il Giornale, 18 maggio 2022
Palma d’oro a Forest Whitaker
La prima volta fu un successo. Era la primavera del 1988 e un giovane Forest Whitaker – 27 anni non ancora compiuti – atterrò a Cannes accompagnato da un fuoriclasse. Clint Eastwood lo aveva scelto come protagonista di Bird, in cui l’attore recitava nei panni di Charlie Parker, genio del sassofono jazz. E fu subito Palma d’oro per la miglior recitazione maschile. «È un film che mi ha cambiato la vita. Mi ha lanciato nel panorama internazionale» ha detto ieri ripresentandosi sulla Croisette. E c’è da credergli perché 34 anni dopo ritorna a Cannes per ritirare il premio alla carriera che a luglio scorso andò a Marco Bellocchio. «Se oggi sono quello che sono lo devo a quel Parker-Bird e mi sento onorato del riconoscimento che sto per ricevere».
Ieri Whitaker – che ad agosto inizierà le riprese del film Megalopolis, diretto da Francis Ford Coppola – ha battezzato il matinée della prima giornata del festival con la sua più recente opera da produttore, For the sake of peace diretto da Christophe Castagne e Thomas Sametin. Si tratta di un documentario sul Sud del Sudan, uno dei Paesi più giovani e al tempo stesso più violenti, devastato da faide interne che dal 2011 a oggi hanno fatto 350mila morti. Il film racconta però una storia positiva di uomini e donne che alla pace non rinunciano e, attraverso il calcio, cercano di cementare un’amicizia tra bambini e ragazzi di tribù avverse.
È l’anelito al cambiamento che anima un Forest Whitaker attento al sociale. È lui stesso a confermarlo. «Tra i progetti che mi vengono proposti scelgo e privilegio sempre quelli attenti a questa dimensione. Non ho smesso di usare questo criterio nemmeno ora, come produttore. Forse una piccola deroga interviene quando seleziono i copioni da interpretare». Piccola bugia. Neanche in questo caso l’americano riesce completamente a dimenticare un principio che lo ha guidato pure nel recente impegno delle serie tv. Roots è una storia di schiavismo nel Settecento. Godfather of Harlem racconta la storia vera del boss del crimine Bumpy Johnson. Empire riguarda un ex delinquente dedito all’hip-hop che scopre di avere la Sla e l’elenco potrebbe continuare.
Ai temi legati all’attualità si aggiunge adesso l’ambiente, in un processo di coinvolgimento sempre più ampio a livello mondiale. E, alla prima uscita tra le attrazioni del festival, fioccano le domande dalla stampa africana e centro americana. «L’emergenza sociale in Nigeria e i problemi del Chiapas, sempre sconvolto da povertà, criminalità e rivoluzione mi hanno fatto comprendere che non potevo ignorare quelle realtà».
Il vegetariano Forest Whitaker che lotta in difesa degli animali e ha portato sulla sua strada anche la figlia minore True, sa che ormai il suo ruolo è quello di testimonial di lusso sui veri valori dell’umanità in questo avvio di terzo convulso millennio. Ed esserci significa non chiudere gli occhi davanti a quello che oggi rappresenta un’emergenza, non soltanto in qualche angolo di mondo ma su scala planetaria. Il ragazzo di 27 anni che sbarcò a Cannes nel 1988 è cresciuto e oggi alleva talenti. I registi francesi del docufilm lo dimostrano. Faticano perfino a guardarlo per deferenza e riconoscenza. Spendono quelle che sembrano le solite parole di circostanza ma si vede che ci credono. Intanto il film avrà nuovi passaggi sugli schermi della Croisette prima di approdare al cinema.
Il Festival ha calato il primo dei suoi assi e il primo tappeto rosso si affolla. Il cast del film inaugurale, Coupez! si prende la prima raffica di applausi e i primi scatti dei fotografi, come l’anno scorso sottratti alla strada, dove sono rimaste poche scale per i paparazzi figli di qualche dio minore e meno fortunati. Gli altri, rigorosamente in smoking, sono assiepati ai lati del red carpet dove sfilano i divi, sotto gli occhi del mondo e dei curiosi appoggiati in modo composto ma massiccio alle balaustre a caccia di un sorriso, un selfie o un autografo démodé. Alla faccia del covid, di cui ormai, forse a torto, non ha più paura quasi nessuno.