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 2022  maggio 10 Martedì calendario

Biografia di Haidi Giuliani (Adelaide Cristina Gaggio)

Haidi Giuliani (Adelaide Cristina Gaggio), nata a Sant’Ambrogio di Valpolicella (Verona) l’11 maggio 1944 (78 anni). Madre di Carlo Giuliani, morto a Genova il 20 luglio 2001, all’età di 23 anni, durante le proteste no-global contro il G8. Dopo la tragedia, si è sempre battuta in prima persona per fare luce sulle circostanze in cui morì il figlio. Nella XV legislatura (2006-08) fu senatrice della Repubblica per Rifondazione comunista • «Pantaloni neri, maglione pesante, gli occhi penetranti velati di tristezza. Ma nonostante sia minuta e riservata, non passa inosservata» (Rep, 7/11/2002) • «Stoicamente la signora s’impegna a ricostruire le tappe del martirio del figlio, ucciso a rivoltellate, straziato dal ripetuto passaggio della camionetta sul corpo e forse vilipeso come cadavere» (Tullio Kezich, recensione del documentario Carlo Giuliani, ragazzo, di Francesca Comencini, CdS, 15/5/2002) • «Un’icona, contro la sua volontà. Perché Haidi nel quadretto della madre addolorata che le viene periodicamente costruito addosso non vuole starci, sente che si tratta comunque di un’intromissione indebita» (Marco Imarisio, CdS, 10/6/2007) • Ha detto: «Il dolore è mio, ed è una cosa privata. Nessuno mi ha mai visto piangere in pubblico».
Titoli di testa «Saranno le luci basse di questo corridoio, ma Giuliano e Haidi Giuliani sembrano più piccoli, più stanchi. Il giorno in cui viene scritta la parola fine all’inchiesta sulla morte di loro figlio, hanno scelto di non cancellare gli impegni. Sono dei simboli, sentono di avere un dovere. E allora, entrano ed escono dall’incontro organizzato nella sala consiliare della Provincia di Genova, dove vengono illustrate “le grandi novità della nuova Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela” e la situazione politica colombiana. Ma la testa è da un’altra parte, dice Giuliano Giuliani. Anche il cellulare, che squilla senza soluzione di continuità, lo riporta sempre lì, a piazza Alimonda» (Marco Imarisio, CdS, 3/12/2002).
Vita «Quando parla di “prima”, dice “nella vita precedente”. Era una bambina che portava quel nome strano perché metà della famiglia era tedesca, e si chiamava Vetter, e si era rifugiata a Zurigo per essere scappata dalla Russia dopo la Rivoluzione di Ottobre. E poi una adolescente ribelle che prese dal padre cantante lirico e scultore l’unico schiaffo il giorno che era tornata a casa “con in tasca l’Unità”. E poi ancora una ragazza madre, fiera di quello stato che nell’Italia dell’epoca destava scandalo» (Gian Antonio Stella, CdS, 29/3/2006) • La sua è una vita come tante. Diventa maestra alle elementari. Sposa Giuliano Giuliani, sindacalista della Cgil e militate del Pci. Ha due figli: Elena e Carlo. «Mi è difficile parlare di lui al posto suo, mi sembra di tradirlo, in un certo senso. Mi dico: lui non vorrebbe; penso che la sua morte appartiene a tutti, la sua vita no. Si può dire che era un’anima libera, che voleva confrontarsi faccia a faccia con la vita. L’ultimo viaggetto che abbiamo fatto insieme, alla fine di maggio, prima della mia partenza per il Senegal, è stato a Venezia (un nostro appuntamento annuale), a vedere la mostra sugli Etruschi e a camminare per ponti e per calli» (a Lello Voce, l’Unità, 17/7/2002) • Poi arriva il luglio 2001. A Genova c’è il G8, ci sono Bush, Berlusconi, Putin, Blair, Schröder, Chirac. I no-global contestano le decisioni dei grandi, il debito dei Paesi poveri, le regole sul commercio mondiale, lo spreco delle risorse ambientali. Scrive l’Unità: «Reti, sbarre, cancellate altissime, container
usati come una muraglia, tombini saldati, in una città divisa e
sequestrata, di là i grandi della terra, di qua la gente come noi, in
mezzo poliziotti, carabinieri, finanzieri rivestiti alla maniera di
guerrieri, robocop in mostra di muscoli, bastoni, aggeggi di protezione.
