La Stampa, 17 maggio 2022
Vado a vivere in un borgo (ma solo se c’è internet)
Una volta poteva capitare di restare appesi al filo, ora la realtà ti tradisce perché il filo non c’è. O il cavo, ad essere precisi. Rivela l’Osservatorio immobiliare Fiaip che, nei dati relativi al 2021, scopre una crescente voglia di acquistare casa nei borghi. A dettarla, è la volontà sempre più diffusa di lavorare in luoghi meno affollati, più tranquilli e con una qualità della vita superiore anche dal punto di vista ambientale. È l’effetto lockdown che ha amplificato la disponibilità di occupazione a distanza. Si registra, rivelano le statistiche, un + 30% di richieste. Ma il dato che gela le vene è che solo una trattativa su quattro si concretizza. I borghi sono spesso scollegati. Il problema è l’assenza di infrastrutture digitali (come la fibra ottica, essenziale per lavorare a distanza) e, in generale, di servizi. Idilli sconnessi, insomma. Ma per quanto sia bello fuggire dalla pazza folla, pochi accettano di vivere scollegati. Sarà poco romantico, ma Internet è un diritto che, in Italia, rientra di sovente fra quelli che non si riesce ad affermare. E non solo fuori dalle città.