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 2022  luglio 27 Mercoledì calendario

Come sarà l’Italia della Melonomics?

L’Italia è il Paese che ha maggiormente beneficiato dei programmi di finanziamento di Bruxelles (oltre 230 miliardi tra sussidi e prestiti) e di quelli di acquisto di debito pubblico da parte della Banca centrale europea (circa 300 miliardi). Senza questi interventi far fronte alle crisi pandemica, energetica ed economica sarebbe stato ben più complicato. Nei prossimi mesi, le istituzioni europee continueranno a giocare un ruolo di prim’ordine. Sia per i sostegni agli Stati in difficoltà sia per i possibili sviluppi in termini di rafforzamento dell’Unione. Sotto quest’ultimo aspetto, i dossier sul tavolo sono molteplici. Si va dal completamento dell’Unione bancaria alla riforma del Patto di Stabilità e Crescita, solo per citare quelli con valenza strettamente economica. Capire quale sia l’opinione dei nostri leader è cruciale. A cominciare da quella sull’appartenenza all’euro, un tema fondamentale per valutare i candidati alla guida del Paese.
Chi ha sostenuto il governo uscente non dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) avere dubbi circa il posizionamento dell’Italia. L’irreversibilità della moneta unica è stato uno dei punti fondanti del discorso d’insediamento di Mario Draghi. Resta, quindi, da capire il pensiero di chi è stato all’opposizione come Giorgia Meloni. In un lasso di tempo relativamente breve, la leader di Fratelli d’Italia ha rivisto in modo radicale il suo pensiero. Solo cinque anni fa, il 31 gennaio del 2018, Meloni spiega in una trasmissione su La7 che «l’euro è una moneta sbagliata». E, pertanto, è necessario preparare un piano per uscire. Attenzione, però. L’uscita non deve essere «unilaterale» bensì «controllata e concordata». Controllata «da chi» e concordata «con chi» non viene spiegato. Così come non vengono forniti dettagli su che cosa accadrebbe una volta fuori dall’Unione monetaria: si torna alla Lira, si stampa una nuova moneta, si creano unioni con altri Paesi? Nessuna indicazione. Tre anni dopo, Meloni cambia idea. Sempre su La7 – il 3 marzo 2021 – dichiara che non intende più lasciare dall’euro. «Tuttavia», precisa «la moneta unica non va bene per tutti». Alcune economie soffrono più delle altre, a cominciare da quella italiana. Servono «meccanismi di compensazione». Come attuarli? Semplice: attraverso il «debito europeo». Il passaggio da «usciamo ma in modo coordinato» a «restiamo ma pagano gli altri» è indubbiamente una dimostrazione di realismo. Tuttavia, questa evoluzione contiene due errori. Il primo riguarda l’analisi. Meloni ritiene che il nostro Paese sia stato penalizzato dall’euro. Eppure, la stessa moneta viene adotta anche da economie più povere come il Portogallo o la Slovacchia che crescono più di noi. C’è da chiedersi se le nostre debolezze non siano – piuttosto – ascrivibili all’inazione degli esecutivi che si sono succeduti negli ultimi venti anni e a cui ha partecipato anche la stessa Meloni. La conseguenza delle mancate riforme e degli scarsi investimenti è stata la creazione di un sistema economico poco competitivo, che non attrae capitali e talenti, decisamente non inclusivo. Il secondo errore riguarda la soluzione. Secondo il capo di Fratelli d’Italia, gli Stati penalizzati dall’adesione all’euro devono essere compensati con debito europeo che può essere utilizzato per finanziare gli investimenti. Tale schema presuppone che vengano compiuti progressi dal punto di vista dell’integrazione fiscale. Questa non è, però, l’Europa che ha in mente. «Non credo nell’attuale costruzione perché io voglio andare verso un sistema confederale» ha spiegato sempre durante la trasmissione televisiva. Che cosa significa? Secondo Meloni, Bruxelles dovrebbe occuparsi delle «grandi materie politiche», lasciando «quelle burocratiche e finanziarie alla sovranità degli Stati». Nello specifico, una scelta come quella relativa all’utilizzo delle risorse finanziate con debito europeo dovrebbe spettare unicamente ai governi nazionali. Un simile approccio comporta una piena compartecipazione dei rischi senza, tuttavia, una condivisione delle decisioni. Con il Next Generation Eu, l’Europa ha deciso di andare in direzione opposta. Ossia prestiti europei in cambio di progetti comuni approvati insieme. Nell’eventualità di vittoria, Meloni dovrà convincere gli altri leader, soprattutto i creditori, a fare marcia indietro. Non un’impresa facile. —