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 2022  luglio 30 Sabato calendario

Le scarpe magiche dell’atletica

Un regolo metrico, una bilancia, un rilevatore di campi magnetici, una camera a raggi X: durante l’ultimo Tour de France, la Cervélo S5 del vincitore Jonas Vingegaard è stata controllata dagli ispettori di gara decine di volte per verificare il rispetto del peso minimo (6,8 chili), delle regolarità del telaio e l’assenza di «motori» nei tubi e nelle ruote. Nel ciclismo, nella F1, nella MotoGp o nello sci rigorosi controlli sui materiali garantiscono equità nella competizione e rispetto delle regole.
Quando la settimana scorsa a Eugene la nigeriana Tobi Amusan si è presentata al via delle batterie dei 100 metri ad ostacoli, le avversarie l’hanno guardata con stupore. Al posto dei classici scarpini da velocità (tomaia leggerissima, suola appena pronunciata), Tobi calzava delle Adidas Adizero Avanti progettate per il mezzofondo prolungato e quindi molto meno reattive. Con le «Avanti» ai piedi, Tobi ha ritoccato due volte il mondiale (12”12 e poi 12”06 ventoso) sfiorando una barriera (i 12”) ritenuta inviolabile. Le scarpe di Amusan, poi, al posto della suola standard ne avevano una su misura che l’aiutava «a curare la fascite che spesso mi tormenta».
I tecnici delle altre Nazionali, in affanno per capire se c’erano margini per un ricorso, hanno compulsato l’elenco delle scarpe da pista approvate e che World Athletics aggiorna regolarmente. E lì si sono fermati: impossibile decifrare una lista che include 150 modelli di 15 marchi diversi. Impossibile capire se una sprinter debba rispettare il limite legale dei 20 o dei 25 millimetri di spessore della suola e se questa – ma pare proprio di no – possa essere personalizzata senza dichiarare i materiali usati. Insomma, in un’atletica leggera dove i record crollano uno dopo l’altro grazie alle scarpe, nessuno le controlla per fugare i sospetti.
Imprese
McLaughlin nei 400 hs ha corso con un pezzo unico: ha abbassato il limite di 1’’5
Altro caso clamoroso, sempre ad ostacoli, quello dell’americana Sydney McLaughlin, 22 anni, che a Eugene ha ritoccato il primato dei 400 metri per la quarta volta abbassando il vecchio limite di un secondo e mezzo: con il suo mostruoso 50”68 sarebbe arrivata sesta nella finale dei 400 piani. Difficile perfino identificare le caratteristiche delle New Balance usate dall’americana tra i tanti modelli registrati dall’azienda: si tratta di un pezzo unico (forse le Fuel Cell), introvabile in commercio. Eppure le regole sono chiare: oltre ai limiti nello spessore e nei materiali delle suole, le scarpe da gara devono essere sul mercato almeno sei mesi prima di una grande competizione per permettere a tutti di gareggiare alla pari, visto il mostruoso vantaggio offerto da certi modelli.
I 400 ostacoli maschili hanno registrato la sconfitta di Karsten Warholm, il fenomeno norvegese che grazie a un paio di calzature Puma fuori dall’ordinario sta riscrivendo la storia della disciplina. Warholm – convalescente e solo 7° in finale – se l’è presa con Rai Benjamin, l’americano che ha vinto l’argento a suon di record, accusandolo di aver corso con un paio di Nike che modificavano in maniera innaturale il suo modo di correre grazie a un «pod» poco ortodosso inserito nella suola.
Il presidente di World Athletics, Lord Sebastian Coe, proclama: «Non consentiremo mai progetti o uso di materiali nelle scarpe che trasformino l’atletica in qualcosa che non riconosciamo. Ma non vedo il problema all’orizzonte». Gli emissari dei colossi dell’abbigliamento sportivo (che sponsorizzano i grandi eventi) si fregano le mani: polemiche attorno a scarpe esclusive e performanti moltiplicano le vendite in ogni settore.