Lucio Caracciolo per “la Stampa”, 16 maggio 2022
RUSSIA, UN ALLEATO SCOMODO - LA CINA RIVALUTA LA SCELTA DI AVVICINARSI A MOSCA - PUTIN AVREBBE DOVUTO AIUTARE XI JINPING A 1) EVITARE L’ACCERCHIAMANTO AMERICANO 2) FORNIRE IDROCARBURI 3) TRASFERIRE ARMI E TECNOLOGIA - MA LA RUSSIA SI STA DIMOSTRANDO INAFFIDABILE: PRENDE SCHIAFFI IN UCRAINA, PER I GASDOTTI SERVIRANNO ANNI E LA SUA MACCHINA BELLICA E’ LOFFIA - LUCIO CARACCIOLO: “RUSSI E CINESI AFFRONTANO CRISI PARALLELE. NON SEMBRANO AVERE ALTERNATIVE ALL'INTESA STIPULATA OTTO ANNI FA. MA PER VEDERVI LA GARANZIA DI UN LUMINOSO AVVENIRE COMUNE OCCORRE UNO SFORZO DI FANTASIA, AL LIMITE DELL'ALLUCINAZIONE…” -
Quel che Ucraina ieri unì, oggi potrebbe separare. Il riferimento è alla strana coppia Cina-Russia, sfidanti dell'America. Fu infatti la sconfitta subita nel 2014 con la perdita di Kiev a spingere Putin verso Xi Jinping. Il leader russo considerò quindi inutile aspirare all'integrazione nel sistema mondiale a guida americana. E optò per una quasi-alleanza con Pechino. Fidanzamento d'interesse. Xi Jinping avrebbe potuto rifiutarlo. Ma alla fine decise di stringere l'intesa con Putin. Oggi forse se ne sta pentendo.
Esponenti del regime lasciano filtrare il loro disappunto per la deludente prestazione russa in Ucraina, che inevitabilmente si riflette sulla Cina. Ricordiamo le tre ragioni principali che spinsero il capo della Cina ad abbracciare l'omologo del Cremlino. Primo. L'apertura alla Russia gli permetteva di evitare il completo accerchiamento da parte dell'America. Già allora Washington stava stringendo la morsa intorno alla Repubblica Popolare.
Con India, Australia e Giappone si ponevano le fondamenta del Quad, lo schieramento deputato a stroncare le velleità cinesi di sfidare il dominio americano dell'Oceano Pacifico e degli stretti che lo legano all'Indiano. Per Xi l'intesa con il vicino settentrionale era indispensabile a rompere l'anello di contenimento allestito dall'America contro la Cina. Secondo. In prospettiva, la Russia poteva diventare per la Cina un formidabile fornitore di materie prime, soprattutto (ma non solo) idrocarburi siberiani.
Risorsa indispensabile per lo sviluppo economico su cui il regime di Pechino basa la sua legittimazione. Terzo. Quale grande potenza militare, dotata del massimo arsenale nucleare al mondo (circa 6 mila testate), la Russia appariva un partner essenziale per la sicurezza della Cina. I trasferimenti di armi e di alte tecnologie russe, specie in campo spaziale e cibernetico, avrebbero permesso a Pechino di fare un salto di dieci anni nel rafforzamento delle sue Forze armate.
Gli incredibili errori commessi dalla Russia nella campagna d'Ucraina hanno messo in crisi questi presupposti. Per ordine. Primo. La Russia si è svelata assai poco affidabile come partner. Il fallimento dell'attacco su Kiev, che Putin aveva presentato a Xi come una passeggiata, e l'impantanamento sugli altri fronti mette in questione l'utilità della Russia anche nel quadrante estremo-orientale.
Dove fra l'altro il Giappone sta riarmando alla grande, anche in vista dell'inasprimento della disputa sulle Isole Curili, che impedisce tuttora la firma di un trattato di pace russo-nipponico. Secondo. La Russia si ripromette di surrogare la probabile perdita parziale o totale del mercato gasiero europeo con quello cinese. Ma i gasdotti non sono flessibili come plastica. Prima di riorientarli e strutturare un flusso abbondante e regolare verso la Cina occorreranno molti anni.
Né è detto che Putin abbia tutto questo tempo davanti a sé. Terzo. Alla prova della guerra, le armi russe si sono rivelate assai meno performanti di quanto apparissero. Danno reputazionale, quindi economico, gravissimo per il secondo esportatore di armamenti al mondo, dopo gli Usa. Già diversi Paesi, specie asiatici, preannunciano rotture di promesse o addirittura di contratti d'acquisto di armi russe.
La Cina, che ne ha importate in abbondanza, si domanda se abbia fatto un buon affare e se convenga continuare a dotarsene. Infine, ma non per importanza. L'epidemia di Covid-19 continua a infuriare in Cina. Pechino e Shanghai sono in chiusura stretta, di tono quasi militare. La gente è costretta a lunghe file per fare il test giornaliero obbligatorio. Le proteste diventano esplicite e visibili.
La circolazione delle merci, nel paese e verso l'estero, è molto rallentata. Per Xi Jinping, che ha venduto al suo popolo e al mondo la strategia cinese anti-Covid quale modello da imitare, tale pretesa si volge in boomerang. A sei mesi dal Congresso del Partito comunista chiamato a confermarlo sul trono. Per la prima volta, russi e cinesi affrontano crisi parallele. Non sembrano avere alternative all'intesa stipulata otto anni fa. Ma per vedervi la garanzia di un luminoso avvenire comune occorre uno sforzo di fantasia, al limite dell'allucinazione. Qualcuno a Washington potrà rallegrarsene. Ma se le due crisi si sovrapponessero, l'orizzonte si farebbe cupo per tutti. Ed ecciterebbe gli avventurieri su entrambi i fronti.