La Stampa, 19 maggio 2022
Intervista a Sanna Marin
«Entriamo nella Nato per difendere la pace». Non c’è traccia di ansia nelle parole con cui Sanna Marin esprime la determinazione, sua e del suo popolo, perché sia possibile «assicurarci che Putin perderà questa guerra». Esprime forza tranquilla, non pare turbata dalla giornata del tutto particolare in cui la Finlandia riscrive il suo destino, accantona una neutralità ormai divenuta proverbiale e avvia il percorso che dovrebbe portarla a partecipare per la prima volta ad un’alleanza militare. «La parte giusta della Storia è quella che sostiene l’Ucraina perché l’Ucraina è stata attaccata – assicura la premier di Helsinki -: gli ucraini sono le vittime della guerra. Putin uccide i civili, bambini, madri, anziani, gente che non aveva minacciato la Russia in alcun modo: noi dobbiamo essere con loro, dal lato giusto della Storia».
Appare nel grande salone di un albergo romano con passo deciso. La stretta di mano è ferma. Si presenta con una camicia bianca, pantaloni scuri, un sorriso accogliente e uno sguardo che al momento giusto sa diventare di ghiaccio. Quando è stata nominata primo ministro, il 10 dicembre 2019, era il più giovane capo di governo del mondo, nota per la vocazione verde a salvare il Pianeta e promuovere un’economia sostenibile. Ripete spesso che non ama parlare di genere e di anagrafe, ma la natura di Millennial nel momento in cui l’Europa riscopre la guerra non può non colpire. È il volto di una generazione che riteneva il peggio archiviato. Invece no. L’offensiva russa ha costretto a rivedere i piani.
Signora Marin, si sarebbe mai immaginata di ritrovarsi, e di dover gestire, un conflitto alle porte di casa?
«Ho sempre sperato che non ci fosse mai una guerra in Europa. Invece, il 24 febbraio la Russia ha attaccato con tutte le forze l’Ucraina e la guerra è arrivata fra noi. La discussione sulla nostra adesione alla Nato è cominciata in quel momento; ora che abbiamo presentato la domanda coordinata con la Svezia il processo s’inizia».
Il consenso fra i finlandesi è altissimo. È sorpresa?
«Era chiaro che discutere l’adesione alla Nato sarebbe stato un punto di arrivo naturale per la Finlandia e la Svezia. Lo vedevo però nel futuro, fra cinque o dieci anni, non ora. Siamo da molto tempo partner vicini all’Alleanza, cooperiamo in numerosi modi diversi, gli altri Paesi nordici sono già membri, dall’Islanda ai Baltici. Sapevo che poteva succedere, presto o tardi. L’aggressione all’Ucraina ha cambiato tutto».
Cosa vi ha convinti?
«Siamo preoccupati per la sicurezza del nostro Paese e dell’Europa. Vogliamo essere certi che non ci sarà mai più la guerra in Finlandia. La partecipazione alla Nato è una garanzia di Pace».
Mentre sfilava con Mario Draghi ieri mattina nel cortile di Palazzo Chigi davanti al picchetto d’onore, gli ambasciatori di Finlandia e Svezia hanno presentato insieme le richieste formali di adesione all’Alleanza. Data da segnare sul calendario. C’è chi nel grande Nord teme una nuova Isoviha, la «Grande Rabbia» che vide le genti finniche scontrarsi con i russi nella prima metà del Settecento. Si cercherà di evitarlo, ma intanto la Nato valuta di accogliere Helsinki e incassare potenzialmente 1.340 chilometri di confine diretto con la federazione del nuovo Zar. Svanisce la terra di mezzo degli Stati cuscinetto e si profila una fortezza baltica.
Sanna Marin, classe 1985, socialdemocratica, dovrà condurre la transizione geopolitica fra le minacce del Cremlino e l’ostracismo turco. «Vogliamo assicurarci che la procedura di ingresso nella Nato sia la più rapida possibile – ha assicurato nei colloqui con il presidente del Consiglio -, poi non cambieranno molte cose, l’importante per noi è essere nell’articolo 5». Ovvero affidarsi al principio difensivo fondatore del Trattato dell’Atlantico del Nord, quello secondo cui chi attacca un membro dell’Alleanza li attacca tutti. È pura deterrenza. Nel nome della pace per un Paese sul cui suolo non si combatte da oltre duecento anni.
Come spiega l’assalto di Putin all’Ucraina?
«C’è una sola persona che può rispondere: Putin. Personalmente, non vedo alcuna ragione per questa guerra. Vedo solo sofferenza, conseguenze drammatiche, solo scenari orrendi. Ma Putin ha un modo di pensare molto diverso rispetto a noi Paesi democratici occidentali».
Crede che la minaccia nucleare paventata da Mosca sia reale?
«Spero che l’arma nucleare non sia usata. Sarebbe una violazione di ogni diritto e regola internazionale, come del resto lo è la guerra che la Russia ha scatenato in Ucraina. Putin ha detto che è pronto a considerare l’arma atomica se l’Occidente sarà coinvolto nel conflitto. È il motivo per cui noi aiutiamo gli ucraini in ogni modo possibile, inviando armi, materiale di difesa, aiuti umanitari e finanziari, e anche con sanzioni molto pensanti, ma cercando di evitare ogni escalation del conflitto. Per questo non mandiamo le nostre truppe sul terreno. Noi dobbiamo assicurarci che l’esercito ucraino possa combattere e vincere».
Chi sta vincendo?
