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 2022  luglio 29 Venerdì calendario

Pure il rossetto di Evita Peron

Oggi negli Stati Uniti si celebra il Lipstick Day, la giornata del rossetto. Berlino ha oltre 170 musei, alcuni straordinari, da non perdere, che ogni anno attirano quasi 17 milioni di visitatori. Se si conosce già la metropoli, e se si ha tempo, si potrebbero dedicare un paio d’ore al Lippenstiftmuseum, parola composta da lippen, labbra, e stift, penna, cioè il rossetto. Un museo privato, aperto da René Koch, il più celebre visagista tedesco, che si visita solo su prenotazione, e in piccoli gruppi, e il biglietto costa ben 30 euro. Una tentazione per feticisti o per nostalgici, ma è un commento maschile. Sono le signore in maggioranza a visitarlo.
Non ho sorelle, solo due fratelli, mia madre, se non ricordo male, non usava il rossetto. Ma al ginnasio e al liceo andavo in una classe mista. Le compagne erano obbligate a indossare un grembiule nero con colletto bianco, i jeans a loro erano proibiti, non dovevano portare i capelli sciolti. Il rossetto sarebbe stato uno scandalo. Per loro era una conquista, la fine dell’adolescenza, insieme con le calze di nylon. Rossetto e calze messi poi al bando dalle femministe fondamentaliste. Ma nel 1912, a New York, Elizabeth Arden scese in strada per distribuire il suo rossetto alle femministe che manifestavano. E le suffragette americane lo adottarono come simbolo della loro lotta. Le donne votarono per la prima volta in Italia il 2 giugno del ’46, ma dovevano presentarsi ai seggi senza rossetto nel timore che potessero segnare le schede e quindi renderle nulle.
Nel 1877, Manet ritrae l’attrice Henriette Hauser come Nana. La giovane si trucca allo specchio, ma usa una crema rossa che sparge con le dita sulle labbra. Il rossetto moderno sta per compiere 150 anni, sarebbe nato sei anni dopo nel 1883, presentato all’Esposizione mondiale di Amsterdam, il Rhodopis serviteur creato da una profumeria parigina. Sarah Bernhardt lo chiamerà Stylo d’amour.
Ma si truccava le labbra anche Cleopatra con una mistura ricavata da coleotteri e formiche. Il rossetto avrebbe in realtà almeno cinquemila anni. Gli antichi romani lo chiamavano purpurissum, e usavano solfuro di mercurio. Nel Medioevo si tingevano le labbra solo le prostitute, e la regina Vittoria lo mise al bando.
René Koch, 77 anni, ha iniziato da Yves Saint Laurent, ha lavorato a Parigi, Londra, New York, si sono affidate a lui Claudia Schiffer, Joan Collins, Hildegard Knef, Jodie Foster e molte altre. Nel museo sono esposti lippenstift moderni, alcuni appartenuti a personaggi come Evita Peron. Non si risale fino alle origini. Le custodie di molti esemplari esposti sono autentici gioielli, in oro, argento, tempestate di zaffiri, smeraldi, diamanti o perle. Alcuni esemplari sono smaltati con motivi Liberty o ispirati alla Pop art. Koch conserva anche 180 fogli con le impronte delle labbra delle sue celebri clienti. Anche quelle di Milva.
Il rossetto diventa popolare grazie al cinema, con i primi film a colori. Le donne imitano Rita Hayworth e Lana Turner, e in Europa Brigitte Bardot. Preferiscono il rosso squillante, aggressivo. Koch iniziò la collezione quando Hildegard Knef gli regalò un suo rossetto e i ritagli dei giornali con la sua pubblicità. Negli anni cinquanta un lippenstift costava un marco e 50, non poco per una ragazza. I nazisti avevano proibito il rossetto alle donne, che dovevano essere solo mogli e madri. I comunisti erano meno puritani, ma le donne della Ddr al di là del muro potevano solo sognare le marche capitaliste: si accontentavano delle marche autocratiche Sküs e Action, che costavano appena 49 centesimi. «Il rossetto è una conquista politica», dice Koch, «ma non solo. Una donna che lo usa attira gli sguardi maschili sette secondi più a lungo».
Il museo si visita su appuntamento per gruppi di almeno dieci visitatori, il mercoledì e il sabato, solo al pomeriggio. Per le signore è riservato un trattamento speciale che comprende Sekt, lo spumante tedesco, caffè o tè, e una fetta di torta.