Corriere della Sera, 30 luglio 2022
Rooney batte Vardy e la saga delle wags finirà in tv
«Non è la sentenza che mi aspettavo, è sbagliata»: si rammarica di fronte alla decisione del tribunale Rebekah Vardy, moglie di un noto calciatore inglese che è stata protagonista della causa che dall’Alta Corte di Londra lo scorso maggio ha intrattenuto il Regno Unito e i golosi di gossip. Tra le due Wags («wives and girlfriends») – acronimo che sta per mogli e compagne dei calciatori – la giudice preposta al caso ha dato ieri ragione a Coleen Rooney, presentatrice televisiva, abilissima utente dei social e moglie del giocatore e allenatore Wayne.
Si tratta di una saga che ha tutti i toni e dei colori della celebrità e nell’aula 13 dell’insigne tribunale londinese ha portato per sette giorni il mondo dei tabloid: dagli abiti delle due protagoniste alle abitudini del loro entourage, dalle vacanze esotiche alla fragilità di una fama costruita sui social, ogni dettaglio della vita privata e professionale delle due donne è stato scrutato dai media e da un pubblico avido di particolari, una cronaca che ha occupato pagine e pagine di giornali e riviste nonché ore di trasmissioni televisive, anche per via di un elemento di pura eccentricità.
Nonostante i ripetuti inviti della giudice e dei legali, Vardy non ha voluto trovare un accordo prima dell’inizio delle udienze, arrivando così a disputare una causa che è sembrata persa dall’inizio e che è costata qualcosa come 3,6 milioni di euro.
Le origini della disputa risalgono ad alcuni anni fa, quando Rooney rivelò sui social di aver scoperto chi era la falsa amica che continuava a passare informazioni confidenziali ai giornali. La colpevole era Rebekah Vardy, moglie di Jamie, calciatore dai piedi d’oro con una moglie – indicò Rooney – chiaramente incapace di rispettare la privacy altrui.
Un j’accuse inappellabile: Rooney aveva infatti passato alle sue conoscenti informazioni contrastanti per individuare la fonte degli articoli sulla stampa, tecnica simile a quella utilizzata in un giallo di Agatha Christie (cui si deve lo spiritoso soprannome dato alla vicenda dalla stampa britannica, Wagatha Christie).
Vardy ha sostenuto la sua innocenza accusando Rooney di averle distrutto la vita privata e professionale: la sua immagine, ha detto, è stata per sempre alterata, lei e i figli sono stati sottoposti ad abusi e insulti attraverso i social.
Dai messaggi sul cellulare della donna era emerso però durante le udienze che a far filtrare informazioni su Rooney al tabloid Sun era stata l’agente di Vardy, Caroline Watt, ed è questo uno dei fatti che ha portato la giudice a emettere una sentenza che non ha risparmiato parole dure.
La testimonianza di Vardy – ha precisato il magistrato – è stata «palesemente incoerente, evasiva o implausibile». La giudice ha aggiunto che è probabile che Vardy e la sua agente abbiano «deliberatamente distrutto» prove che avrebbero potuto incastrarle, ovvero una chat su WhatsApp e un telefono, caduto sembra accidentalmente nel Mare del Nord.
Perché Vardy abbia insistito su una causa costosissima e dannosa rimane da appurare. Un fatto che la stessa Rooney ha voluto scaltramente sottolineare: «In un momento in cui tanta gente ha difficoltà economiche, sarebbe stato meglio utilizzare questi soldi per aiutare gli altri», ha detto. «Ogni mio tentativo di evitare di arrivare in tribunale è stato contrastato dalla signora Vardy. Speriamo ora di poter voltare pagina».
I Rooney stanno già lavorando a un adattamento televisivo della vicenda. Riuscirà anche Rebekah a rimettersi in pista? Sicuramente ci sarà chi pagherà per conoscere i suoi retroscena. È questa d’altronde la danza della celebrità.