21 giugno 2022
Tags : Carlo “Carlìn” Petrini
Biografia di Carlo “Carlìn” Petrini
Carlo “Carlìn” Petrini, nato a Bra (Cuneo) 22 giugno 1949 (73 anni). Gastronomo. Sociologo. Scrittore. Attivista. «Prendete un ragazzone delle Langhe. Fatelo pascolare sulle sponde del Tanaro al ritmo di vecchi canti popolari. Quando è cresciuto bello robusto, aggiungete un pizzico di barricate anni Settanta, un cucchiaio di giornalismo militante e due etti di libri di enogastronomia. Cuocete una prima volta sulla fiamma viva delle zingarate di provincia e una seconda sul fuoco lento della biodiversità. Annegate il tutto in una botte di Barolo. Verrà fuori Carlo Petrini, fondatore del movimento Slow Food» [Vittorio Zincone, Corriere della Sera Magazine].
Titoli di testa «La mia levatrice si chiamava Gola, madama Gola, e dunque, in fondo, non ho fatto altro che dare retta al destino».
Vita «Io sono figlio di un’ortolana cattolica e di un ferroviere comunista, la terra e il viaggio evidentemente ce l’ho nel sangue» • A Enrica Caretta però dice «Mamma Maria dirigeva un asilo nido; mio padre, Giuseppe, era elettrauto» [marie claire] • «I miei mi sono sempre stati vicini, ma senza impormi le loro idee» [ibid.] • Scuole? «Istituto tecnico. Alla maturità il professore di Meccanica mi disse: “Ti promuovo se giuri che non farai il perito”. Giurai. E mi iscrissi a Sociologia. A Trento». La facoltà barricadera. «Ricordo Mauro Rostagno e Marco Boato». Che poi divennero dirigenti di Lotta Continua. «Io ero di Avanguardia proletaria maoista». Mai tirato il sampietrino della contestazione? «Mai e poi mai». Non è che spunta la foto? «La foto? Sì, in osteria. Avevo altro per la testa. Ero studente lavoratore. Facevo il rappresentante di commercio: vendevo detersivi e cioccolata. Quella fu una grande scuola di affabulazione» [Zincone, cit.] • «Per quello che ho fatto nella vita conta di più la formazione nell’associazionismo cattolico. Da ragazzo facevo attività con la San Vincenzo. Nel 1966 ho organizzato la prima raccolta di stracci in Italia. Leggo che in Francia l’Abbé Pierre ha avuto questa idea per aiutare i poveri. Durante una vacanza con degli amici lo andiamo a trovare e ci mettiamo all’opera. Cosa non usciva da quelle cantine… roba che era lì da inizio secolo. Poi c’è stata Firenze, volontario per aiutare dopo l’alluvione, poi la stessa cosa a Nizza Monferrato» [a Pietro Cheli, Gioia] • «Quando ero giovane qui a Bra di me dicevano: “È un comunista, sì, ma è una brava persona”. La politica non sempre coglie il pragmatismo di certi strati sociali, si illude che tutto sia riconducibile a una questione ideologica. Se fai le cose giuste e sensate e se le fai bene, non serve rincorrere slogan vuoti» [a Roberta Scorranese, cit.] • Nel 1975 viene eletto consigliere comunale per la lista del Partito di Unità Proletaria a Bra: Il giorno delle amministrative si presentò al seggio la nostra concittadina Emma Bonino: si voleva fare arrestare per la sua battaglia sull’aborto. I carabinieri dicevano: “Ma perché dovremmo metterla dentro?”