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 2022  maggio 17 Martedì calendario

Intervista a Tiffany McDaniel

Un buio categorico prende a sgorgare da un punto misterioso del nostro mondo. Il suo manto conquistail pianeta con una gradualità ineluttabile. È come se una boccetta d’inchiostro si fosse rovesciata sulla superficie del globo. In tanto nero un individuo chiamato Laken Cottle s’affanna per tornare a casa. L’itinerario contempla incontri miracolistici, frotte di animali colorati, paesaggi dalle suggestioni sconvolgenti, stuoli di streghe guerriere, navicelle per il salvataggio dei bambini… S’accumulano le tappe di un viaggio fantasmagorico e metafisico che cerca motivazioni per il troppo buio. Descrive il tutto, con stile acido e limpido, l’americana Tiffany McDaniel neL’eclisse di Laken Cottle, appena uscito in Italia per Atlantide in prima edizione mondiale. Scandita da una prosa visionaria e declinata interamente al presente, la parabola procede tra rapide alternanze di squarci di luce eimpliciti interrogativi sulla colpa.
In qualche modo sembra prevedibile e prevista l’avanzata distruttiva degli eventi. È giunto il tempo della fine?
Nata nell’85, Tiffany è una figura appartata ed enigmatica. Evita i premi, le interviste e le tournée letterarie. Inventa le sue allucinate metafore radicata in un paesino sperduto dell’Ohio. Dal suo aspetto notevole (vasta chioma avvolgente, taglio esotico degli occhi) si può evincere la sua origine parzialmente nativo-americana. A lei si deveL’estate che sciolse ogni cosa,libro demoniaco diventato di culto per folle di lettori negli Usa e in Gran Bretagna. In Italia lo presentò Atlantide nel ’17, ottenendo un plauso clamoroso e un destino cadenzato da molte ristampe. In seguito altri titoli hanno consacrato il talento lirico e gotico di Tiffany, vedi Il caos da cui veniamo eSul lato selvaggio. Mentre aumentano le riedizioni e le traduzioni, crescono i fan di quest’anomala cantastorie amata dalla rete e dalle librerie indipendenti. La sua prosa nitida e invischiante riflette il piglio diun’autentica narratrice.
Tiffany: quando e perché ha concepito “L’eclisse di Laken Cottle”?
«A vent’anni mi capitò di sognare d’essere sola in mezzo all’oceano.
Guardando l’orizzonte scorgevo un’oscurità fittissima e sempre più vicina, e non riuscivo a fuggire nuotando. Una volta sveglia mi chiesi cosa sarebbe successo se la terra fosse stata minacciata dal buio totale e se in quel caos ci fosse stato un uomo che cercava semplicemente di tornare a casa.
Non volevo solo indagare la sostanza scura che divorava il mondo, ma anche le tenebre di un’anima. Da qui venne la spinta per scrivere L’eclisse di Laken Cottle,libro tenuto in serbo per anni come una creatura muta che attendeva il momento giusto per manifestarsi».
Considera questa vicenda uno specchio dei nostri giorni? Crede che stiamo scivolando in un abisso definitivo?
«Tra la pandemia, la guerra in Ucraina e i mutamenti del clima che minacciano il pianeta e tutte le sue specie, non è difficile sentireche una coltre nera sta calando sulla realtà. Indubbiamente rischiamo di sparire, se non ci mettiamo ad agire come una comunità globale per cercare di trovare soluzioni a problemi gravissimi. Che siano la siccità in Somalia o l’esodo dei rifugiati ucraini, o le violenze contro le donne indigene negli Stati Uniti, o gli incendi causati del cambiamento climatico, non possiamo più chiudere gli occhi».
Come si scappa dal buio? Lei si salva scrivendo?
«Leggo più saggistica che fiction e prediligo la cosmologia, che riguarda anche il nostro posto nell’universo. Una delle caratteristiche straordinarie del buio che circonda il pianeta è il fatto che persino nello spazio infinito c’è la luce. C’è quella delle stelle, ci sono galassie luminose e c’è il segno lucente di una collisione avvenuta tra stelle appartenenti al passato remoto.
Scrivere sull’oscurità è per me un modo di tenere il telescopio puntato sugli astri più brillanti».
Il buio che lei dipinge può illuminarsi di esseri incolpevoli.
Pure in questo suo romanzo, come negli altri che ha fatto, si stagliano presenze positive.
«Molti fra noi stanno nella zona grigia tra il bianco e il nero.
Abbiamo quasi tutti la capacità di compiere sia il bene che il male, e definiamo chi siamo tramite le nostre azioni e decisioni. Quando descrivo i miei personaggi, li posiziono in quella zona grigia e mostro come si sviluppa la loro identità, se in un verso o in un altro. I lettori credono di conoscere un personaggio dall’inizio, ma a volte lui fa qualcosa, nelle ultime pagine, che modifica la loro opinione.
Lungo la trama diSul lato selvaggio,due sorelle cresciute nella tossicodipendenza vengono a patti con le delusioni della propria vita.
Si collocano davvero sul lato più selvaggio dell’esistenza, eppure chi legge può capire le circostanze che le hanno portate in quel contesto attraverso l’esplorazione della loro interiorità. Quanto al Laken deL’Eclisse di Laken Cottle, i lettori capiranno completamente chi è solo alla fine».
Rifiuta la definizione di fantasy per “L’Eclisse di Laken Cottle”?
«È riduttiva. I miei lavori partecipano a un raggio molto ampio di generi e mi piace pensare che i lettori scelgano che cosa sia per loro un libro solo dopo averlo letto. Aggiungo che fin da piccola sono stata attratta dalle leggende e dai miti greci ed egizi e in particolare da quelli indigeni, grazie alla cultura Cherokee da cui proviene la mia famiglia. Quei testi sono fonti d’ispirazione».
Ha saputo sempre di essere una scrittrice?
«Sì. Da bambina confezionavo a casa libriccini e li pubblicavo con un mio editore immaginario, Sunshine, come il nome del mio gatto. Rovistando in vecchi scatoloni, ho pescato una busta che avevo sigillato nell’infanzia.
Conteneva una mia frase: “Desidero scrivere qualcosa che la gente abbia voglia di leggere”. Mi sono data da fare per realizzare il sogno di raccontare storie a persone che sentano di non sprecare il loro tempo leggendole».