La Stampa, 18 maggio 2022
Il pranzo gelido del centrodestra
Si sono visti dopo quattro mesi e non si sono fatti nemmeno una foto. I leader del centrodestra sono tornati a riunirsi, ma in fondo solo per dirsi quello che era chiaro da tempo: le distanze sono enormi e accorciarle, a meno di un mese dalle amministrative, sarà difficile. Le doti indiscusse di padrone di casa di Silvio Berlusconi, che ad Arcore ha offerto risotto alle melanzane e branzino in crosta, non sono bastate per addolcire un clima definito, dagli stessi partecipanti, «gelido».
Il vertice ad Arcore, convocato all’improvviso dopo molti balletti sulle date, aveva un’importanza simbolica, ma è fallito su due aspetti politici non trascurabili: le elezioni amministrative e le prospettive della coalizione. Dopo alcuni passaggi sulla giustizia (Salvini ha chiesto impegno, anche mediatico, per i referendum), lo scontro più duro è avvenuto sulla Sicilia, che torna al voto in autunno: Giorgia Meloni pretendeva di ottenere l’appoggio alla ricandidatura di Nello Musumeci, attuale governatore, Matteo Salvini, convinto che il presidente non abbia molte chance di vittoria, ha chiesto di prendere tempo e Berlusconi ha tentato un’impossibile mediazione.
I leader sono entrati con idee diverse e sono usciti con visioni e versioni opposte e in questo caso la forma è sostanza: nessun comunicato congiunto, nessuna immagine diffusa, ma soltanto note di partito con le quali si mostra stupore, per le note degli altri.
Al termine del vertice il Cavaliere e Salvini ostentavano ottimismo: «Sono molto soddisfatto», dice il segretario del Carroccio tornando a Roma subito dopo il caffè per «impegni parlamentari»; «solo un pazzo potrebbe pensare di mandare all’aria questa coalizione. Aggiorneremo il programma, ne avremo uno unico, la coalizione va avanti spedita», ribadiva il Cavaliere. Ottimismo smentito da un comunicato di Fratelli d’Italia: «L’unità della coalizione non basta declamarla. Occorre costruirla nei fatti». E i fatti ora, per FdI, sono di segno opposto per «non aver ancora ufficializzato la ricandidatura di Musumeci, su cui la personale dichiarata disponibilità di Berlusconi si è fermata di fronte alla richiesta di Salvini di ritardare l’annuncio del candidato». Quindi la denuncia di «regole ancora fumose» su alleanze e programmi comuni, con un riferimento alla spartizione dei collegi per le politiche dell’anno prossimo e il rammarico per le divisioni in 5 «grandi città», nelle comunali di giugno.
Toni molto duri, che segnano un cambio di atteggiamento rispetto al passato, e che suscitano lo «stupore» di Berlusconi, molto seccato con Meloni. FdI mostra a sua volta «stupore per lo stupore», visto che, secondo la ricostruzione di via della Scrofa, il Cavaliere avrebbe mostrato a Meloni e a Ignazio La Russa un comunicato di sostegno a Musumeci pronto per essere diffuso alla stampa e poi sparito. Una circostanza che viene smentita da Arcore: «Il presidente ha detto solo di voler parlare con i dirigenti siciliani per trovare una soluzione». Salvini ha evitato di rispondere alle accuse, per lui però ha parlato il capo della Lega sull’isola, Nino Minardo: «I dubbi su Musumeci non sono di Salvini o della Lega, ma semmai della netta maggioranza dei siciliani». Durante il vertice i leader si sono scambiati dei sondaggi, uno dei quali mostrerebbe Musumeci sarebbe in forte difficoltà, «il 70% dei siciliani ne dà un giudizio negativo». Meloni avrebbe chiesto agli interlocutori di fornire nomi alternativi: «È troppo presto», la risposta. La leader di FdI lascia villa San Martino con la paura che, al contrario, sia troppo tardi. —