26 maggio 2022
Tags : Bruno Vespa (Bruno Paolo V.)
Biografia di Bruno Vespa (Bruno Paolo V.)
Bruno Vespa (Bruno Paolo V.), nato a L’Aquila il 27 maggio 1944 (78 anni). Giornalista. Uno dei più famosi d’Italia. Debuttò a sedici anni, sulle pagine abruzzesi del quotidiano Il Tempo. Assunto alla Rai nel 1969. Conduttore. Inviato Speciale. Direttore del Tg1 dal 1990 al 1993. Ideatore e conduttore di Porta a Porta (Rai 1, dal 1996) • «In Italia ci sono il Senato, la Camera e Porta a porta, la terza camera, quella che molti sostengono essere anche più importante delle prime due» (Claudio Sabelli Fioretti, Corriere della Sera Magazine, 24/11/2005) • «Il più straordinario fenomeno mediatico vivente» (Paolo Martini) • «Se vuoi sapere la linea di un politico devi guardare Vespa» (Rula Jebreal) • «Quando parlo al Senato, non mi fila nessuno. Quando vado da lui, mi chiamano tutti» (Giulio Andreotti) • «Ormai è come Carosello. Si va a letto dopo Vespa» (Claudio Amendola) • «Ha tanto dell’abruzzese. Quei caratteri incisi nelle asperità montane. Chiusi, guai a mostrare troppo, gentili senza darlo a vedere, permalosi più del necessario, concreti e attaccati alla loro terra poco generosa» (Michela Tamburrino, Sta 25/5/2021) • «È troppo accomodante. Non mette in imbarazzo i suoi interlocutori. Conduce bene ma con le briglie mosce. Se ne vanno tutti soddisfatti e anche rimborsati» (Alfredo Biondi) • «Fa ridere. Sembra un maggiordomo. Anzi no, un capocameriere» (Dino Risi) • «Vespa sta alla prima Repubblica come Mario Appelius sta al fascismo» (Massimo Fini) • «Invece di fare tante analisi politiche, basta guardare Bruno. È un barometro. Come quelle madonnine... lui diventa rosso o blu...» (Victoria Cabello) • «Chi striscia non inciampa» (Beppe Grillo) • «Vespa è un danno per il Paese, per l’informazione libera e per l’economia» (Beppe Grillo) • «Prende il viagra. Per non pisciarsi sulle scarpe» (Daniele Luttazzi) • «Il duce ce lo siamo beccati per vent’anni. Bruno Vespa sono già quaranta» (Ezio Greggio, nel 2005) • «Ritoccherei volentieri il viso di Bruno Vespa. I nei, se tolti bene, non tornano» (Ruggero Caputo, presidente emerito dell’International society of dermatology) • Travaglio lo ha definito «un virus di quelli incurabili» («Con Travaglio c’è un solo posto in cui incontrarsi, il tribunale»), la Dandini disse che era volgare («Senti chi parla. Se io facessi un decimo di quello che fa la Dandini verrei impiccato agli alberi di viale Mazzini»), Giovanni Sartori gli rimproverava di non aver detto mai che Berlusconi è un bugiardo («Non mi piace offendere») • «Di lui hanno detto di tutto. Che è parziale, che è succubo dei potenti, che è arrogante con i deboli, che banalizza la politica. Hanno detto perfino che è figlio di Mussolini. Le date coinciderebbero. È nato il 27 maggio 1944. Mussolini arrivò in Abruzzo nove mesi prima. Ti senti mussoliniano? “Be’, la mascella”. Hai mai smentito? “Ma cosa vuoi che smentisca”. Non saresti il primo figlio naturale di Mussolini. “Effettivamente siamo in parecchi”» (Sabelli Fioretti).
Titoli di testa. «Tu ce l’hai soprattutto con Bruno Vespa. “Vespa rappresenta la sconfitta di Striscia. Alla prima conferenza stampa dichiarai: ‘Tenteremo l’impossibile, battere la comicità di Bruno Vespa’. Per adesso abbiamo perso. Noi siamo solo dei piccioni. Facciamo la cacca sopra i monumenti. Bruno Vespa l’abbiamo bombardato fin dall’inizio, ma del nostro guano ne ha fatto una maschera di bellezza”» (Antonio Ricci a Claudio Sabelli Fioretti, Sette 15/05/2003).