. Alla fine la presero e lei venne immortalata accanto a un maresciallo mentre fa il segno del potere femminile» [Zincone, cit.] • Un solo mito: «Mio nonno, Carlin, macchinista ferroviere, socialista. Nel 1922 venne licenziato perché aveva partecipato a uno sciopero. I macchinisti erano l’élite della classe operaia» [Cheli, cit.] • Il suo primo ricordo gastronomico? «La zuppa al latte di mia nonna. Ora non si può più fare, non c’è più lo stesso latte, ma mi ha lasciato il gusto dei piatti a base di pane raffermo» [Enrica Carretta, marie claire] • Nel 1975 con Citi, Chiesa e Ravinale fonda Radio Bra Onde Rosse «Dopo aver comprato un radio baracchino al mercato di Livorno, io e i miei amici Azio Citi e Giovanni Ravinale, il 17 giugno 1975 diamo vita alla prima radio non commerciale in Italia: Radio Bra Onde rosse. Come sigla alternavamo l’Internazionale e Pablo di Francesco De Gregori. Eravamo clandestini. A luglio ci chiusero. E ci sequestrarono la radio» [Zincone, cit.] • «Ce la chiusero due volte. Fino a che non la riaprimmo e chiamai Dario Fo per avere sostegno. Dario e Franca Rame rimasero qui con noi quindici giorni, poi arrivarono anche Benigni e Guccini». Fu allora che divenne amico di Dario Fo? «Sì, un legame durato quasi mezzo secolo. Ci facevamo continuamente gli scherzi, una volta lui e una volta io. Poi quando lui morì, mi chiamò il figlio dicendomi che prima di spirare Dario gli aveva confessato una delle sue ultime volontà: ai funerali l’unico autorizzato a prendere la parola sarei stato io. Di colpo capii: quello sarebbe stato il primo vero funerale laico di fronte al Duomo di Milano, con migliaia di persone, tra fan, amici, personaggi e autorità internazionali. Insomma, Dario mi aveva voluto giocare l’ultimo, micidiale scherzo. Mi misi a ridere forte e gliene dissi quattro» [Scorranese, CdS] • Dal 1977 si occupa di enograstronomia, con Stefano Belli dà vita al Gambero Rosso, all’epoca inserto del manifesto: «Dopo aver organizzato la rassegna di musica popolare Canté j’euv, ero entrato nella direzione nazionale dell’Arci. Il leader era Enrico Menduni. Gli proposi di creare Arcigola. Erano gli anni in cui da quell’associazione sbocciava pure la Legambiente di Ermete Realacci […]. Nel 1986 faccio un viaggio di studio in Borgogna. Scopro come i francesi mettono in rete la cultura del cibo. In quei mesi le Langhe erano in crisi da metanolo. C’erano produttori disperati. La gente piangeva per strada. Stefano Bonilli venne in Piemonte a seguire il caso. Era inviato della trasmissione Di tasca nostra. Con Arcigola lo premiammo. Poi, dato che tutti e due collaboravamo col manifesto, ci venne l’idea di un inserto sul vino e sulla cucina: il Gambero rosso. Quel nome venne fuori perché durante il viaggio per arrivare nelle Langhe, Stefano si era fermato a San Vincenzo nel ristorante il Gambero rosso di Fulvio Pierangelini» [ibid] • Ogni articolo che parla del movimento Slow Food ne associa l’invenzione, il moto ispiratore decisivo, alla reazione per l’apertura di un McDonald’s in piazza di Spagna a Roma nell’86 • È il 3 novembre 1987, quando il Manifesto pubblica Il manifesto dello slow-food: «“Contro coloro, e sono i più, che confondono l’efficienza con la frenesia, proponiamo il vaccino di una adeguata porzione di piaceri sensuali assicurati, da praticarsi in lento e prolungato godimento. Da oggi i fast-food vengono evitati e sostituiti dagli slow-food, cioè da centri di goduto piacere. In altri termini, si riconsegni la tavola al gusto, al piacere della gola» • Chi scrisse materialmente quelle parole? «Fu, poeticamente, Folco Portinari, che intercettò non solo la contrapposizione gastronomica con il “fast food” allora dominante, ma qualcosa in più: la lentezza come filosofia. Erano gli Anni 80 degli yuppies, la frenesia veniva contrabbandata come modernità… Noi la pigliavamo con più calma…» [a Stefani Caselli, Fatto] • Il 9 dicembre 1989 a Bra viene fondato il Movimento Internazionale Slow Food • «Con i miei amici vado ancora a “cantare le uova”: prima di Pasqua si va per cascine a cantare e a salutare le