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 2022  giugno 13 Lunedì calendario

Biografia di Olaf Scholz

Olaf Scholz, nato a Osnabrück (Bassa Sassonia, all’epoca Repubblica Federale Tedesca) il 14 giugno 1958 (64 anni). Politico. Cancelliere federale tedesco (dall’8 dicembre 2021). Già vicecancelliere e ministro delle Finanze (2018-2021) e ministro del Lavoro e degli Affari sociali (2007-2009). Parlamentare federale (dal 26 ottobre 2021; già dal 1998 al 2001 e dal 2002 al 2011). Già sindaco di Amburgo (2011-2018). «È in grado di fare la cancelliera» (frase stampata sui suoi manifesti elettorali del 2021) • «È nato nel 1958 a Osnabrück, una delle due città tedesche dove venne firmata la Pace di Vestfalia, il trattato che nel 1648 chiuse la Guerra dei trent’anni. […] È cresciuto ad Amburgo, dove suo padre faceva il commerciante di tessuti e dove si è laureato in Legge, superando poi l’esame da avvocato e specializzandosi nelle cause di lavoro. Ha cominciato a far politica molto giovane: non aveva ancora vent’anni quando nel 1975 entrò negli Jusos, i giovani socialdemocratici da sempre alla sinistra del partito, convinto con loro che bisognasse “superare il sistema capitalistico”» (Paolo Valentino). Vicepresidente federale degli Jusos dal 1982 al 1988, Scholz abbandonò poi l’organizzazione giovanile per iniziare la scalata ai vertici del Partito socialdemocratico di Germania (Spd). «Negli anni Novanta sarà segretario di zona nel partito, mentre dal 2000 al 2004 è segretario della Spd ad Amburgo. Nel 1998 viene eletto per la prima volta al Bundestag, e rimarrà parlamentare negli anni a venire, seppur con alcune pause. Nel 2001 entra nel governo della città di Amburgo (che costituisce un Land a sé) ed è eletto nella direzione nazionale della Spd (una carica che abbandonerà solo nel 2019, in seguito all’ultimo congresso). Dal 2002 al 2004 è Generalsekretär, una carica equiparabile a quella del responsabile dell’organizzazione nei partiti italiani, da cui si dimette nel 2004 a seguito delle dimissioni di Gerhard Schröder» (Luigi Daniele). In quel periodo, «dopo aver abbandonato le barricate anticapitaliste dei tempi degli Jusos, da segretario generale faceva parte della cerchia di dirigenti più vicini a Schröder. […] Al fianco di Gerhard Schröder ha riformato in maniera profonda il mercato del lavoro tedesco. […] Era uno di quelli che portavano avanti con maggior entusiasmo la “Basta-politik”, l’atteggiamento sprezzante e poco disponibile al dialogo con cui il “cancelliere Brioni” Schröder e i suoi governavano il partito (e il Paese). […] In mezzo alle turbolenze del partito, il segretario generale aveva anche l’ingrato compito di […] tenere a bada i compagni critici e affrontare la stampa, che rimproverava al cancelliere votatosi a politiche economiche liberiste di aver sbagliato partito» (Lisa Di Giuseppe). «Diversamente dai suoi anni giovanili, Scholz appartiene in quegli anni all’ala più centrista del partito, cosa che, unita alla sua rilevanza sempre maggiore tra i socialdemocratici, gli permette di entrare nel primo governo Merkel, divenendo dal 2007 al 2009 ministro per il Lavoro e gli Affari sociali. Si tratta della prima esperienza davvero nazionale per Scholz, che inizia a essere conosciuto in tutta la Germania e a consolidare il suo ruolo nel partito. Divenuto ormai vicesegretario della Spd, nel 2011 viene candidato ed eletto sindaco di Amburgo, carica che ricoprirà fino al 2018. […] Gli anni da sindaco […] sono caratterizzati dal tentativo di rendere Amburgo più “sociale” attraverso la creazione di nuovi alloggi, la diminuzione delle tasse per scuole e asili e maggiori investimenti sui trasporti pubblici» (Daniele). «La performance fu buona, […] ma oscurata, sul finale, dalla pessima gestione del G20 del 2017, in cui gli scontri tra la piazza e le forze di polizia fecero il giro del mondo e gli amburghesi, che si aspettavano un evento all’altezza della tradizione cittadina, rimasero profondamente delusi. “Scusarsi non è un segno di debolezza”, disse Scholz davanti al Senato locale dopo essersi coperto il capo di cenere per l’accaduto. Fu apprezzato il gesto, ma giusto quello» (Francesca Sforza). In vista delle elezioni federali del 24 settembre 2017, «l’intelligenza politica di Scholz è stata quella di lavorare accanto e lontano dal leader del suo partito, Martin Schulz. Scholz ha criticato la linea di Schulz e non ha fatto campagna elettorale per marcare la distanza con una strategia che