Persino i cavalli, in attesa nel deserto di corso XX Settembre, erano
stati addobbati come macchine da guerra. Il G8 genovese fu un colossale spettacolo di potenza, che consegnò alla
cronaca e alla storia lacrimogeni, jeep blindate, provocazioni, pestaggi
nei commissariati, cortei di migliaia e migliaia di giovani aggrediti
come un nemico in marcia e un giovane morto, Carlo Giuliani, ucciso e
offeso in piazza Alimonda. Era piccolo, magro, fragile in canottiera. Il
pomeriggio del 20 luglio, si trovò ad un angolo della piazza, tra le
aiuole e la scalinata della chiesa, mentre le “forze dell’ordine” si
davano alla carica, incitandosi» (18/7/2005) • Le polemiche sono infinite. Giuliano Ferrara definisce quei giovani in corteo «figli viziati della borghesia ricca» oppure «sottoproletari ai margini». Oriana Fallaci paragona i no-global ai fascisti che fecero la Marcia su Roma. Piero Sansonetti sostiene: Carlo non è un eroe, ma certo è diventato un simbolo. Haidi ribatte alle critiche colpo su colpo: «Carlo commuove perché rappresenta quella parte che ognuno di noi ha dentro, più o meno nascosta: si indigna, si ribella, si oppone con coraggio a una forza molto più grande, a una prepotenza cieca e servile. Non a caso hanno subito creato, in contrapposizione, la figura, altrettanto simbolica, ma quanto, quanto menzognera, del “povero carabiniere”, più giovane di lui, spaventato, assalito; fingendo che fosse solo e in balia di una massa di indemoniati; fingendo di dimenticare quello che succede prima, le provocazioni contro i manifestanti, le violenze contro gli inermi, i colpi di pistola; ignorando chi lo travolge due volte, chi lo prende a sassate, chi a calci in faccia. Di Carlo probabilmente commuove anche il corpo magro, da adolescente, indifeso; quel passamontagna blu, che tanti media hanno sottolineato, dicendo che era nero, non è un’arma; quel rotolo di scotch attorno al braccio sottile, non è un’arma. Anche le foto parlano così di lui, perfino quelle che vorrebbero rappresentarlo come un feroce Blak Bloc, scurendo la giacca grigia della tuta, i pantaloni blu; perfino quelle che alterano la prospettiva, ingannando sulla reale distanza tra lui e il Defender, tra il Defender, il cassonetto e il muro della casa» (a Voce) • Carlo, diplomato al liceo scientifico, iscritto alla facoltà di storia, aveva fatto il servizio civile presso Amnesty International, era volontario dell’Anlaids, associazione nazionale per la lotta contro l’Aids, e aveva adottato un bambino a distanza con la Comunità di Sant’Egidio. Viene fuori però che aveva avuto problemi legati al consumo di droga (era stato anche in cura al SerT), era stato sottoposto a un procedimento penale, poi archiviato, per traffico di stupefancenti e che, con i genitori, aveva un rapporto burrascoso, tanto che il telefono di casa Giuliani era stato sottoposto a intercettazioni • «In simili casi ciascuno propone pirandellianamente la propria versione ed il compito di armonizzare i contrasti dovrebbe toccare ai magistrati. Per la verità nel film si vedono anche non pochi fra i dimostranti pacifici scatenarsi come frombolieri e sprangatori, mentre appaiono allarmanti i danni provocati dai teppisti. Sembra perciò giusto concedere qualche misura di legittimità anche ai tutori dell’ordine, pur poco rassicuranti quando avanzano in assetto di guerra percuotendo ritmicamente gli scudi e stupidamente belluini quando li vediamo accanirsi contro un giovane a terra; ma soprattutto spaventati, come rivelano certi sguardi smarriti colti a sorpresa dalle videocamere. Nell’assistere a uno scambio d’invettive fra un poliziotto (o un carabiniere?) e un dimostrante, che si rilanciano l’accusa di essere la causa della morte di Carlo, affiora persino il dubbio che abbiano ragione entrambi, almeno nel senso che