Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  maggio 17 Martedì calendario

Manfredi, Gassman e il caso teatro di Castro dei Volsci

ulla disfida del nome i due grandi mattatori della scena italiana, Vittorio Gassman e Nino Manfredi, ne avrebbero riso insieme. Amici di vecchia data, stima reciproca, tutti e due stelle in Accademia d’Arte Drammatica, anzi, gli inizi di Nino furono baciati dall’aiuto di Vittorio. Mai avrebbero immaginato che una risoluzione frutto di una scelta improvvida li avrebbe messi in singolar tenzone. Per l’inizio della storia bisogna andare indietro di vent’anni esatti, quando il teatro del paese natale di Manfredi, Castro dei Volsci, ridente cittadina di quattromila anime in provincia di Frosinone nella laziale Ciociaria, fu intitolato al collega Vittorio Gassman con la scusa che Nino era ancora in vita, come se la sua fama dovesse essere consacrata nell’aldilà. La rivolta dell’opposizione in consiglio comunale non convinse il sindaco d’allora. Oggi una targa intitolata all’attore in un altro paese Ciociaro ha fatto tornare d’attualità il problema. Racconta l’accaduto Luca Manfredi, figlio di Nino, apprezzato regista e sceneggiatore.
Luca, Castro dei Volsci ha tradito suo padre?
«Ma no, la mia intenzione era solo quella di sanare un paradosso. Castro dei Volsci ha un centro storico molto bello e ha visto i natali di mio padre, il cittadino più illustre. Mi era parso fuori luogo intitolare il teatro locale a Gassman che è genovese e che ha tanti altri teatri che portano il suo nome».
Dunque ha insistito anni per avere giustizia?
«Sinceramente l’avevo quasi dimenticato. L’anno scorso, in occasione del centenario dalla nascita di mio padre, con la targa che lo ricordava scoperta a pochi chilometri da lì, mi è venuto spontaneo parlarne».
Abbandonata l’idea di cambiare nome al teatro locale?
«Ne avevo parlato con il sindaco precedente per il quale era fuori discussione. Mi era stato proposto di mettere entrambi i nomi ma io ho declinato l’invito a fare del teatro un “condominio”, lo trovavo fuori luogo».
Perché avevano scelto proprio il nome di Gassman?
«Semplicemente perché il gestore di allora aveva già altri teatri intitolati a Vittorio e dunque si sentiva facilitato. Poi c’è stata la telefonata del nuovo sindaco».
E che cosa le ha detto?
«Leonardo Ambrosi mi ha chiesto di pensare a qualcosa che potesse omaggiare la memoria di Nino. Allora mi è venuta in mente l’immagine che chiude il film «Pane e cioccolata», con mio padre nei panni del migrante Giovanni Garofoli con la valigia in una mano e la giacca nell’altra tra i binari del treno. Lo trovavo simbolico, qui è terra di migranti come il mio bisnonno che andò in America. Ne ho parlato con lo scultore Davide Dormino, un artista che amo che realizzerà l’opera a grandezza naturale».
Ha parlato della faccenda con i figli di Vittorio, Alessandro o Jacopo Gassmann?
«No, assolutamente, loro non c’entrano nulla, abbiamo ottimi rapporti. Io avevo trovato inopportuna la decisione dell’amministrazione del teatro e chiesto una mozione perché il teatro fosse reintitolato, ma avevo ricevuto un “no” dal sindaco precedente. Non vorrei che la polemica fosse strumentalizzata. Il Comune ha dimostrato che l’affetto per Nino c’è e noi stiamo lavorando a questo bell’omaggio. Spero che la vicenda si concluda così perché sta andando troppo per le lunghe»