Vita Sogno del giornalismo coltivato da sempre. In redazione al Tempo, cronaca dell’Aquila, già a 16 anni. «Ho cominciato dalla transitabilità delle strade». «Nuccio Fava diceva che sei un ragazzo ruspante e rampante. “È vero. Vengo dalla provincia. E, come a tutti, a me è piaciuto fare carriera. Non è che Fava sia andato con i frati trappisti. Io ho fatto una carriera normale, senza salti […]”. E la politica? “Non sono mai entrato in una sezione di partito. Ma in Abruzzo la cultura era democristiana. La Dc aveva il 50 per cento dei voti. Io simpatizzavo per Natali» (Sabelli Fioretti). Lorenzo Natali, onorevole democristiano, lo segnala a Ettore Bernabei, direttore generale della Rai, come talento eccezionale. Nel 1962 inizia a collaborare alla radio della Rai («per me era come il Vaticano») • Nel frattempo, si laurea in Giurisprudenza alla Sapienza: tesi sul diritto di cronaca • «Tu entrasti in Rai per concorso nel 1968, se non ricordo male. “Di così duri non ne sono più stati fatti. Dopo la preselezione, rimanemmo in 650. Ci decimarono con prove di questo tipo: ‘Mi parli del suo primo amore in 60 secondi. Via al cronometro’. Fui portato da Paolo Valenti in un palazzo nobiliare di corso Vittorio Emanuele, a Roma, dentro un salone vuoto. Mi disse: ‘Poniamo il caso che qui tra cinque minuti s’inauguri l’anno accademico di studi su Giambattista Vico. Mi faccia la telecronaca’. Di un avvenimento immaginario, ti rendi conto?” Se il tuo accento fosse stato veneto, non ti promuovevano, sta’ sicuro. “Un collega riuscì a togliersi la erre moscia durante le vacanze di Natale. Eppure fu bocciato lo stesso”. Ma chi c’era in commissione? “Da Enzo Biagi a Umberto Eco, ci passarono al setaccio un po’ tutti. Io scrissi un tema sul Maggio francese. ‘Buono’ commentò Alberto Ronchey ‘ma troppe citazioni’. Non so se fosse un complimento, visto che nei suoi articoli ne infilava tre ogni quattro parole”» (Stefano Lorenzetto, Panorama 24/2/2016) • Una volta assunto, chiede di poter seguire il tennis, ma lo mandano al telegiornale. «Si ricorda il primo servizio? “Quella era una Rai in cui si facevano telecronache del 2 giugno, pezzi su Salvo D’Aquisto. Il mio primo servizio fu sulla regata storica delle Repubbliche marinare, figuriamoci. Era giugno, ma già a dicembre ero su Piazza Fontana”. Come no. Lei annunciò l’arresto del colpevole, Pietro Valpreda, che poi fu assolto. “Me ne pentii. Ma, se si vanno a vedere i giornali dell’epoca, era una gara linguistica a chi trovava il termine più brutale: mostro, boia. Del resto nessuno dubitava della colpevolezza di Valpreda […] Dal punto di vista professionale mi ha segnato il sequestro e l’omicidio di Aldo Moro. La mattina del rapimento corsi in Rai e dovetti tenere la diretta per ore, alcune decine di minuti sulla base di due righe dell’Ansa. Sono rimasto blindato in Rai per cinquantacinque giorni. Due volte sono andato al cinema e dovevo segnalare alle maschere il posto dov’ero seduto, in caso di emergenza. Poi feci anche la diretta subito dopo il ritrovamento del cadavere”. Lì la si vede sconvolto. “Un po’ sì, ma ero soprattutto trafelato perché ero corso su per le scale a dare la notizia prima che partisse la pubblicità. Però, al di là del caso Moro, l’incontro fondamentale è con Wojtyla […] L’ho conosciuto un anno prima che diventasse Papa: era il ’77 e volevo intervistare il cardinale Wyszynski, primate di Polonia, ma fu impossibile. Mi indicarono il cardinale Wojtyla, arcivescovo di Cracovia. Cenammo a Roma, c’era Pierluigi Varvesi, allora giornalista Rai e oggi laico consacrato a Gesù. Varvesi diceva che i preti non dovevano