la tragedia è nata nel contesto esplosivo di una società impazzita di cui siamo tutti vittime potenziali» (Tullio Kezich, recensione del documentario Carlo Giuliani, ragazzo, CdS, di Francesca Comencini, CdS, 15/5/2002) • La vicenda finisce in tribunale. La Procura di Genova apre un procedimento penale nei confronti dei carabinieri Filippo Cavataio e Mario Placanica, accusati di omicidio colposo. Nell’agosto 2002, in aula, i militari del Ros presentano un dossier in cui si sostiene che gli scontri erano stati programmati con mesi di anticipo e che Carlo ha partecipato alle violenze. «Carlo Giuliani con un tubo Innocenti in mano; Carlo Giuliani mentre tira pietre contro la polizia; Carlo Giuliani mentre assalta un ufficio postale. Sono le immagini che sarebbero contenute nei video citati dal rapporto del Ros dei carabinieri». Giuliano Giuliani: «Sono rivelazioni sospette, soprattutto per la tempistica. Non ci credo, mio figlio non era un violento. Non ce lo vedo proprio Carlo mentre assalta un ufficio postale. Ma se davvero hanno un filmato, lo mostrino pubblicamente. Aspettiamo». Haidi: «È impossibile. Abbiamo ricostruito tutte le ore prima della morte di Carlo. Mio figlio è sempre stato con gli amici, alle 15 ha assistito alla carica in piazza Manin, poi è sceso in via Tolemaide. Carlo non assaltava proprio niente, assisteva soltanto indignato agli scempi della città». La sorella Elena: «Carlo era con i pacifisti che tiravano monetine ai black bloc». I consulenti del pm Silvio Franz, nella loro perizia, scrivono che il proiettile calibro 9 che ha ucciso Giuliani è stato deviato in aria da un calcinaccio di due chili e che Giuliani distava circa un metro e mezzo dal Defender della polizia. L’avvocato Giuliano Pisapia, che tutela la famiglia, arriva a conclusioni diverse: «Abbiamo raggiunto tre conclusioni: il proiettile che ha ucciso Carlo Giuliani non è stato deviato, perché il sasso che si vede nel filmato si infrange contro il tetto del Defender; la distanza tra Giuliani e la camionetta era di 3 metri e cinque centimetri e di 3,35 dalla pistola; tutti e due i colpi sono stati sparati ad altezza d’uomo» (Al. T, CdS, 6/8/2002) • Il 5 maggio 2004, il giudice per le indagini preliminari Elena Daloisio, accogliendo le richieste della Procura, pronuncia una sentenza di non luogo a procedere per entrambi gli imputati. «La presenza di cause di giustificazione che escludono la punibilità del fatto». Placanica è prosciolto per uso legittimo delle armi e legittima difesa. La sentenza dice che: il colpo che ha ucciso Carlo è stato sparato verso l’alto e poi è rimbalzato su un sasso lanciato da un altro manifestante, la camionetta dei carabinieri ha investito il corpo del ragazzo perché i militari stavano tentando di mettersi al riparo dalla folla • «Haidi e Giuliano hanno perso settimane e mesi a vedere e rivedere, vedere e rivedere i filmati su quel pomeriggio. Cercando di vincere l’orrore di vedere quel loro figlio travolto dalla camionetta in retromarcia, morente in unapozza di sangue, la faccia maciullata non solo dal proiettile ma da una pietra che, le immagini non sembrano lasciare dubbi, avrebbe fracassato la faccia al ragazzo quando già era ferito a morte. E via via, dando vita a siti Internet e libri e opuscoli e inchieste in dvd, si sono fatti un’idea: “Le cose non sono andate come ha detto l’inchiesta, che ha archiviato tutto” […] Dicono che no, le risposte esaustive non le hanno neanche loro: “Ma certo le cose non sono andate come ha tentato di dimostrare il processo”. Di più, spiega Giuliano Giuliani, che per tutta la vita era sempre stato un moderato di sinistra, ma che si è in questi anni a mano a mano radicalizzato: “È stato un agguato”. Addirittura? “Sì. Un’imboscata”. E ti mostra i carabinieri con in mano estintori identici