«Non lo sappiamo. Come non sappiamo cosa succederà. Però siamo consapevoli che il popolo ucraino ha dimostrato una volontà molto forte di combattere e lo spirito nazionale è solido, votato a conservare l’indipendenza e la sovranità. Vogliono essere liberi di scegliere il proprio destino. Dobbiamo sostenerli in ogni modo».
Putin giura che «rinunciare alla neutralità è un grave sbaglio». Lo è?
«Per noi? Assolutamente no. Abbiamo preso questa decisione perché vogliamo massimizzare la nostra sicurezza. Non è contro qualcuno o qualcosa. È per la nostra protezione. Non è un errore. È la reazione naturale della Finlandia davanti alla guerra di Putin contro un Paese del nostro vicinato. Mi sembra una decisione molto pragmatica».
La Turchia cerca di bloccarvi. Come convincerete Erdogan a non ostacolare il vostro accesso alla Nato?
«Dobbiamo discutere con calma, vedere se ci sono dei malintesi e, nel caso, correggerli. La risposta è il dialogo».
Pochi Paesi come la Finlandia conoscono così bene, e in modo indipendente, la Russia. Non potreste essere voi ad avviare una mediazione diplomatica? Il presidente Niinistö ha frequenti contatti con Putin…
«Se ci fosse stata questa possibilità l’avremmo già usata senza esitare. Noi non vogliamo che la guerra continui, anche solo un giorno di più. Ma Putin ha una testa tutta sua».
Chi potrebbe farlo?
«Al punto in cui siamo, l’azione più importante è sostenere l’Ucraina, far sì che vinca la guerra. Dobbiamo armarli, finanziarli e aiutarli dal punto di vista umanitario. Dobbiamo essere sicuri che possano farcela. È la sola possibilità per fermare Putin».
Ha visto Mario Draghi. Le ha dato il pieno appoggio al vostro ingresso nell’Alleanza?
«Il sostegno dell’Italia è forte. Abbiamo discusso come possa essere possibile approfondire ulteriormente la nostra collaborazione. Pensiamo di organizzare incontri bilaterali a livello ministeriale per parlare di Sicurezza, di industria della Difesa, tecnologia e digitalizzazione, transizione Green. Ci sono molte possibilità per lavorare insieme e meglio. Le approfondiremo».
Il premier italiano è un convinto sostenitore di una Europa più integrata, il più federale possibile. Lei crede che la guerra abbia convinto gli scettici che serve un’Unione più forte e stretta?
«L’elemento cruciale è che i governi siano coesi in questa situazione, cosa che stanno facendo. Ci siamo coordinati e abbiamo dimostrato pieno sostegno all’Ucraina, anche con le nostre sanzioni. In questa fase è chiara la forza dell’Unione europea, siamo solidi e vicini come non lo siamo mai stati. Credo che Putin sia rimasto sorpreso della nostra reazione compatta dopo la sua aggressione».
È sufficiente?
«Sono persuasa che ci sia bisogno di un’Europa più forte per un futuro prossimo. La discussione sull’Autonomia Strategica (varata al vertice di Versailles di marzo, ndr) è il dibattito più importante sul tavolo. Mi auguro che sia una ben attiva nei molti settori in cui l’Unione ha bisogno di essere più forte e indipendente, come il cibo, l’energia, l’acqua: è necessario essere certi che in ogni momento siano disponibili i mezzi per rispondere ai bisogni primari dei cittadini, cosa che non succede con i combustibili fossili e l’energia. Dipendiamo troppo dalla Russia e dovremmo essere autosufficienti».
Vale anche per la Sicurezza?
«La nostra capacità di Difesa va rafforzata. E aggiungerei anche la tecnologia, di cui non si parla abbastanza. La Cina e gli Stati Uniti hanno fatto pesanti investimenti nelle nuove tecnologie, dovremmo farlo anche noi, insieme, molto meglio di quanto non succeda adesso, per essere sicuri di usare le nostre risorse in modo più efficace. Non possiamo permetterci un’eccessiva dipendenza da altri Paesi in un mondo in cui presto tutto sarà digitalizzato. Allo stesso tempo, dobbiamo intensificare la cooperazione con i nostri partner democratici – Giappone, India, Stati Uniti – e stabilire rotte commerciali efficienti».
La Finlandia è pronta ad accettare un nuovo sforzo di bilancio comune europeo, sulla falsariga del Next Generation Eu, per affrontare la crisi energetica ed economica che rischia di piombarci addosso in autunno?
«Non siamo in favore di strumenti come questo. È stato difficile far passare il Next Generation al Parlamento finlandese. Serve la maggioranza di due terzi, è stata davvero dura. Dovremmo piuttosto utilizzare meglio quelli che esistono, sfruttare i margini presenti nei programmi già approvati, ad esempio per la transizione Green e la digitalizzazione. Noi, in Finlandia, abbiamo investito metà di questi capitali nella transizione verde. Abbiamo gli strumenti e possono essere distribuiti meglio. Ci sono 200 miliardi di prestiti che non sono stati usati ancora. Procediamo con le risorse che ci sono già».
Ritorniamo al principio. Alla guerra. C’è molta gente che non aveva mai vissuto tutto questo ed è spaventata. Lo stesso vale per chi gli orrori se li ricorda bene. Come li tranquillizzerebbe?
«È comprensibile che i cittadini abbiano paura di un’escalation e che il conflitto si allarghi. È una emozione naturale. Nessuno vuole la guerra, ma la guerra c’è. E allora bisogna anche essere coraggiosi, e accertarsi di essere dalla parte giusta della Storia».
Lo siamo?
«Non c’è dubbio». —