Anteprima, 27 maggio 2022
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Biografia di Ciriaco De Mita
Ciriaco De Mita (1928-2022). Politico. Già presidente del Consiglio (1988-1989), ministro per gli Interventi straordinari nel Mezzogiorno (1976-1979), ministro del Commercio con l’estero (1974-1976), ministro dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato (1973-1974). Deputato (Dc, Ppi, Dl, Pd; 1963-1994; 1996-2008); europarlamentare (Ppe, 1984-1988; 1999-2004; 2009-2014). Segretario nazionale (1982-1989) e presidente (1989-1992) della Democrazia cristiana. Sindaco di Nusco (dal 2014). «C’è stato un tempo, sul finire degli anni Ottanta, in cui Ciriaco De Mita è stato contemporaneamente segretario della Democrazia cristiana e presidente del Consiglio: praticamente l’uomo più potente d’Italia. Esponente della corrente di sinistra, veniva dalla provincia profonda. Nusco era la sua Macondo. Figlio di un sarto, dopo il liceo si trasferì a Milano, alla Cattolica (1949-1953), in una stagione in cui l’ascensore sociale funzionava meglio di adesso. Eletto per la prima volta alla Camera nel 1963 vi rimase per trent’anni di fila. Avellino aveva già un leader, Florentino Sullo – un democristiano di raro coraggio che aveva sfidato i palazzinari – De Mita alla fine degli anni Sessanta lo sconfisse e ne prese il posto. Nel 1969 divenne vicesegretario della Dc, quattro anni dopo per la prima volta ministro, all’Industria. Per quarant’anni la Dc resse le sorti del Paese. Sembrava immutabile, un monolite invincibile. De Mita la sintetizzò così durante una visita in Guatemala: “Un partito di centro con una grande rappresentanza popolare. Sul piano economico siamo per il libero mercato e la libera iniziativa. Ma quando questo tocca gli interessi popolari c’è l’intervento equilibratore del governo”. La definizione è riportata in Piazza del Gesù, il diario compilato dal suo portavoce, Giuseppe Sangiorgi» [Vecchio, Rep]. «È stato l’ultimo leader scudocrociato a tentare l’estrema operazione di salvataggio di un partito-Stato schiacciato da quarant’anni al potere e da un’Italia e un mondo che cambiavano. Un esperimento ardito e controverso: il “rinnovamento” della Dc dopo il tragico 1978 e l’assassinio di Moro da parte delle Brigate rosse. Fu sua nel 1982 l’idea di inserire degli “esterni” come consiglieri chiamati a rianimare una forza sfiancata dalle logiche di potere. Si chiamavano Giuseppe De Rita, fondatore del Censis. Romano Prodi, futuro presidente dell’Iri, poi premier, poi presidente della Commissione europea. Fabiano Fabiani, manager e prima direttore del telegiornale della rai. E un costituzionalista mite come Roberto Ruffilli: un galantuomo assassinato alla fine degli Anni Ottanta dal terrorismo rosso. Dovevano essere le avanguardie intellettuali e gli emblemi di un’operazione che, nell’ottica di De Mita, recuperava il contatto con il “retroterra naturale” della Dc: il mondo cattolico. Nel 1982, quel gruppo allargato si ritrovò al potere. L’esito dell’operazione degli “esterni” fu osteggiato e contraddittorio, perché nel 1983 il “decidi Dc” demitiano fece perdere tre milioni di voti al partito: il verbo “decidere” era troppo forte per un partito intriso di cultura della mediazione e del compromesso. Ma la domanda era se quei consensi il partito non li avesse persi già da prima; e se quell’operazione non rappresentasse in realtà una consapevolezza del declino imminente, destinata a prendere corpo traumaticamente con la fine della Guerra fredda; e un tentativo di risposta ambiziosa, di qualità. Il 1983, però, fu usato dagli avversari interni per frenare l’operazione demitiana. E finì per accentuare le logiche di potere anche nella cerchia del segretario. Furono gli anni in cui si parlò di “clan degli avellinesi”; in cui il cinismo del padrone della Fiat Gianni Agnelli bollò De Mita come “un intellettuale della Magna Grecia”» [Franco, CdS]. «Magari sarà ricordato per quel suo tipico modo di parlare e per i suoi temibili “ragionamendi”, un linguaggio molto complicato che gli fruttò una serie di spiritose imitazioni, la migliore delle quali è rimasta quella dell’ex-deputato e suo discepolo Renzo Lusetti. Ma Ciriaco De Mita è stato indubbiamente un protagonista della vita della Prima Repubblica, e soprattutto della crisi finale, che attraversò tutti gli Anni Ottanta e l’inizio dei Novanta. Non aveva abbandonato la politica neppure in questi ultimi anni, tant’è che è morto sindaco in carica di Nusco, il paese della provincia di Avellino in cui era nato [...] Resterà il ricordo, epico, del suo scontro televisivo con Renzi nella campagna referendaria del 2016, quando l’allora giovane premier lo accusò di aver governato a livello locale con la destra e la sinistra, e Ciriaco gli rispose: “Sei un miserabile. Di me, quando morirò, si potrà dire che sono morto democristiano. Mentre di te non si saprà cosa dire”» [Sorgi, Sta]. A febbraio era stato sottoposto ad un intervento chirurgico per la frattura di un femore a seguito di una caduta in casa. Morto ieri mattina alle 7 nella casa di cura Villa dei Pini di Avellino. A darne la notizia il vicesindaco di Nusco, Walter Vigilante, che ha dichiarato il lutto cittadino e la chiusura delle scuole • I suoi funerali si svolgeranno oggi alle 18.30 a Nusco. Ci sarà anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.