a quello poi impugnato dal figlio e ti spiega che “Carlo era uscito senza passamontagna e quindi senza intenzioni aggressive” e ti fa notare le diverse mani che si vedono nella camionetta da cui partono i colpi e sottolinea “l’insensatezza” di ciò che urla un commissario dopo l’uccisione buttandosi all’inseguimento di un no-global: “L’hai ucciso tu l’hai ucciso, col tuo sasso, pezzo di merda, tu l’hai ucciso...” E ti spiega che non per altro in piazza Alimonda hanno messo quella targa con scritto “Carlo Giuliani, ragazzo”: “Perché Carlo è vissuto come la vittima di un’ingiustizia da tutto un mondo immenso, che va dai no-global a tanti cattolici”. Perché non da tutti, se è vero che perfino un consigliere comunale ds, Angela Burlando, si dissociò sia pure con dolore dalla scelta di posare quella targa dicendo che comunque “nelle manifestazioni non si tirano pietre in testa ai carabinieri” e che “la sinistra deve interrogarsi sul rispetto della legalità”? “Perché troppi si sono fatti un’opinione sulla base dei telegiornali. E perché l’inchiesta ha puntato a imbrogliare la verità, non a scovarla. Berlusconi parla sempre di ‘toghe rosse’? Beh, a noi devono essere capitate le uniche due toghe nere”» (Stella) •«Ai tempi della battaglia di Valle Giulia, dove per fortuna non ci scappò il morto, Pasolini scandalizzò le sinistre prendendo la parte dei poliziotti. Non credo che nessun esponente della sinistra oserebbe arrivare a tanto sui fatti di Genova, ma certo non sarebbe inutile che la stessa Comencini o qualcun altro girasse un documentario speculare sul carabiniere che ha sparato, ascoltando le ragioni di un’altra madre» (Tullio Kezich, recensione del documentario Carlo Giuliani, ragazzo, di Francesca Comencini, CdS, 15/5/2002) • «L’affetto dei ragazzi del movimento è evidente, che effetto le fa? “Mi danno l’energia per continuare. Il fatto di essere abbracciata ogni 30 secondi non può che darmi una grande forza. Sono ragazzi che ho incontrato in mille incontri per l’Italia e ogni tanto devo dirgli: ‘Dimmi chi sei’, non riesco a ricordarli tutti. Sono tutti splendidi ragazzi che invece di pensare al loro benessere personale si fanno carico dei mali del mondo» (Rep, 7/11/2002) • «Non teme di essere usata, nella parte della mamma di San Carlo dei no-global? “Lo so, sono anni che alcuni mi dicono che dovrei stare a casa a piangere mio figlio” sospira Haidi Gaggio Giuliani, che vive queste domande sulla sua candidatura al Senato con Rifondazione come una coltellata, “Lei crede che non mi sia posta il problema di essere strumentalizzata, sia pure da chi mi vuol bene? Certo, me lo sono posto”. E cosa si è risposta? “Mi sono risposta che, se può servire a denunciare una storia di giustizia negata, sì: può essere giusto perfino usare il nome di mio figlio”. Si ferma, accarezza un medaglione d’argento al collo: “Vede questo disegno? È un fazzoletto. Il simbolo delle Madri di Plaza de Majo. Me lo diede Ebe Bonafini. Voglio dire che, a parte Rosa Calipari e Olga D’Antona, non credo di essere poi così sola, in questa mia battaglia”. Cosa vuole? “La verità. Voglio capire cosa è successo, quel 20 luglio in cui fu ucciso Carlo”» (Stella) • «E via via è sempre più chiaro che questa storia del figlio diventato una specie di icona rossa, con Enzo Jannacci che dichiarava che lui “a differenza del padre di Carlo” non avrebbe abbracciato il questore ma gli avrebbe “dato un calcio in faccia” e Niki Vendola che scriveva un libro di liriche e filastrocche titolato Lamento in morte di Carlo Giuliani ispirato alla “poesia alessandrina” e il movimento che organizzava il “Carlo Global Day” contro la “violenza assassina della polizia italiana” in 250 città del mondo e la dedica a Carlo della “città di argilla, di bambù, di contenitori del latte e di paglia” al