estate Luca Barbarossa ha fatto armi e bagagli ed è scappato da Roma, trasferendosi dalla sua casa in zona Monteverde a Sabaudia. Lontano dai cassonetti stracolmi di immondizia, dagli incendi, dal traffico. Negli anni ha raccontato, nelle canzoni, la bellezza della sua città, da Roma spogliata a Via Margutta, ancora oggi tra le più cantate durante i suoi concerti.
Nel 2018 alla Capitale dedicò un disco, Roma è de tutti: «Un atto d’amore per la città in un momento in cui tutti ne parlavano male», ricorda il 61enne cantautore, che quell’anno portò in gara a Sanremo pure un brano in romanesco, Passame er sale.
Quell’ottimismo sembra aver lasciato spazio alla rassegnazione: «Roma? Fino a settembre non ce passo manco se me pagano», si limita a dire oggi Barbarossa, in romanesco, tagliando corto quando gli si fa notare che l’unica data nel Lazio del suo tour Non perderti niente è quella che stasera lo vedrà esibirsi al Castello di Santa Severa a Santa Marinella, a più di un’ora di auto dalla città. Sulla locandina c’è una sua foto da ragazzo, in bianco e nero.
Si ricorda quanti anni aveva e dove gliela scattarono?
«Avevo 18 anni, era l’estate del ’79. Mi trovavo a Lisbona».
Cosa ci faceva?
«Suonavo per strada, chitarra e voce. Ho ritrovato la foto negli album dei ricordi che ho sfogliato durante il primo lockdown, quando ho iniziato a scrivere l’autobiografia da cui prende il titolo la tournée. Quella fu un’estate rivelatrice».
Perché?
«Capii che potevo fare quel mestiere non solo a Piazza Navona, dove avevo iniziato a suonare un paio d’anni prima, ma ovunque: Barcellona, Londra, Lisbona. Giravo l’Europa con il sacco a pelo. Mi bastava trovare uno spazio in una piazza, aprire la custodia e cominciare a suonare, conquistandomi l’applauso e qualche soldino».
A via del Corso ci ha mai suonato, prima dei Maneskin?
«No, mai. A Roma giravo tra il Pantheon e Trastevere. Altri tempi, quelli. Tra scontri e manifestazioni, la città era martoriata. Io suonavo le canzoni dei grandi cantautori americani, da Woody Guthrie al mio idolo James Taylor. Anni dopo lo avrei ospitato in una puntata di Radio2 Social Club».
Gli confessò di essere suo fan? «Per forza. Non mi sembrava vero. Neri Marcorè mi aiutò a gestire l’imbarazzo, con le sue idee esilaranti».
Ad esempio?
«Gli facemmo cantare l’inno italiano sulla melodia di quello statunitense. Poi gli misi davanti un articolo del Financial Times e gli chiesi di cantarlo. Lui stette al gioco: un simpaticone».
È vero che Maradona era fan di Roma spogliata?
«Sì. Una volta la cantammo insieme, in concerto. Era il 1988, io ero all’apice del successo».
Come andò?
«La tournée fece tappa a Napoli. L’impresario mi disse che Diego sarebbe venuto al concerto. Un onore. Solo che era tutto sold out. E all’epoca non c’erano le aree per vip e influencer, come oggi».
Cosa s’inventò?
«Nascosi Diego dietro l’impianto audio. Io suonavo e con la coda dell’occhio vedevo lui che ballava. Quando arrivò il momento dei bis, su Roma spogliata lo chiamai vicino a me. La gente impazzì. Partirono i cori: Oh, mammà, ho visto Maradona, ho visto Maradona. Attaccai la canzone e lui, intonatissimo, si mise a cantare con me: un trionfo».
Roma spogliata l’anno scorso ha compiuto quarant’anni: li ha festeggiati?
«No, così come non ho celebrato quest’anno i trenta di Portami a ballare. Queste scadenze mi fanno impressione. Mi sembra ieri quando Riccardo Cocciante nell’81 mi portò con sé in tour. Rubavo con gli occhi per imparare più in fretta. Oggi guardo mio figlio di 23 anni e penso: Ma ieri non bevevi il latte dal biberon?». Ha scritto un libro sui suoi sessant’anni.
«Vero, ma non c’è nostalgia. Chissà quanti giovani, dopo la pandemia, hanno dovuto ridimensionare le proprie ambizioni. Io, raccontando la mia storia tra canzoni e aneddoti, come faccio anche con questi concerti, li invito a non perdersi le esperienze della vita. Rispetto a quella foto non mi sento cambiato: sono ancora un dilettante che deve dare il meglio di sé».
Sta lavorando a un nuovo album?
«Scrivo. Ma per pubblicare un disco serve una motivazione forte. E ora non ce l’ho. L’unica certezza della mia vita da anni è Radio2 Social Club (ride). Stiamo preparando la nuova stagione: partirà il 12 settembre».