insegnare, e Wojtyla si infuriò, dava i pugni sul tavolo: venite a vedere come si vive in Polonia con la dittatura comunista, diceva. Nella foga, bevve mezza bottiglia di Chivas. Poi andai a intervistarlo a Cracovia e ne fui così impressionato che gli dissi se non fosse ora di un Papa polacco. Forse è presto, mi rispose. In effetti servì l’intermezzo di Papa Luciani, il primo a parlare di sé in prima persona, senza usare il plurale maiestatis. Giovanni Paolo I fu indispensabile perché arrivasse Giovanni Paolo II”. Molti pensano che la Rai, quella del servizio pubblico, morì a Vermicino col piccolo Alfredino Rampi. “Non lo so, ma ero totalmente contrario a quella interminabile diretta. Pregai il direttore Emilio Fede di sospenderla perché mi parevano tutti impegnati a lucrare sulla pelle di un povero bimbo. Pure il presidente Pertini, che fu un vero eroe della Resistenza, uno dei pochi che l’ha fatta davvero, ma a Vermicino voleva essere il primo ad abbracciare Alfredino, che invece morì. Pertini non amava i bambini, amava le telecamere. La diretta andò avanti e io me ne tirai fuori, tornai a casa”» (Mattia Feltri, Sta 3/5/2019) • «Da demitiano è diventato forlaniano e poi casualmente direttore del TG1» (Ezio Greggio) • «“È bellissimo essere direttore ma non lo rifarei, si perde un’infinità di tempo in questioni burocratiche e sindacali. Pensi che non volevo neppure fare l’intervista a Saddam Hussein, ma lui chiese il direttore o nessun altro”. Un’intervista storica. Anche per le polemiche che ne venirono. Che impressione le fece Saddam? “Un uomo carismatico, un vero leader. Io ero latore di un messaggio personale che gli mandava il Papa, eravamo a ridosso della prima guerra del Golfo e mentre gli parlavo, Del Noce che era con me gli chiedeva il nome del suo sarto di Parigi. In effetti era elegantissimo”. Perché tante polemiche? “Fu un’intervista fatta a dispetto del nostro governo che non voleva andasse in onda. Io mi impuntai e da lì divenni il baluardo della libertà e della sinistra... Se lo immagina? Mi è successo di vedere di tutto e anche questo. Mandai in onda l’intervista in seconda serata, andò benissimo”» (Tamburrino) • «Nel ’93 fui messo in punizione perché ero il giornalista del vecchio regime». Durante la stagione dei professori, a un certo punto, prende in considerazione l’idea di passare a Mediaset. «Pensate che, quando ci fu l’attentato a San Giovanni in Laterano, ci andai e mi imbattei in Papa Wojtyla col presidente Scalfaro e il capo della polizia Parisi. Un colpo notevole. Albino Longhi, direttore del Tg1, disse che il servizio poteva andare in onda purché non si vedesse la mia faccia. Ma, per dire come vanno le cose, poco dopo riuscii a intervistare Silvio Berlusconi, che non conoscevo, e bastò perché all’indomani fossi di nuovo in prima serata”» (Feltri) • «E siamo arrivati a Porta a Porta. “Che nacque per sbaglio. Ero andato a Palermo per la prima udienza del processo Andreotti e in albergo, accendendo la televisione, sentii che avevano dato una striscia di seconda serata quotidiana a Carmen Lasorella. Io che mi ero dimesso senza chiedere nulla e senza avere nulla, andai da Letizia Moratti, che allora era presidente della Rai, e le dissi che avrei fatto valere i miei diritti. Così divisero le serate tra me e Lasorella e il 22 gennaio del 1996 debuttò Porta a Porta. La mia seconda vita”. Si aspettava che fosse così longevo? “No, per niente. Intervistando Santoro ricordavo che allora nessuno ci credeva. Su Rai1 un programma dai toni pacati mentre a Samarcanda scorreva il sangue, eravamo convinti di durare una sola stagione”» (Tamburrino).