famiglie dei contadini che in cambio ti danno le uova. Poi ci si fa una frittata e si mangia tutti insieme. Ecco come è nato Slow Food. Ecco perché mi viene da ridere quando pensano che dietro ci sia stato chissà quale business plan. Esageròma nen» [Scorranese, cit.] • Il suo movimento ha contribuito a fondare migliaia di orti in tutto il mondo, tra cui quello di Gezi Park • Nel 2003 fonda l’università di Pollenzo grazie a Letizia Moratti. «da ministra mi ha permesso di aprire l’Università della Gastronomia. E Enzo Ghigo, ex presidente della Regione Piemonte». Da lui ha preso i soldi per l’Università e la Banca del Vino e poi durante la campagna elettorale per le Regionali ha appoggiato la sua avversaria Mercedes Bresso. «Mica potevo rinnegare le mie idee per Ghigo» • Dal 2004 Terra Madre (incontro della comunità mondiale del cibo): «Nasce dai Premi Slow Food: venivano contadini da ogni parte del mondo, parlavano lingue diverse ma dopo mezz’ora, magari a gesti, cominciavano a comunicare, mettevano a confronto le loro culture materiali, erano felici. All’inizio erano un centinaio, i loro nomi e le loro storie, assolutamente straordinarie, erano segnalati da una giuria di ottocento giornalisti sparsi nei vari continenti. Al Premio venivano anche loro, gli ottocento giornalisti, tutti grandi amici, per carità. Però mi sono chiesto se invece di invitare ottocento giornalisti e cento contadini non fosse il caso di invertire le proporzioni» • «La data di svolta è il 2004, l’anno della prima Terra Madre a Torino. Da quel momento abbiamo capito che la gastronomia avrebbe potuto diventare uno strumento di riscatto anche in paesi dove si soffre la fame. Fino al 2004 eravamo solo in paesi con la pancia piena, il movimento Slow poteva essere associato a un’élite riservata e benestante. Nella logica gastronomica di trent’anni fa i concetti di biodiversità e giustizia erano ancora impensabili. Oggi, invece, la nostra non è più una battaglia per il cibo d’élite, ma per il cibo quotidiano. È finito il tempo della vecchia gourmandise che pensava solo al suo piatto, anche in Italia. Le nostre sfide oggi sono la difesa dell’ambiente, la lotta alla cementificazione, la promozione di un nuovo patto tra agricoltura e territorio che ponga rimedio al dissesto idrogeologico ormai evidente, anche perché le conseguenze del cambiamento climatico sono inimmaginabili se non invertiamo rotta» [a Caselli, cit.] • Conosce il principe Carlo d’Inghilterra: «È venuto a Pollenzo. Durante la manifestazione Terra madre: un meeting con cinquemila contadini di tutto il mondo» [Zincone, cit.] • «La sera poi accettò di venire con noi in un’osteria di Verduno, qua vicino. Il suo staff era stato rigoroso: il protocollo di Sua Altezza prevede che alle dieci e mezza di sera lui stia a letto e bla bla bla. Morale: all’una di notte stavamo ancora a tavola a ridere e a mangiare. Alla fine mi disse: “Petrini, questa è stata una delle serate più belle della mia vita”. Gli risposi: «Maestà, ma che vita avete fatto finora?”» [Scorranese, CdS] • Nel 2005 pubblica Buono, pulito e giusto • Nel 2004 viene inserito da Time Magazine tra gli “eroi del nostro tempo” nella categoria Innovator. Nel 2007 premiato in Francia dall’associazione Traditions & Qualité – Les Grandes Tables du Monde (prima volta che il riconoscimento non è andato a uno chef o a un ristorante). Unico italiano inserito nel gennaio 2008 dal quotidiano inglese Guardian tra le 50 persone che «potrebbero salvare il pianeta» • Nel 2007 membro del Comitato nazionale del Pd: «Nel Comitato mi ci ha voluto Piero Fassino. Mi chiamò mentre ero nel North Carolina per un ciclo di conferenze. Con Piero siamo amici da trent’anni» [Zincone, cit.]