Corriere della Sera, 16 maggio 2022
La storia di Evgenia, la regina del Mar Nero
Si dice che qualsiasi marinaio possa andare in mare ma che solo il timoniere sia in grado di scegliere la rotta. Evgenia Bakay, fin da piccola, sognava di entrare in Marina. Mai, però, avrebbe pensato di battere ogni record. «Ho sempre saputo che un giorno avrei fatto parte dell’esercito, anche se non provengo da una famiglia di militari», racconta mentre la stampa ucraina la consacra regina del Mar Nero.
Sulla ventina (la sua data di nascita non viene comunicata per ragioni di sicurezza), Evgenia impara presto che non sempre il vento è a favore. Prima prova ad entrare al Navy Institute di Odessa. Ma niente da fare. «I miei voti erano troppo bassi».
Così ripiega sul college. Qui, dopo aver finito gli studi al Dipartimento di addestramento militare dell’Istituto professionale di trasporto marittimo dell’Accademia della città più importante del Mar Nero, si specializza in costruzione navale. Prima della sua famiglia a indossare la divisa, e prima del suo corso, Evgenia Bakay non si accontenta. E decide di battere un altro record, diventando la prima timoniera della flotta ucraina.
«Durante l’addestramento abbiamo fatto pratica. In particolare, ho studiato da marinaio sulla Chigirin e come segnalatore sulla Hetman Sagaidachny. È stata una bella esperienza», sottolinea. Durante gli studi si rende conto di avere «una relazione speciale con il mare». «Posso guardarlo per ore e non è mai uguale. Inoltre a riva è impossibile vedere tante stelle quante se ne possono contare in mare».
Ora è capo di un team che – dicono – comanda con pugno di ferro. Responsabile della navigazione, è lei a controllare e supervisionare tutte le manovre, correggere le mappe, monitorare le condizioni meteo e del mare. Ed è lei a riferire direttamente al comandante della nave. Inoltre è sempre lei che sta al timone durante l’ormeggio e mentre si leva l’ancora. E, in assenza del comandante, è di nuovo lei a fare le sue veci.
Di paura Evgenia ne ha una sola. «Dicono che nel tempo l’amore per questo lavoro passi e il servizio diventi routine. Ma io spero di no». E se per la vita privata c’è poco spazio, «a bordo si diventa davvero una grande famiglia, quindi difficilmente sento la solitudine».
Di lei, i suoi uomini dicono che è risoluta e capace di sbrigarsela e per questo la rispettano. «Forse perché se c’è qualche problema io non corro dal comandante». A chi poi le chiede se si senta orgogliosa di aver infranto il tetto di cristallo di una categoria così maschile come quella della Marina, replica serena: «Non capisco dove sia la sorpresa. Abbiamo cecchine, pilote, comandanti di fanteria».
A darle ragione, anche i numeri dato che le donne costituiscono circa il 15 per cento dell’esercito ucraino e sono circa 30 mila le colleghe dispiegate sul campo fin dal 24 febbraio. «Certo, prima del 2014 e di piazza Maidan non era così, l’Ucraina era molto più conservatrice e non ci era consentito combattere», continua la timoniera. «Ma poi, alla fine, li abbiamo convinti che eravamo indispensabili anche sul campo». E se ora agli uomini di età compresa tra i 18 e i 60 anni è vietato lasciare il Paese e la maggior parte dei 6 milioni di rifugiati sono donne e bambini, «ci sono anche tante che hanno deciso di restare e combattere».
Un contesto che, per Bakay, si spiega con grande semplicità perché gli stereotipi sulle professioni «non femminili» sono fuori dal tempo, soprattutto in campo militare. E perché «ora la domanda non è se sei uomo o donna. Ma se sei in grado o meno difendere il tuo Paese».