Porta a Porta Il programma, un successo portato sempre più spesso dalla seconda alla prima serata e divenuto quasi quotidiano, va tuttora in onda e non ha più limiti d’argomento: essendo prevalente la politica, svaria però volentieri sulla cronaca (la puntata sull’omicidio Marta Russo con i due condannati Scattone e Ferraro che per partecipare presero un cachet di 260 milioni di lire) o sugli spettacoli (serate dedicate a Lino Banfi, a Carlo Verdone ecc.) • Tra le puntate più famose: quella in cui D’Alema fece vedere come si preparava il risotto, quella in cui Berlusconi siglò su una scrivania di ciliegio il Contratto con gli italiani (marzo 2001), le numerose dedicate al delitto di Cogne con ospiti fissi in studio Barbara Palombelli, Paolo Crepet, Simonetta Matone e il criminologo Franco Bruno, memorabile quella con la ricostruzione della casetta e dei percorsi possibili dell’assassino; quella in cui Alessandra Mussolini tirò un calcio a Katia Belillo («Quello forse è stato il punto di massimo ascolto della televisione. Pensa che io ero rimasto scandalizzato, sospesi la registrazione e decisi di tagliare quella scena perché ritenevo che le istituzioni facessero una figura meschina. Poi scoprii che mi stavano dando del censore. Celli aveva ricevuto molte telefonate. Gli telefonò anche Ezio Mauro, il direttore di Repubblica, sospettando che volessimo nascondere qualcosa. Allora ho detto a Celli: “Non faccio il censore e mando tutto in onda”»); quelle con il plastico dell’Iraq e i carrarmatini per illustrare l’avanzata americana (primavera 2003), quella in cui telefonò in diretta, preannunciato da don Stanislao, nientemeno che papa Giovanni Paolo II, e a Vespa vennero le lacrime agli occhi, quella in cui Beppe Grillo, dopo anni di esilio, ritornò in Rai (giugno 2014, record di ascolti: 27,75% di share) • «Come mai per Porta a porta hai scelto la sigla di Via col vento? “Perché è bella. E poi la frase finale di Rossella O’Hara, “dopotutto, domani è un altro giorno”, si adatta alla politica» (Lorenzetto).
Amori Sposato dal 1975 con Augusta Iannini, magistrato, già capo dell’ufficio legislativo del Ministero della giustizia e già membro dell’Autorità Garante della Privacy, che lo descrive così: «È normativo. Lo è con i figli, dunque anche con me e normalmente è anche un po’ noioso in casa. Però, alla fine, riusciamo anche a tirare qualche risata» • Due figli: Federico, giornalista di RTL 102.5, e Alessandro, avvocato d’affari.
Figli «Suo figlio Federico ha scritto un libro nel quale racconta la sua depressione durata anni e di come ne è uscito. Avere dei genitori ingombranti può essere un peso? “Io sono ingombrante per definizione, un padre conosciuto è un ingombro”. Ha letto il libro da padre o da scrittore? “Che sapesse scrivere bene già lo sapevo, perciò l’ho letto da genitore. Mi sono infastidito per alcune imprecisioni che gli ho chiesto di aggiustare, ma lui non l’ha fatto. Siamo una famiglia unitissima dai caratteri diversi”» (Tamburrino).
Nipoti Il nipotino, che gli canta «Meno male che il nonno c’è».
Libri Quasi uno all’anno (tema: cronaca politica con rivelazioni in esclusiva dei protagonisti). Editore: Mondadori • Ha «da sempre» l’abitudine di portare nel bagagliaio della macchina «un po’ di copie dell’ ultimo libro pubblicato: «Capita spesso di incontrare qualcuno che doveva riceverlo e per qualche ragione non l’ha ricevuto e me lo fa notare • «Ti accorgi che sta per arrivare il Natale quando in tv Bruno Vespa comincia ad apparire in ogni trasmissione, ad ogni ora del giorno e della notte» (Massimo Falcioni, Tv Blog, 20/21/2021) • Solo nel 2021, nei quaranta giorni prima di Natale: 31 ospitate nei programmi di tutte le reti (escluse, ovviamente, le 18 puntate di Porta a Porta andate in onda in quel lasso di tempo) • «Il fatto che i miei libri abbiano successo dà fastidio ai miei colleghi. Scrivere va bene, ma vendere è insopportabile» • Nel 2010 la libreria Aleph di Milano, specializzata in psicologia, psicoanalisi, psicoterapia e scienze umane, mise in vetrina il cartello «Qui non si vende il libro di Bruno Vespa».
Nei «Quanti nei? L’Italia deve sapere. “Ogni volta che me li hanno contati è venuto fuori un numero diverso”. Venticinque? “Possiamo raggiungere un accordo su questa cifra”. E toglierli? “Ogni tanto qualche dermatologo ci prova. Ma resisto fieramente”. Giura che non ne hai tolto nemmeno uno. “Ne ho tolti, ma in altre parti del corpo. In faccia, recentemente, me ne hanno puliti due o tre con il laser”. Quindi fai qualche cosa? “Li fotografo. Una volta all’anno faccio la mappa della mia faccia”» (Sabelli Fioretti).
