La Stampa, 29 luglio 2022
Intervista a Gary Oldman
«In carriera ho rifiutato molti ruoli per via della mia insicurezza: pensavo sempre che ci fosse qualcuno più adatto di me per interpretarli. Ma quando ho trovato il coraggio di affrontare quella paura, camminando sospeso sul baratro del fallimento, ho trovato lo stimolo per continuare il lavoro di attore e spesso anche il successo. Per questo il mio consiglio ai giovani è di seguire le proprie passioni e coltivare la propria autostima: è la migliore arma contro la paura». Gary Oldman, 64 anni, indimenticabile interprete di film come Rosencrantz e Guildenstern sono morti, le saghe di Batman ed Harry Potter, ma anche Mank e L’ora più buia, dove la sua interpretazione di Winston Churchill gli è valsa l’Oscar, ha vissuto la sua ora più luminosa di fronte ai ragazzi del Giffoni Film Festival, dove ha ritirato il Premio François Truffaut. E si è aperto a confessioni personali, commuovendosi quando ha ricordato cosa l’ha spinto a recitare: «Non sono un attore che segue il metodo», ha detto ai maggiorenni della giuria Impact, «ma quando Francis Ford Coppola mi ha chiesto per una scena di Dracula (di cui ricorre il trentennale, ndr.) di inondare il set di lacrime, ho pensato alla sensazione di abbandono che ho provato a 7 anni quando mio padre ha lasciato mia madre per andare a vivere con un’altra donna. Solo da adulto ho capito quanto è complessa la vita, e che ci si può innamorare diverse volte, ma quell’emozione è ancora vivida dentro di me. Anche se usarla per il mio mestiere dimostra che si può trovare qualcosa di buono anche nei traumi».
Come e quando è iniziato il suo rapporto con il cinema?
«A 5 anni, le mie sorelle maggiori mi portarono a vedere A Hard Day’s Night (in Italia uscito come Tutti per uno, ndr) e siccome avevano comprato il 45 giri dei Beatles, lo ascoltavo rallentandolo a 33 giri per imparare le parole. Al cinema ho cantato a squarciagola le canzoni e loro si vergognavano».
È stato quel film a convincerla a diventare attore?
«No, quella folgorazione è avvenuta quando ho visto in tv Luna arrabbiata: appena è apparso Malcolm McDowell è come se si fosse accesa una luce nel buio e ho capito che volevo fare anche io quel mestiere. Poi ho avuto la fortuna di conoscerlo e gliel’ho detto. Ancora adesso a ricordarlo mi commuovo».
Lei ha girato oltre 70 film in40 anni di carriera. Quale considera il momento di svolta?
«Sono stato fortunato perché è arrivato molto presto: nel 1986 con Syd e Nancy, ho interpretato il leader dei Sex Pistols Syd Vicious, ruolo che mi ha dato una certa popolarità, e poi per puro caso subito dopo ho incarnato il drammaturgo Joe Orton in Prick Up – L’importanza di essere Joe. Erano due ruoli talmente diversi l’uno dall’altro che ho potuto dimostrare la mia versatilità. E ho iniziato a ad acquisire sicurezza di potercela fare. Sa, questo non è un mestiere facile».
Perché?
«Quando si inizia è come tuffarsi in un oceano di rifiuti. Ti dicono che non vai mai bene per nessun personaggio e devi farti una corazza per resistere ai no e perseverare. Non ti devi arrendere mai».
Le piacerebbe lavorare con un regista italiano?
«Mi piace molto Paolo Sorrentino. Penso proprio che saremmo una bella coppia».
È tornato sul set con Christopher Nolan per il suo Oppenheimer, sul fisico americano che costruì l’atomica, in uscita l’anno prossimo.
«Ho girato un solo giorno di riprese, una pagina e mezza di copione. Ma è stato piacevole perché con Christopher, anche se non siamo amici, ho condiviso il lungo viaggio della saga di Batman. Alla mia età ormai cerco di lavorare a un progetto alla volta, per ricavare il tempo di dedicarmi alle mie passioni: la fotografia, il pianoforte, la lettura. Da giovane passavo da un progetto all’altro e non avevo mai tempo libero per niente. La vita di un attore è sempre con la valigia in mano e non è facile preservare anche le relazioni sentimentali (Oldman si è sposato 5 volte, la seconda con Uma Thurman, e a Giffoni è arrivato con la quinta moglie, Gisele Schmidt, fotografa e curatrice d’arte, ndr): lo si può fare solo se trovi una persona che non è in competizione con te, è disposta a seguirti, supportarti e a occuparsi insieme a te del menage coniugale».
Tra i suoi ruoli più amati dai giovani c’è quello di Sirius Black nella serie di Harry Potter. Molti lo considerano uno dei migliori dell’intera saga.
«Credo derivi dal fatto che ho infuso il personaggio del mio rapporto con Daniel Radcliffe, che all’epoca aveva 14 anni ed era molto intimidito da me. Abbiamo passato molto tempo insieme, ricordo di avergli insegnato un riff di basso, e siamo diventati amici. L’esperienza di Harry Potter è stata bella: come ricordo mi sono portato a casa dal set gli stivali di Sirius».
Lei che ha interpretato Churchill, come crede che affronterebbe l’attuale crisi politica internazionale o quelle che ad esempio hanno fatto cadere i governi Johnson o Draghi?
«Sinceramente non so quale sarebbe la soluzione di Churchill, ma di una cosa sono sicuro: si starà rivoltando nella tomba». —