. Intervistato dalla Stampa ha dichiarato di aver conosciuto solo due politici che leggono i suoi libri, Renzi e D’Alema: «C’è chi lo considera un astuto goliardo e chi lo segue come un guru. C’è chi pensa che sia solo uno che ha trovato il modo di fare affari spilluzzicando leccornie very local e chi gli attribuisce idee che potrebbero cambiare il mondo. Fatto sta che quando Petrini è finito nel Comitato dei 45 saggi che ha deciso le regole per le primarie del Partito democratico, si è aperto un piccolo scandalo: qualcuno l’ha considerato il naturale ingresso di una fetta di società civile nell’ultima stanza ritinteggiata del potere e qualcun altro si è chiesto che diritto avesse di stare lì. I più maligni hanno concluso che la sua presenza era la garanzia che sarebbe finito tutto a “tarallucci e vino”. Lui, che si divide tra Vandana Shiva, la leggenda indiana dell’ecologia sociale e i microcoltivatori delle Langhe, ora considera esaurito il suo ruolo nel Pd [Zincone, cit.] • In prima linea nella battaglia contro gli Ogm • Ha collaborato con l’Unità e La Stampa. Dal 2007 è una firma di Repubblica • Nel giugno 2008 feroce levata di scudi dei docenti della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Università di Torino per la decisione di chiamarlo in cattedra «per chiara fama» (ordinario di Sociologia dell’ambiente e del territorio). Chiara Saraceno: «Come si permettono, i colleghi di Scienze, di far diventare qualcuno sociologo? Noi attribuiamo forse il titolo di fisico?». Franco Garelli: «La sociologia è una scienza, sono perplesso» • Nel 2012 viene indicato da Vittorio Sgarbi come candidato premier del suo movimento politico, nel 2013 da Michele Santoro come possibile ministro per un governo • Amico di papa Francesco: «Sei mesi dopo la sua elezione mi telefonò. “Sono il Papa”, mi disse semplicemente. E cominciammo a parlare di economia, di sostenibilità, di povertà. Parlavamo con naturalezza, tanto lui il piemontese lo capisce. Da allora è iniziato un carteggio fitto. C’è una sua lettera alla quale tengo molto, gliela mostro: vede? È scritta a mano e porta la data del giorno di Natale, diciamo un giorno per lui... lavorativo». Nella lettera il Papa dice che lei l’ha fatta ridere con la storia di sua nonna, qual è? «Mia nonna, cattolicissima di Bra, sposò Carlo Petrini, mio nonno, ferroviere socialista e fondatore del Partito Comunista locale. Quando nel ‘48 i comunisti vennero scomunicati, lui era già morto ma la nonna andò a confessarsi. “Per chi vota lei?” le chiese il prete. E lei rispose che avrebbe votato comunista come il suo povero marito. Il prete le fece notare che non avrebbe potuto darle l’assoluzione. Al che la nonna ci pensò e rispose: “E se la tenga”» [Scorranese, cit.] • Nel 2018 fonda le comunità Laudato si’. Perché chiamarle con il nome dell’enciclica di Papa Francesco del 2015? «È un documento politico di straordinaria valenza. Pone in relazione i disastri ambientali con la distruzione della vita per i più poveri, come prima gli ambientalisti non facevano. Pensavano ai panda, giusto, certo, ma non ai poveri. È l’affermazione dell’ecologia integrale, di quell’educazione a tutelare l’ambiente per difendere al tempo stesso le condizioni di vita dell’uomo» [a Luca Ubaldeschi, Sta] • Cos’è slow? «Una medicina omeopatica che, presa a piccola dosi, fa bene alla salute» [Cheli, cit.] • Nel 2020 pubblica per Giunti Terrafutura. Dialoghi con papa