Corriere della Sera, 31 luglio 2022
Santoro sta costruendo «un partito che non c’è mai stato»
«Dobbiamo aspettare di capire che cosa farà Letta, che cosa deciderà il Pd. Io e Conte? Certo, parliamo, parleremo, magari ci vedremo. È tutto prematuro…». Sotto il sole bollente dell’ultimo weekend di luglio, Michele Santoro disegna i confini del partito di sinistra che aspira a fondare nell’arco di una settimana. «Il partito che non c’è e non c’è mai stato», dice, forse sognando il miracolo di riuscire a svincolare il Pd dall’abbraccio con Calenda e di ancorarlo nuovamente al dialogo con Conte, con cui nel frattempo dialoga lui. Dalle parti dell’ex presidente del Consiglio, il canale con Santoro non viene negato, anzi. Per il popolare giornalista e conduttore televisivo Conte è disposto a srotolare il più pregiato dei tappeti rossi, con tanto di postazione sicura in lista – come lo può essere una postazione nel M5S di questi tempi – che gli faccia da trampolino verso uno scranno nelle istituzioni, dove tornerebbe a diciotto anni dalla trionfale campagna elettorale per le Europee del 2004.
Quella che nella cerchia ristretta di Conte al momento viene negata, e con fermezza, è la possibilità che i 5 Stelle finiscano per stringere un’alleanza elettorale con altre forze politiche che non siano il Pd, con cui le speranze di riannodare la trama di dialogo interrotto sono comunque appese a un filo sempre più impercettibile: vale per il tridente de Magistris-Rifondazione comunista-Potere al popolo, certo; ma anche per il progetto di «partito che non c’è» che ha in mente Santoro. Traduzione: il M5S è disponibile ad aprire le sue liste a personalità della società civile; ma, al netto di colpi di scena, non vuole fare il perno di una coalizione che stia a sinistra di quella trainata dal Pd. Nel caso, si corre da soli.
C’è da credere che Santoro non si fermerà ai primi ostacoli che sta incontrando sul suo cammino. Era ovvio che ci fossero: costruire un «partito che non c’è mai stato» e farlo avendo a disposizione solo pochi giorni sarebbe un’impresa titanica anche per politici più navigati. Dalla sua il giornalista ha una rubrica ricca di nomi di personalità del mondo della cultura, che potrebbero spendersi in prima persona come hanno fatto durante l’adunata per la «pace proibita» andata in scena al Teatro Ghione tre mesi fa. Donatella Di Cesare, ad esempio, dice che non si candiderà ma «mi occuperò del progetto». Molti di questi, tra l’altro, parteciparono all’esperimento della Lista Tsipras, in pista in Italia alle Europee del 2014. Tra loro, insieme a Vauro Senesi, c’era anche Moni Ovadia. Che oggi si chiama fuori da possibili candidature: «Guarderò con interesse a quello che fa Santoro e che stanno già facendo de Magistris, Rifondazione, Potere al popolo. Penso però che sia sbagliato lanciare un soggetto politico adesso; ora è il tempo di lanciare idee che però devono camminare sulle gambe delle giovani generazioni, non di quelli della mia età». E poi, sempre Ovadia: «Che senso ha aspettare di capire che fa il Pd? Quello, detto con rispetto, è al massimo un partito radicale di centro. O un partito radicalmente di centro. Che c’entriamo noi?».