Specchio, 15 maggio 2022
Doppio cognome, così fan tutti
Professore, favorisca il doppio cognome per favore.
«Al Mureden Gallassi: padre siriano, madre bolognese».
Che valore c’è nella sentenza della Corte costituzionale?
«È l’approdo di un lungo percorso di adeguamento alle profonde trasformazioni che hanno interessato la società italiana, la fisionomia della famiglia e la sua disciplina giuridica».
Quanto lungo?
«Oltre tre decenni».
Un percorso lineare?
«No. Nel 1988 la Corte costituzionale confermò la ragionevolezza della necessaria e automatica attribuzione del cognome paterno».
Con quale motivazione?
«Superiore esigenza di garantire l’unità familiare».
Poi cosa è accaduto?
«Un inarrestabile processo di crescita dei tassi di divorzio, diffusione della convivenza non matrimoniale e aumento delle cosiddette famiglie ricomposte. In questo scenario la regola appariva sempre meno aderente alle esigenze di garantire la parità uomo-donna e anche di salvaguardare il fondamentale diritto all’identità personale dei figli e della madre».
C’entra l’identità personale?
«Designa il diritto di ogni persona di essere percepita dagli altri per quello che è. Il cognome costituisce uno degli elementi più importanti perché indica l’appartenenza a una stirpe, l’origine, la storia familiare. L’attribuzione del solo cognome paterno, quindi, fornisce una visione parziale dell’identità dei figli in quanto "nasconde" l’appartenenza alla stirpe materna».
Come mai finora questo problema non si era posto per molte generazioni?
«Dipende dal contesto sociale. Il figlio di genitori che dopo il divorzio formano nuove famiglie e danno alla luce nuovi figli si trova ad avere dei fratelli "unilaterali" che da parte paterna portano il suo identico cognome e da parte materna un cognome completamente diverso, ossia quello del nuovo marito della madre».
Con quali conseguenze?
«Nel primo caso il cognome indica una fratellanza "eccessiva" tra fratelli figli dello stesso padre ma non della stessa madre; nel secondo nasconde un rapporto tra fratelli (figli della stessa madre ma non dello stesso padre) in realtà molto intenso. Ne risulta una distorsione del diritto all’identità personale».
Come funzionerà in concreto la nuova disciplina?
«In attesa del testo della sentenza, possiamo fare solo ipotesi. La regola di base dovrebbe essere quella dell’attribuzione del doppio cognome composto da quello paterno e da quello materno. Solo in caso di diversa scelta concorde dei genitori il cognome potrà essere uno».
Non si rischiano deriva burocratica e liti tra genitori?
«La possibilità di scelta porta con sé maggiore complessità. È possibile che i genitori non siano d’accordo sull’opportunità di attribuire il doppio cognome o che non riescano a sceglierne uno. Si potrebbe porre perfino il problema, nel caso scelgano il doppio cognome, di quale debba essere l’ordine».
Che si può fare?
«Auspico un intervento del legislatore che declini il principio espresso dalla Corte in modo puntuale regolando tutte le questioni».
Cosa accade all’estero?
«Francia, Inghilterra e Germania rimettono all’accordo dei genitori la scelta del cognome: soluzione conforme al principio di parità tra i genitori, ma con l’inconveniente di non realizzare appieno il diritto all’identità personale del figlio. Il modello più convincente resta quello spagnolo: attribuzione obbligatoria del doppio cognome».
Quanto all’ordine?
«La soluzione più diffusa (Francia, Belgio, Spagna) prevede che, in difetto di accordo tra i genitori, si segua l’ordine alfabetico; in Lussemburgo la scelta dell’ordine avviene con sorteggio».
Cosa accadrà alle seconde, terze generazioni? Si sommeranno cognomi?
«Non vedo particolari problemi. Il modello spagnolo costituisce un valido esempio di linearità ed efficienza. Ad ogni generazione entrambi i genitori sono chiamati a scegliere, tra i loro cognomi, quello che vogliono trasmettere al figlio».