considerava fallimentare. Ha avuto ragione: l’Spd ha registrato il peggior risultato dal dopoguerra, poco più del 20 per cento dei voti; ma nel disastro Scholz vince» (Angela Manganaro). Il 14 marzo 2018, infatti, Scholz divenne vicecancelliere e ministro delle Finanze del governo Merkel IV. «Il 2018 è un anno centrale per lui, […] anche perché viene nominato commissario per la Spd dopo le dimissioni di Martin Schulz. Cesserà di esserlo poco dopo, con l’elezione di Andrea Nahles come prima segretaria nazionale dei socialdemocratici, ma la breve durata della segreteria di quest’ultima darà a Scholz l’opportunità di candidarsi alla guida del partito (in duo con Klara Geywitz). Il congresso del 2019 rappresenta uno spartiacque tanto per Schulz quanto per la Spd nel suo complesso: nonostante l’ex sindaco di Amburgo sia dato per favorito, infatti, il congresso vede a sorpresa la vittoria del duo formato da Norbert Walter-Borjans e Saskia Esken. Il congresso è dominato dal dibattito sulla Große Koalition, verso cui la base Spd è sempre più insofferente, e i nuovi segretari apertamente critici. Scholz finisce con l’essere visto (non senza qualche argomento) come il candidato dell’establishment e del proseguimento dell’intesa con la Cdu (che in realtà proseguirà senza rotture, visto che la nuova segreteria decide di non uscire dal governo)» (Daniele). «Da ministro delle Finanze, ha mostrato la disponibilità a ricorrere alla spesa pubblica nei momenti in cui è necessario e ha guidato le decisioni prese dall’Ue di fronte alle devastazioni economiche della pandemia, che hanno portato la Germania ad allentare il dogma dell’austerità che aveva seguito il suo predecessore alle Finanze, il conservatore Wolfgang Schäuble» (Roberto Brunelli). «L’emergenza Covid ha tirato fuori il meglio di lui: il virus gli è passato accanto senza infettarlo, e a forza di trascorrere il tempo nei talk show nazionali per rassicurare la popolazione sulle misure prese dal governo ha guadagnato in spigliatezza, lasciandosi alle spalle quel tratto freddo e legnoso che i suoi avversari definivano arrogante. […] È stato tra gli ideatori del progetto “Sure”, poi fatto proprio dalla Commissione europea, e tra i sostenitori dell’accesso alla linea di credito del Mes» (Sforza). «Porta soprattutto la firma di Scholz, prima ancora di quella di Merkel, il bazooka da 353 miliardi di euro, finanziato in deficit, che ha permesso all’economia tedesca di sopravvivere allo tsunami della pandemia» (Valentino). «Ad agosto 2020, […] la nuova leadership decide di puntare su di lui per la corsa alla cancelleria. Non è tuttavia da escludere che, in un partito in aperta crisi com’era la Spd in quel momento, la candidatura di Scholz fosse anche un modo per liberarsi di uno scomodo rivale» (Daniele). «Scholz ha preso la guida del partito socialdemocratico nel suo punto più basso. Quando […] ha annunciato la corsa per la cancelleria, la popolarità della Spd era al 14 per cento, il minimo storico» (Di Giuseppe). «Affidabilità, competenza, pragmatismo, piedi per terra, lungo respiro sono stati gli ingredienti di una ricetta personale, al cui successo hanno fortemente contribuito anche la debolezza strutturale e gli errori dei suoi avversari, il cristiano-democratico Armin Laschet e la verde Annalena Baerbock. Ma il segreto non segreto di Olaf Scholz in questa campagna elettorale è stato quello di essere riuscito a incarnare agli occhi dei tedeschi, spauriti e resi incerti dall’uscita di scena della donna che li ha protetti per 16 anni, una sostanziale continuità con Angela Merkel, quasi ne fosse l’erede naturale. Nei comizi, nei duelli televisivi, nelle interviste, Scholz non ha parlato come uno che volesse diventare cancelliere, ma come uno che lo fosse già. E in fondo, pur venendo da due storie personali opposte e appartenendo a due universi politici differenti, lui e Merkel si assomigliano: stessa assenza di retorica, stesso approccio intellettuale, stessa cautela nell’azione di governo. […] La parola chiave del messaggio di Olaf Scholz è stata “rispetto”. “La pandemia – ha detto – ci ha mostrato su quali spalle si appoggia la nostra società: quelli che lavorano duramente ma ricevono pochi benefici dalla crescita economica”. […] Nasce da questo retroterra la proposta centrale del suo programma, l’aumento del salario minimo da 9,60 a 12 euro l’ora, che Scholz ha indicato come condizione irrinunciabile per qualsiasi governo da lui diretto, come pure l’aumento delle