Francesco sull’ecologia integrale: «Sì, ci siamo trovati molto allineati. Anche se io sono agnostico... gliel’ho detto subito, e lui mi ha risposto che sono un agnostico pio, perché provo pietà per la natura» [Alessandra Dal Monte, CdS] • Al Papa poi ha fatto notare che la Chiesa cattolica «ha sempre mortificato il piacere. E il Papa ha fatto un ragionamento straordinario: ha detto che non è così, che il piacere umano è accettato. Il piacere di mangiare serve così ci si mantiene in salute, mentre quello sessuale è fatto per rendere più bello l’amore e garantire la prosecuzione della specie. Mi ha colpito molto. Del resto sua Santità, da vescovo, faceva vedere Il pranzo di Babette, il suo film preferito, ai seminaristi per spiegare il concetto di dono. Non mi sembra poco» [ibid.] • Altri suoi libri: con Gigi Garanzini, In Francia con l’Italia, con Marisa Radaelli e Carlo Leidi, La Morra nel cuore del Barolo, Terra madre. Come non farci mangiare dal cibo, Cibo e libertà, con Stefano Mancuso, Biodiversi, con Gigi Padovani, Slow Food. Storia di un’utopia possibile • Sul lockdown: «Chiusi in casa, le buone pratiche di cucinare sono state quasi obbligate: è uno dei pochi effetti positivi in questa situazione negativa» [ad Arnaldo Greco, Linkista] • «Il gusto è un sapere che gode».
Curiosità «La casa di Carlo Petrini a Bra, in provincia di Cuneo, è una casa concepita per non rimanere mai da soli: stoffe vivaci, foto alle pareti, è concentrata attorno a un salottino con tre divanetti in circolo, come a evocare una ininterrotta e fitta conversazione. Gli amici che sono venuti a prendere il caffè stamattina se ne vanno ridendo e lasciando nell’aria un “Carlìn, stame bin” o un “As veduma”. Perché stammi bene e ci vediamo suonerebbero irrispettosi se rivolti al fondatore di Slow Food, che è diventato uno degli italiani più famosi all’estero proprio grazie alla piemontesità disincantata e pragmatica dell’esageròma nen» [Scorranese, cit.] • Nel suo studio una collezione di chiocciole, simbolo di Slow Food • Come se la cava in cucina? «Male. In genere ci pensa mia sorella. Quando sono solo mi limito a una pasta o a un uovo sbattuto. E mi dispiace. Il mio amico Enzo Bianchi dice che cucinare è una forma di preghiera, e ha ragione». I suoi eccessi alimentari? «Qualche ciucca ogni tanto, ma una volta... Adesso posso forse eccedere alla fiera più bella del mondo, quella del Bue grasso. E il bollito, e il brodo, e le raviole; a un certo punto guardi fuori, è già sera e sei ancora a tavola» [Carretta, cit.]• «Oggi l’obesità non è più frutto dell’abbondanza, ma delle merde che ti mettono nel cibo» • Vino. Bianco o rosso? «Rosso» [Cheli, cit.]. Ma non beve. Al massimo si bagna le labbra. «Ho avuto un guaio al fegato. Ma ora sono anche più raffinato come estimatore di bianchi e rossi» [Zincone, cit.] • «Una volta ho sentito uno che diceva: “In questo Pinot sento il sudore del cavallo in corsa”». E che cosa gli ha detto? «Mavvaf…» [ibid.] • Con tutti i viaggi che fa, non le è mai venuto in mente di imparare l’inglese? «Avrò in casa quattro o cinque corsi. Mai fatto uno. Però sto migliorando tantissimo negli espedienti per farmi capire. È tradurre gli altri che mi manda in agitazione» [Carretta, cit.].
Amori Quante hanno tentato di metterle l’anello al dito? «Una, ma non c’è riuscita. Col senno di poi, mi spiace. È una persona che ho amato moltissimo» [Carretta, cit.] • Nessun figlio? «Che io sappia no» [Cheli, cit.]
Titoli di coda «Seguo il precetto di un vecchio contadino: “Non aspiro a diventare il più ricco del camposanto”».