il Fatto Quotidiano, 18 maggio 2022
Il generale Figliuolo guadagnerà 60 mila euro in più
Una norma infilata nel cosiddetto decreto Aiuti aumenta lo stipendio del generale Francesco Paolo Figliuolo, già commissario straordinario per il Covid e da gennaio, per quanto sembri un gioco di parole, passato al Covi, il Comando operativo di vertice interforze che ha sede nell’ex aeroporto militare di Centocelle, Roma est. Di quanto lo aumenta? Di circa 60 mila euro, per arrivare poco sotto il limite massimo dei 240 mila annui lordi. Questo secondo le nostre fonti, perché ufficialmente, ci spiegano dalla Difesa, le retribuzioni dei generalissimi “soggiacciono al tetto annuo lordo di 240.000 euro vigente nella Pubblica amministrazione” ma sono segrete. Sono cioè compensi “esentati dall’obbligo generale” di pubblicità, “a tutela della sicurezza nazionale interna ed esterna”, scrive lo Stato maggiore, senza smentire i nostri conteggi.
Il Covi coordina, tra l’altro, le nostre missioni militari all’estero, comprese quelle nei Paesi baltici e in Romania molto vicine all’Ucraina invasa dalle truppe di Mosca. Su alcune casse di munizioni spedite laggiù e finite in mano ai russi c’era l’indirizzo del Comando, il che preoccupa chi abita nel popoloso quartiere circostante. Dal Covi dipendono anche “i Comandi interforze per le operazioni delle forze speciali (Cofs), per le Operazioni nello spazio (Cos) e per le Operazioni in sete (Cor) per i profili Cyber e per le attività e gli apprestamenti di Cyber defense”, scrive l’ufficio stampa dello Stato maggiore.
La norma del decreto Aiuti, approvato il 5 maggio ma bollinato solo ieri dalla Ragioneria generale e in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, la capiscono solo gli addetti ai lavori. L’articolo 51 della bozza, infatti, modifica il Codice dell’ordinamento militare (Com) per completare l’equiparazione del comandante Covi al capo di Stato maggiore della Difesa, al Segretario generale della Difesa, ai capi delle forze armate e al comandante generale dei carabinieri. Sono i generali (o ammiragli) con la “quarta stella” in aggiunta alle tre che corrispondono al generale di corpo d’armata. In realtà solo i primi due hanno una vera quarta stella, per gli altri (Covi compreso) è solo “funzionale” e quindi bordata di rosso. A quegli incarichi (art. 1818 del Com) corrisponde una “speciale indennità pensionabile”, che secondo le nostre fonti ammonta appunto a 60 mila euro annui lordi.
Se il generale Figliuolo è arrivato poco i 240 mila annui guadagna circa il doppio dello stipendio base di un generale di corpo d’armata, anche se già prima del Covid la sua retribuzione come comandante logistico dell’Esercito era più alta. Per l’incarico di commissario straordinario Covid, a quanto ci dicono, non ha avuto emolumenti aggiuntivi. Puntava alla nomina a capo di Stato maggiore, per il quale gli è stato preferito l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone che viene dalla Marina ed era già stato comandante interforze, ma ora il Covi è solo un gradino sotto. Anzi nelle forze armate c’è chi si interroga su un’apparente duplicazione di funzioni.
Non è una leggina ad personam, o per così dire “ad Figliolum”. La quarta stella “funzionale” – ma forse senza “speciale indennità” – ce l’aveva già il generale Luciano Portolano che era a capo del Coi (Comando operativo interforze) quando è stato trasformato in Covi, nel luglio 2021, con un potenziamento che “si colloca – scriveva la Difesa – nella direzione di agevolare il comando nelle operazioni nei cinque domini (terra, mare, cielo, spazio e cyber) individuandolo quale interlocutore unico e privilegiato (principio dell’unicità del comando)”.
Degli altri ministeri si può conoscere la retribuzione dei dirigenti consultando i siti. Il tetto dei 240 mila euro annui e l’obbligo di trasparenza, spiegano dalla Difesa, sono stati introdotti nel 2013 (governo Monti). Lo Stato maggiore fa però risalire al decreto legge 162 del 30 dicembre 2019 (governo Conte-2) la previsione di possibili deroghe per il comparto sicurezza e per il ministero degli Esteri, ma anche per il comandante della Finanza che dipende dal ministero dell’Economia. Alla Difesa si rendono conto che non è sostenibile, infatti scrivono che “sono in fase conclusiva le attività di concertazione interministeriale per l’adozione di un provvedimento normativo di natura regolamentare che disciplini secondo criteri di uniformità, a tutela dei citati primari interessi pubblici, le esenzioni dalla pubblicazione per tutte la Amministrazioni del Comparto”. Buon lavoro.