aliquote per le fasce di reddito più alte: “Con il mio stipendio da deputato, anche io dovrei pagare più tasse”, ripete. Ancora, Scholz propone un programma edilizio pubblico da 400 mila nuovi appartamenti l’anno, di cui 100 mila a equo canone, e una riforma tesa a stabilizzare le pensioni» (Valentino). Alle elezioni federali del 26 settembre 2021 Scholz, col 25,7% dei consensi ottenuti dalla Spd, riuscì a prevalere su Armin Laschet, fermo al 24,1% di Cdu/Csu, e dopo aver costituito una coalizione di governo con i Verdi e il Partito liberaldemocratico, l’8 dicembre successivo divenne cancelliere federale. La sua immagine iniziò tuttavia ad appannarsi molto rapidamente, tanto in patria quanto all’estero, soprattutto in seguito alla deflagrazione della guerra russo-ucraina (24 febbraio 2022), rispetto alla quale, pur avendo annunciato lo storico riarmo della Germania in una prospettiva di difesa europea e avendo più volte dichiarato il proprio sostegno all’Ucraina, è spesso parso ondivago quando non ambiguo. «C’è la Germania, motore della nostra Europa, che si riscuote preoccupatissima di fronte all’aggressione della Russia dall’illusione in cui si era cullata, e ci aveva cullati, cioè che Putin potesse essere persuaso, con il mercato e i commerci, a convivere pacificamente con l’Occidente. E dentro la Germania c’è Olaf Scholz, un socialdemocratico di apparato a capo di una coalizione inedita, […] l’eredità della cancelliera Merkel da metabolizzare e trasportare in una nuova fase, e poi ora la guerra, il riarmo, l’indipendenza energetica da costruire, i tabù storici da violare. Fin dall’inizio del conflitto, ci siamo chiesti: e la Germania? Sembra che Scholz si muova per inerzia nel solco dell’attivismo anglo-americano, ogni tanto si ferma poi riparte, un po’ diesel e un po’ freno, e come spesso accade quando si è costretti a navigare a vista finisce per prendersi i fischi dei pacifisti, i fischi dei falchi, i fischi degli oppositori e pure dei suoi» (Paola Peduzzi e Micol Flammini). «La luna di miele di Scholz e dei socialdemocratici con gli elettori tedeschi sembra già storia remota. […] Colpa anche delle estreme difficoltà legate alla guerra ucraina e alla dipendenza della Germania dall’“oro nero” in arrivo dalla Russia, da cui Berlino promette di rendersi autonoma “entro l’anno”. Narrano che in cancelleria Scholz non l’abbia affatto presa bene, quando, con riferimento alla crisi ucraina, ha sentito qual è il nuovo soprannome che gli è stato affibbiato: “Oil of Olaf”» (Brunelli). «Olaf Scholz non parla. Sussurra. Succede spesso che, nelle telefonate con i colleghi europei, questi debbano chiedere al cancelliere di ripetere ciò che ha appena detto. È un dettaglio. Ma che sembra rendere plasticamente la cautela e il passo felpato che sono la cifra caratteriale del leader tedesco. […] La percezione che Olaf Scholz sia in affanno rispetto alle sfide del suo incarico emerge soprattutto in Europa, dove la Germania non sembra al momento in grado di esercitare la leadership che le era propria nella lunga stagione di Angela Merkel» (Valentino) • «Diversi tonfi politici hanno […] segnato la carriera pubblica di Olaf Scholz: i disordini che misero a ferro e fuoco Amburgo durante il G20 del 2017 e che l’allora borgomastro non seppe né prevedere né impedire, la truffa e il fallimento della società di servizi finanziari Wirecard consumatisi sotto il naso delle autorità federali e il suo ruolo mai chiarito nello scandalo CumEx, quando da sindaco incontrò i dirigenti della banca Warburg, che aveva frodato il fisco cittadino per 47 milioni di euro. Scholz si è sempre dichiarato estraneo ai fatti, e in verità non è mai stato indagato. Ma, […] nonostante il tentativo di Armin Laschet di usarli nel fuoco della campagna elettorale, questi episodi non sembrano aver pesato sul giudizio popolare» (Valentino) • «L’impegno pubblico è stato per lui una passione totale, al punto da coincidere anche con la sua vita sentimentale: è nel partito che Olaf Scholz ha conosciuto Britta Ernst, anche lei dirigente socialdemocratica, che ha sposato nel 1998, scegliendo insieme di non avere figli. Oggi Ernst è ministra per l’Istruzione nel Brandeburgo, il Land dove la coppia si è trasferita dopo gli anni amburghesi» (Valentino) • Al momento del suo insediamento ufficiale quale cancelliere, l’8 dicembre 2021, Scholz «ha pronunciato la formula del giuramento senza l’invocazione finale “con l’aiuto di Dio”. Scholz ha avuto un’educazione protestante, con