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 2022  maggio 17 Martedì calendario

Impossibile restare neutrali

Scompaiono due antiche neutralità e tutti, salvo i russi ovviamente, esultano. Finlandia e Svezia si rincantucciano, per paura e per necessità, nell’Alleanza. In un mondo di lupi, dove si parla ormai solo del calibro dei cannoni, non si può più vivere orgogliosamente non allineati, intelligentemente da soli, separati con la propria diversità e rifiutare di omologarsi ai Patti, agli automatismi immisericordiosi, al bilancino della Forza. Sinceramente: non esulto.
Vi leggo, nel rispetto della autonomia delle scelte, il segno di un mondo che, per colpa delle iattanze di Putin, è ormai prigioniero della paura, cerca garanzie armate, è già rassegnato ad innalzare nuovi invalicabili muri dopo tutta la immensa fatica che la Storia del Novecento ha dovuto dispiegare per abbattere quello che li rappresentava quasi per definizione tutti, il Muro in Europa.
Si parla, ormai un po’ a vanvera della necessità di allacciare negoziati, di parlarsi tra belligeranti diretti e indiretti, di cessate il fuoco. Ma non era questo il ruolo perfetto, quasi obbligatorio dei neutrali? Chi se non loro potevano fare da mediatori?
Nel novembre del 2017 sono salito sul treno che collegava Helsinky a san Pietroburgo. Ormai un cimelio, da quando è scoppiata la guerra in Ucraina è stato soppresso. Volevo ripercorre il viaggio di Lenin quando tornò in Russia per organizzare il suo fortunatissimo golpe, cadeva appunto l’anniversario. Il passaggio della frontiera avvenne di sera, nevicava senza vigore, distrattamente. Tutto si svolse in modo svelto e banale, le poliziotte russe controllarono qualche documento qua e là. Ricordavo più lento meticoloso e segnato dal sospetto poliziesco il passaggio alla frontiera di Modane tra le affratellatissime Italia e Francia. Era una tranquilla frontiera europea. La Finlandia era dalla fine della Seconda guerra mondiale, dove aveva combattuto dalla parte sbagliata, neutrale. Oggi sembra che i finlandesi abbiano passato gli ultimi ottanta anni a scavare rifugi antiatomici e a allenarsi a combattere. Mi pareva invece il Paese dove meno si avvertiva che si era combattuto un conflitto non soltanto di popoli ma di ideologie furenti.
Quella svedese è una antica neutralità nata dalla ammissione di non esser più una potenza europea. Proprio a Poltava, nel mezzo della pianura ucraina, l’imperialismo svedese fece la tragica prova del debutto della potenza militare russa, risultandone annientato per sempre. La Finlandia è diversa, la sua è una neutralità nata dalla sconfitta, unico Paese non fascista a battersi a fianco dei tedeschi. Poteva subire il destino degli altri vinti, Stalin poteva dettar legge. Ma la neutralità, e il forte carattere di questo Paese che rifiutò ogni tipo di furba epurazione per scaricare la colpa sui governanti che avevano deciso la guerra, la salvarono. Era una neutralità geniale e ragionevole in cui pesavano, più che le cose dette, le reticenze. La Finlandia era libera di agire, ma doveva essere cauta. Perché sapeva quale era il rapporto di forze, Mosca poteva occupare Helsinki in poche ore. Con l’Urss c’era un «patto di reciproca assistenza», e i russi definivano i finlandesi amici dell’Urss e della pace. C’era tutto in quelle formule amichevoli e insieme minacciose. Alle riunioni dei non allineati prudentemente i finlandesi partecipavano ma come «osservatori». Il prestigio di quel patto era ambiguo come tutte le mitologie, possibilità e incubo insieme. Così la Finlandia è rimasta per ottanta anni in Occidente e ha conservato il suo regime politico inalterato.
Negli anni della Prima guerra fredda fu un capolavoro che qualcuno ha definito di squisita oreficeria: offriva uno spazio e una possibilità. Non a caso la conferenza europea sui diritti umani si tenne a Helsinki.
E invece il mondo si chiude su se stesso: o con noi o contro di noi. La neutralità e la sua storia è un’altra delle vittime di questa guerra criminale. —