Mussolini Nel 2005 Striscia la notizia sostenne che il padre era Benito Mussolini, durante la cui prigionia a Campo Imperatore Vespa sarebbe stato concepito. Per avvalorare la tesi furono mostrate alcune foto da cui pareva emergere una certa somiglianza. Seguirono parecchi giorni di scherzi giornalistici, a cui Vespa fece fronte con molto spirito (si vide anche Alessandra Mussolini andare da Chiambretti e dichiarare: «Sì, è mio zio») finché la cosa non montò al punto da cominciare a sembrar vera e si rese necessaria una lettera di smentita ai giornali: «Mia madre non ha mai lavorato nell’albergo in cui fu ospitato per qualche giorno Mussolini. La mia forte somiglianza con mio fratello Stefano lascerebbe inoltre supporre una reincarnazione del Duce nel 1956. Mia madre e mio padre si sono sposati a L’Aquila il 24 luglio 1943. Lascio all’intelligenza del lettore valutare la verosimiglianza di una deportazione di mia madre a Campo Imperatore con il velo nuziale ancora addosso. In ogni caso, mia madre non è mai andata a Campo Imperatore prima del 1949».
Politica «In Rai nulla mi stupisce. Ho visto legioni di democristiani diventare comunisti, ho visto insospettabili spuntare fuori dal nulla e dichiararsi di destra, quando la destra vinceva alle urne» (Tamburrino).
Religione Cattolico praticante.
Tifo Juventus.
Vizi Ama la musica classica, il vino, i cavalli • «Lavora anche mentre mangia» (la moglie Augusta Iannini) • «Sono orgoglioso di poter smentire quanto ha scritto Mirella Serri, includendomi in un rispettabile gruppo di persone che si tingono i capelli. Io non l’ho mai fatto perché non ne ho bisogno. Nella mia famiglia, infatti, c’è la tradizione di avere capelli neri fino a tardissima età. Soltanto nello studio televisivo le truccatrici mi passano sulla testa una leggerissima patina scura per evitare i riflessi di luce sulla mia pelle grassa» (lettera pubblicata sulla Stampa, 18/12/2007).
Curiosità Alto 1 metro e 77, pesa 75 chili • Gioca a tennis • La sua più grande maestra di vita: sua nonna Ada, che gli diceva «Frequenta solo persone migliori di te» • Compagno di scuola di Giorgio Pietrostefani • A 13 anni, dopo aver visto al cinema Poveri ma belli, si innamorò perdutamente di Marisa Allasio • Il suo cruccio da ragazzo: «Piacevo alle madri delle mie compagne di scuola, mai alle figlie» • Ha nostalgia per le signorine buonasera • Ha detto di essere nato alle 23.30 del 26 maggio, ma che i genitori, allo stato civile, dichiararono il giorno successivo • «Chi non inviteresti mai in trasmissione? “Gli sboccati, quelli del trash”. Fammi un esempio. “No, no, non lo so, non li conosco. Non guardo tanta tv”. Questa è bella» (Lorenzetto) • Gli rimproverano di avere la brutta abitudine di interrompere chi non segue il suo spartito. Barbara Serra, conduttrice di Al Jazeera, è ancora traumatizzata da lui per questo (risposta: «I programmi sono fatti di ritmo. Se l’ospite mi attacca un bottone, devo contenerlo. L’ho fatto anche con Berlusconi e con Renzi») • Favorevole alle unioni civili, ma contrario all’utero in affitto • «Il 13 ottobre 1998, nel ventesimo del suo pontificato, papa Wojtyła telefonò in diretta a Porta a porta. Papa Bergoglio si è fatto intervistare da tutti tranne che da te. Come lo spieghi? “Cambiano i papi, cambiano le abitudini”. Non dirmi che non hai tentato di strappargli un colloquio. “Come a ogni pontefice neoeletto, abbiamo presentato una formale richiesta”. E la risposta è stata un rispettoso silenzio. “L’hai detto”» (Lorenzetto) • A Napoli è diventato una statuetta del presepio • Produce un suo vino • Nel 2021 ha aperto un proprio ristorante, il «Santa Chiara», a Li Reni, a Manduria, in Puglia • «A che cosa attribuisci il record di longevità del tuo programma? “Alla capacità di rinnovarci giorno per giorno”» (Lorenzetto) • «Quanto ancora andrà avanti? “Dipende dal buonumore del Padreterno, che fin qui mi ha molto assistito, e dalla fiducia nella mia azienda”» (Feltri) • «Vespa, ma lei quanto guadagna? “Be’, non so, dovrei fare due conti... Comunque lasciamo perdere. E poi, anche se lo sapessi, mica ve lo direi. No?”» (Sette 7/5/1998).
Titoli di coda «Vespa è pericoloso. È uno dei quattro, cinque uomini più potenti d’Italia. C’è chi dice che Porta a Porta è la terza camera. Io direi la prima. Anzi l’unica» (Riccardo Barenghi).