battesimo e cresima, ed era membro della Chiesa evangelica, da cui però è uscito anni fa. Per questo […] Scholz è anche il primo cancelliere della storia tedesca “konfessionslos”, senza una confessione. […] Il neocancelliere si riconosce però nelle sue radici protestanti: “Il nostro Paese e anche io siamo forgiati nel credo cristiano”, e ciò si riflette anche “nell’etica del lavoro cristiana”» (Flaminia Bussotti) • «Della vita privata di Scholz si sa molto poco: […] ha infatti eretto un muro a difesa della propria sfera personale. Si sa che fa molto sport: canottaggio e corsa. Che ama cucinare e coltiva passioni come la letteratura, il cinema e l’arte. Pochi politici sono in grado di discutere approfonditamente come lui di Musil e dei fratelli Mann. Non si perde un film d’autore, che vede non appena è in sala. E non rinuncerebbe per nulla al mondo al viaggio a Kassel, per l’appuntamento quinquennale con Documenta, una delle più importanti manifestazioni internazionali d’arte contemporanea. Ultimo dettaglio, ama le auto veloci» (Valentino) • «Quando, […] mentre la sua Spd navigava ancora negli abissi del 15%, gli chiesero perché non provasse a essere più emotivo, cercando di entusiasmare gli elettori, Olaf Scholz rispose: “Mi candido a cancelliere, non a direttore del circo”. La frase riassume bene il carattere dell’uomo. […] Sempre così serio e zen, tanto da essersi meritato il soprannome di Scholzomat, proprio per la noiosissima e quasi robotica cantilena con cui […] difendeva le riforme impopolari di Gerhard Schröder. Non ha mai brillato per carisma, Olaf Scholz» (Valentino). «Austero, e addirittura presentato come “l’incarnazione della noia in politica”» (Brunelli). «È un virtuoso nell’arte di incassare. Ha perfezionato la pratica in quarant’anni di attività politica passati diligentemente in seconda fila. Non è mai stato amato dalla base, dai compagni, dalla stampa, dal popolo: ed è comunque rimasto al suo posto. […] In molti gli attribuiscono il merito di non subordinare le proprie scelte al consenso, confidando che prima o poi i sondaggi premieranno la coerenza sui temi» (Di Giuseppe) • «Signor cancelliere, lei è un pacifista? “No”. Perché no? “Nel mondo in cui viviamo, è necessario garantire la propria sicurezza anche con una adeguata capacità di difesa”. […] Esiste una sua personale linea rossa che Putin non deve superare? “Dobbiamo confrontare ogni giorno i nostri princìpi con la realtà. Ma i princìpi non cambiano, di fondo: affrontiamo con tutti i mezzi a nostra disposizione la terribile sofferenza che la Russia sta causando all’Ucraina, senza creare però un’escalation incontrollabile che scateni un male incommensurabile in tutto il Continente, forse anche nel mondo intero”» (Melanie Amann e Martin Knobbe) • «Va detto, per comprendere questo Olaf Scholz cunctator, che questa politica di profilo basso, bassissimo nelle crisi internazionali – fatto salvo il periodo in cui agli Esteri vi era Joschka Fischer, che mandò la Luftwaffe a bombardare Belgrado – è in piena continuità con i 16 lunghi anni del cancellierato di Angela Merkel. Ancor più sul terreno dell’impegno militare diretto della Germania. Nel suo lungo cancellierato, la Merkel ha sempre ricercato un ruolo defilato dalle aree di crisi, ha privilegiato un suo ruolo di mediazione, di basso profilo. Fino a commettere un errore fatale, perché non ha affatto gettato, come doveva e poteva, tutto il peso della Germania nell’implementare gli accordi di Minsk tra Russia e Ucraina sul Donbass, dei quali era garante, e ha lasciato che la situazione si incancrenisse. Con il risultato che vediamo. Scholz, in modo sbiadito, segue la sua traccia. […] Pare sempre più chiaro che, registrato il fallimento pieno della politica mercantilista di Angela Merkel, così come di tutta la sua politica estera imperniata sull’apertura di rapporti intensissimi con la Russia e la Cina, si è aperta una fase di totale vuoto strategico della Germania. Rivelatasi fallimentare la pluridecennale Ostpolitik, a Berlino si è aperto un vuoto di strategie, di iniziative, di visione. Scholz, anche per scialbo carattere personale, appare sempre più solo come uomo del rinvio e del no. Il tutto condito con un più che lecito sospetto che questa politica attendista abbia un solo significato: non irritare Vladimir Putin nel timore di ritorsioni energetiche che metterebbero in crisi totale le esportazioni tedesche e la iper-produzione di merci, vero totem teutonico» (Carlo Panella).