Forum di Porto Alegre e la nascita di una cellula anarchica greca (“Brigata Giuliani”) e perfino una canzone scritta da Jennifer Griffin e Sean Pearson, è sì un peso, per Haidi e Giuliano Giuliani. Esposti non di rado a critiche, anche a sinistra. Ma è anche ciò che riempie oggi la loro vita. Che ricuce lo squarcio che hanno dentro. “Non mi chieda se ho elaborato il lutto: non me lo chieda” dice lei, la voce rotta» (Stella) • Dall’ottobre 2006, la signora Giuliani è senatrice per Rifondazione comunista. Il senatore Gigi Malabarba, operaio dell’Alfa Romeo di Arese, si dimette apposta per farla subentrare (la sua idea, all’inizio, è di farla subentrare il 20 luglio, nel quinto anniversario dei fatti di Genova, ma la richiesta di dimissioni è respinta due volte). «Lei appena uscita dall’aula a chi le domanda se ha provato emozione, timore, per il nuovo, importante, compito che l’attende, risponde: “Semplicemente, visto che sono sopravvissuta al 20 luglio del 2001, null’altro può turbarmi”. Aggiunge, con la voce appena venata dalla commozione: “non è la cosa che immaginavo per la mia vecchiaia. Sognavo di essere la nonna dei miei nipotini e anche di altri non miei, di bimbi con la pelle colorata. Invece la vita ha deciso diversamente”» (Wanda Valli, Rep, 12/10/2006).
Curiosità Pacifista convinta • Nel maggio 2010 presenziò alla camera ardente del poeta Edoardo Sanguineti, a palazzo Tursi, a Genova. Disse: «Dopo di lui il vuoto, ci mancheranno i poeti» • «Sa, per tutta la vita sono stata una maestra elementare. Quando i genitori ti affidano i loro bambini piccoli, il senso di responsabilità lo impari davvero e non lo dimentichi più» • Da ex maestra elementare, ha detto però di essersi sentita tradita da «quelle riforme poi completate dalla Moratti» • Sulla Fallaci, che attaccava i no-global, disse: «Chi semina terrore è un terrorista. Un terrorismo gratuito, controproducente, assolutamente ingiusto» • Oggi dice di non riuscire a immaginarsi Carlo quarantenne • Nel giugno 2007, intorno a piazza Navona, a Roma, durante una manifestazione di antagonisti che avevano preso a lanciare sassi, bastoni, cocci di bottiglia contro la polizia, mentre i passanti si riparavano sotto i tavolini dei bar, lei - piccola, minuta, vestita con una camicetta e sandali neri – provò a mettersi in mezzo con le mani alzate: «Fermatevi. Per favore, fermatevi». Un ragazzo con il cappuccio le disse: «E levati, stronza. Sono ’sti bastardi che hanno ammazzato tuo figlio». I suoi amici la presero di peso per portarla dietro al cordone di polizia (Imarisio).
Titoli di coda «Dice Giuliano: “La voglia di rimozione, di dimenticare quello che è successo, è comprensibile. Persino umana. Ma sapere è ancora più importante”. E dice di voler sapere tutto, fino all’ultima goccia, dice che “è un mio diritto di cittadino”. E allora, anche oggi, non gli si possono chiedere bilanci, non accetta di parlare di “riconciliazioni”. Quasi in un sussurro: “Io vorrei un processo non per accanirmi contro Placanica, ma per capire. Ho letto la richiesta di archiviazione, e dico che ci sono due versioni, quella dei periti sul famoso calcinaccio, e quella dei nostri consulenti, che sono in contrasto. Vorremmo un processo, per metterle a confronto, non certo per avere vendetta”. Lo vorrebbe anche per altro: “Per capire come si è arrivati a piazza Alimonda, il perché di una gestione dell’ordine pubblico dissennata. Credo che questa sia un’esigenza condivisa da molti, in Italia. Perché sono anche e soprattutto queste, le domande che pone la morte di mio figlio”. Poi arriva Haidi, che lo tira per la giacca: “Hai promesso che dicevi qualcosa...”. E Giuliano Giuliani rientra nella sala. Per nulla pacificato (“Non disponibile a una conciliazione, non me la sento”), solo un po’ più stanco» (Imarisio).