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 2022  luglio 30 Sabato calendario

Il volo di Malerba

Il 31 luglio 1992 – trent’anni fa – fu una giornata particolare. Gli occhi e i pensieri di studiosi e appassionati erano a Cape Canaveral, dove lo Shuttle Atlantis, illuminato dal Sole, era pronto per una missione speciale. A bordo stava salendo Franco Malerba, ingegnere elettronico e fisico, nato il 10 ottobre 1946, primo astronauta italiano della storia: aveva il compito di condurre esperimenti in orbita con un nuovo satellite, il Tethered a filo concepito per generare elettricità.
In realtà il Tethered fu un’idea innovativa che avrebbe potuto trovare anche altre interessanti applicazioni. L’aveva sviluppata Giuseppe Colombo, geniale meccanico celeste dell’Università di Padova e dello Smithsonian Astrophysical Observatory di Cambdrige (Usa). Purtroppo una malattia lo portò via prima di vedere l’opera compiuta. Ma la Nasa aveva accettato da tempo l’impresa calcolata da Colombo, tanto da finanziargli già nel 1976 lo studio battezzato Skyhook.
«Volli fortissimamente quel volo, pur consapevole dei rischi», ricorda oggi Malerba, ligure di Busalla. La storia e l’aspirazione di Malerba per diventare astronauta avevano radici molto remote. Era tornato dagli Stati Uniti dopo due anni da ricercatore ai National Institutes of Health di Bethesda, vicino a Washington, dove, come biofisico, aveva compiuto esperimenti sulle proteine fotosensibili delle rane. A Milano si occupava di computer alla Digital Equipment. Fu qui che lesse un annuncio pubblicato dall’agenzia spaziale europea (Esa) sul quotidiano «Financial Times»: reclutavano astronauti. Bisognava essere un ingegnere o uno scienziato: Malerba era entrambi. Decise di tentare. «Ero appassionato di volo, salire in orbita sarebbe stato meraviglioso», dice. Una commissione guidata da Luigi Broglio, «padre» dello spazio italiano, lo scelse con altri quattro connazionali per concorrere alla selezione europea. Alla fine si presentarono 55 candidati da 11 nazioni. Malerba vinse assieme al tedesco Ulf Merbold, lo svizzero Claude Nicollier e l’olandese Wubbo J. Ockels. Era il dicembre 1977. Avrebbero volato sullo Spacelab, il laboratorio scientifico europeo imbarcato nella stiva nello Shuttle. Quattro mesi dopo, in aprile, l’Esa accampò vaghe scuse burocratiche per ridurre il numero degli astronauti.
Fu scartato proprio Malerba.
A quei tempi la politica romana non si occupava molto dello spazio europeo. E in quei giorni c’erano ben altri pensieri, non ultimo il tragico rapimento di Aldo Moro.
Dopo un breve periodo in Esa, Malerba tornò in Digital sperando in un futuro migliore. Però... Il piano spaziale nazionale, condiviso con la Nasa, stava favorendo la nascita del satellite a filo ideato da Colombo. Occorreva quindi un astronauta per affrontare gli esperimenti in orbita. Nel 1989 l’agenzia spaziale italiana (Asi) selezionò dieci candidati tra alcune centinaia di domande. Gli scienziati del progetto (7 americani e 5 italiani) preferirono Franco Malerba e Franco Rossitto, un ingegnere nucleare del Politecnico di Milano. La scelta alimentò polemiche e ricorsi da parte di alcuni esclusi, creando un clima che irritò la Nasa e che il ministro dell’Università e della Ricerca, Antonio Ruberti, cercò di placare. In seguito Rossitto accettò l’incarico come capo dell’ufficio astronauti dell’Esa e al suo posto arrivò l’astrofisico Umberto Guidoni, anche lui destinato a imprese spaziali.
Iniziò l’addestramento. Racconta Malerba: «Dovevamo prepararci alle emergenze, studiare il funzionamento dello Shuttle, approfondire gli esperimenti con il satellite. C’erano i rischi dovuti al cavo: 2,2 millimetri di diametro in uscita per venti chilometri. Se non fosse rimasto teso, avrebbe potuto avvolgersi intorno allo Shuttle come alcune vignette umoristiche circolate in quei giorni facevano temere».
Dopo il decollo, il 31 luglio, e il rilascio in orbita della piattaforma europea Eureca, fu il momento tanto atteso del satellite italiano appeso al filo. Ma la corsa del rocchetto si bloccò dopo appena 256 metri. Furono fatti diversi tentativi. Niente. A quel punto Houston decise di interrompere l’esperimento cercando di salvare il satellite per una futura spedizione. «In cabina – ricorda Malerba – scese un silenzio assoluto. C’era frustrazione; e c’era anche la preoccupazione che il malfunzionamento potesse provocare altri guai. Il cuore sobbalzava. Lentamente, dopo un’ora, il satellite venne ancorato con sicurezza. Avevamo srotolato poche centinaia di metri, è vero, ma l’esperimento era riuscito: generò una corrente di 40 volt».
Malerba dallo spazio parlò con il presidente del Consiglio Giuliano Amato. Al centro di controllo di Houston chiesero spiegazioni del blocco, senza ottenere risposte. La causa verrà accertata da una commissione d’inchiesta: una vite e un bullone, aggiunti frettolosamente all’ultimo momento per ancorare meglio il rocchetto, bloccarono l’uscita del filo. Il sistema era americano e la Nasa, consapevole delle colpe, accettò l’idea di una nuova missione Tethered.
Dopo 7 giorni, 23 ore e 15 minuti l’Atlantis (STS-46) con Franco Malerba atterrò sulla pista di Cape Canaveral. Quando lo vedemmo scendere dal jet che lo aveva riportato a Houston per abbracciare la compagna Marie Aude e il piccolo Michelangelo, sul volto, tra i sorrisi, rimanevano tracce di amarezza.
Il volo del primo astronauta italiano resterà comunque un evento positivo di un anno terribile che registrò, tra lo sgomento di tutti, le stragi di Capaci e via D’Amelio.
Il futuro si fece più incerto. L’Asi entrò in crisi e venne commissariata. A Malerba fu imposto il rientro in Italia. «Mi guardai intorno. Nel 1994, quando Silvio Berlusconi mi propose la candidatura al Parlamento di Strasburgo, dopo qualche titubanza accettai. Venni eletto, occupandomi soprattutto della nascita dei satelliti Galileo, il Gps europeo. Presto mi accorsi che era più faticoso lavorare a Bruxelles che prepararsi a un volo spaziale».
Chiusa l’esperienza, fu nominato rappresentante italiano alle organizzazioni internazionali come l’Ocse. Infine, prevalse in Malerba la passione per la divulgazione: libri sulla propria avventura spaziale e articoli sull’esplorazione cosmica. Fu anche attore nello spettacolo Viaggio nello spazio: debutto a Genova e tournée in diverse città.
Altri sei italiani hanno formato nel tempo la squadra astronauti: Maurizio Cheli (nello spazio per 15 giorni, 17 ore e 41 minuti), Umberto Guidoni (27 giorni, 15 ore e 10 minuti), Roberto Vittori (35 giorni, 12 ore e 25 minuti), Paolo Nespoli (313 giorni, 2 ore e 36 minuti), Luca Parmitano (166 giorni, 6 ore e 17 minuti) e Samantha Cristoforetti (199 giorni, 16 ore e 42 minuti fino al 27 aprile, quando è tornata nello spazio per una missione che dovrebbe concludersi in circa sei mesi. Il 21 luglio scorso è diventata la prima astronauta europea a condurre un’attività extraveicolare nello spazio).