il Fatto Quotidiano, 30 luglio 2022
Intervista a David Koepp, lo sceneggiatore di Jurassic Park
Sotto zero (Cold Storage) è il primo romanzo di David Koepp, uno degli sceneggiatori più prolifici e acclamati di Hollywood, la penna dietro blockbuster quali Jurassic Park, Mission: Impossible, Spider-Man, Carlito’s Way…
Mr. Koepp, com’è nato il libro?
Quando l’idea di Sotto zero mi si è presentata, ho pensato che fosse un film, come sempre negli ultimi trent’anni. Ma ho ritenuto istruttivo scrivere alcune pagine di prosa per aiutarmi a conoscere il protagonista. Dopo il primo paragrafo, ho pensato che fosse una storia breve. Dopo dieci pagine: “Ehi, forse è un racconto”. Dopo sessanta, ho sospirato: “Ok, credo che questo debba essere un romanzo”.
Perché ha optato per il mix di scienza e horror?
Da quando ero un giovane lettore, amo miscelare fantascienza e narrativa. La mia prima sceneggiatura con queste caratteristiche è stata Jurassic Park di Crichton: ho sicuramente imparato dal migliore.
Il fungo patogeno evoca il Covid: ha forse previsto la pandemia?
Mi piacerebbe poterlo rivendicare, ma non l’ho fatto. Però ho attinto da scenari reali, come l’enorme fungo che cresce negli Stati Uniti nordoccidentali: tecnicamente è l’organismo più grande del mondo.
Un pensionato, Roberto Diaz, un ex truffatore e una madre single: saranno loro a salvare la razza umana?
Dopo aver stabilito una premessa, d’abitudine mi chiedo: “Chi è la persona migliore o peggiore possibile a cui questo possa accadere?”. L’idea è di rendere il personaggio un esperto inesorabile nelle cui mani ci sentiamo al sicuro – e questo è Roberto. Lui e le due giovani guardie sono completamente impreparati a ciò che succederà, e dunque possono scoprire una forza interiore che non sapevano di avere.
Funghi, virus, cambiamenti climatici, guerre: di cosa ha più paura?
Senza dubbio, la guerra. Come esseri umani, abbiamo dimostrato che c’è poco che non possiamo superare quando combattiamo insieme. Ma quando combattiamo l’uno contro l’altro? Non c’è speranza.
Qual è il segreto della sua scrittura per il cinema?
Semplicemente, non c’è alcun sostituto per la determinazione e il duro lavoro. Si tratta di una formula matematica: culo più sedia uguale copione.
Da Jurassic Park a Mission: Impossible, come fa a essere tanto eterogeneo quanto bravo?
Lascio agli altri decidere se sia bravo o meno. Per quanto mi riguarda, ho continuamente sfidato me stesso a provare generi diversi e a esercitare i miei muscoli creativi. Ci sono riuscito più spesso di quanto non abbia fallito, ma sicuramente ho fallito, e in alcune occasioni in modo spettacolare.
Le sue influenze?
Kurt Vonnegut e Stephen King sono i poli Nord e Sud del mio punto di vista sulla vita, e sulla scrittura. Tra gli sceneggiatori, Billy Wilder, Lawrence Kasdan e i film di Spielberg.
Da Spielberg a Cruise, da De Palma a Hanks, ha collaborato con i colossi… Lezione?
Sia Spielberg che De Palma mi hanno fatto il grande favore di prendermi sul serio e incoraggiarmi quando ne avevo bisogno. La cosa più importante che mi abbiano detto è quel che oggi restituirei a qualsiasi giovane scrittore: “Non male. Continua così”.
In The Lost World, il suo personaggio è divorato da un T-Rex: le è successo di peggio nella vita?
Quasi tutto quello che mi è successo è stato peggio! Non voglio svelare alcun segreto qui, ma il T-Rex non era reale.
Il suo secondo romanzo, Aurora, è stato pubblicato da poco negli Usa. Che cosa la emoziona di questa nuova storia?
Ho fatto uno sforzo per raccontare un evento globale attraverso le prospettive molto ristrette di un fratello e una sorella. Eccitante e stimolante.
Un adattamento è già in cantiere a Netflix, per la regia dell’Oscar Bigelow.
Farò del mio meglio per eguagliare lo straordinario talento di Mrs. Bigelow.
E il cinema italiano?
Quelli che mi hanno colpito più profondamente sono I vitelloni di Fellini e Ladri di biciclette di De Sica. Entrambi possono farmi piangere in un attimo.