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 2022  maggio 19 Giovedì calendario

Un’iniezione di giovinezza per il cervello

Una scoperta che potrebbe aprire la strada a nuove terapie contro il declino cognitivo, la demenza senile e altre malattie neurovegetative. Topi anziani (18 mesi) ai quali è stato iniettato fluido cerebrospinale prelevato da topi giovani (circa 10 settimane di vita) hanno visto migliorare la propria memoria.
Era già noto come il liquido cerebrospinale riuscisse a fornire alle cellule cerebrali sostanze nutritive, molecole di segnalazione e fattori di crescita, ma il suo ruolo nell’ambito dell’invecchiamento cerebrale non era stato ancora ben analizzato.
Un’équipe internazionale coordinata da ricercatori dell’università di Stanford ha chiarito, in uno studio pubblicato sulla rivista Nature, il meccanismo con cui l’iniezione di liquido cerebrospinale modificava l’espressione dei geni a livello dell’ippocampo, uno dei centri della memoria del cervello, responsabile della creazione, conservazione e richiamo dei ricordi.
I ricercatori hanno riscontrato un’attivazione dei geni degli oligodendrociti, cellule cerebrali che producono la mielina, la sostanza che protegge e isola le fibre nervose permettendo il passaggio dei segnali nervosi. Gli scienziati hanno potuto dimostrare che questo potenziamento di attività era legato all’accresciuta produzione di un fattore di crescita, noto come Fgf17, la cui espressione diminuisce nei topi anziani. L’infusione del fattore di crescita in questi ultimi ha riprodotto gli effetti osservati con l’infusione di liquido cerebrospinale giovane, inducendo la proliferazione delle cellule precursori degli oligodendrociti e migliorando la funzione di memoria.
Questi risultati identificano dunque il Fgf17 come un potenziale fattore di ringiovanimento per il cervello ed è proprio su questa proteina che puntano i ricercatori per poter invertire il decadimento della memoria negli esseri umani. L’infusione del liquido cerebrospinale è infatti una procedura troppo complessa: la raccolta del liquido deve essere eseguita con estrema precisione per evitare contaminazioni. L’infusione poi deve essere lenta per non compromettere il delicato equilibrio della pressione cerebrale e va effettuata in una specifica area all’interno del cervello: il ventricolo cerebrale. Resta ora da stabilire se il Fgf17 possa diventare un bersaglio terapeutico per lottare contro il declino cognitivo.
Recenti studi, effettuati sempre su topi, sono riusciti a riportare indietro le lancette dell’orologio grazie al sangue o a cocktail di molecole, agendo su diverse parti dell’organismo come muscoli e pelle.