Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  maggio 15 Domenica calendario

Biografia di Nina Zilli raccontata da lei stessa

Per strada la fermano soprattutto per la sua attività di cantautrice, anche se negli ultimi tempi ha fatto praticamente di tutto: a gennaio di quest’anno ha pubblicato il suo primo romanzo (L’ultimo di sette, per Rizzoli), nel 2019 un libro di illustrazioni (Dream City, per Mondadori Electa), nel 2015 ha disegnato e lanciato una linea di gioielli (NZ Jewellery Collections), ha fatto tv (dal 2015 al 2017 Italia’s Got Talent su Sky Uno e nel 2018 The Voice su Rai2). E nove giorni fa - il 6 maggio - Nina Zilli, 42 anni, ha pubblicato un nuovo singolo, Munsta, senza rinunciare a creare per l’occasione, in edizione limitata, un «profumo iconico» (così c’è scritto nel comunicato stampa) dal nome di Eau de Nina Zilli.
Ma non fa troppe cose?
«Penso di no. E non mi interessa chi dice: Sei cantante? Canta e basta. Oggi è tutto più intrecciato, meno rigido: se c’è qualcosa di artistico, e mi piace, lo faccio».
E c’è sempre?
«Bella domanda. Diciamo che ho tante passioni. Figlia unica, sono cresciuta in un paesino della campagna piacentina (Gossolengo, ndr) cercando di contrastare in ogni modo la noia. Non c’era mai niente da fare, così le ho provate tutte. Per questo a volte penso che se all’epoca ci fosse stata la Rete, forse non avrei mai imparato a suonare e cantare. Avrei passato le giornate navigando».
Adesso quanto tempo perde sul web?
«Grazie a Dio sono una boomer e più di tanto non ci sto. A volte, se me le fanno girare, rispondo a qualche hater. Quando esagerano con gli insulti e le balle, intervengo e bacchetto di brutto».
Che cosa le dicono?
«Sta con quello a Bologna, con quell’altro a Milano, l’hanno fatta fuori da quel programma... Qualcuno che ce l’ha con me e non capisco perché».
Che lavoro fa oggi?
«Sempre lo stesso: cantautrice. Ma forse, tornando al discorso di prima, non mi definirei un’artista, sono un’artigiana musicale. Gli artisti sono altri: Jimi Hendrix, Nina Simone, Ella Fitzgerald... Quando l’ascolto vado in depressione e non canto più per un mese. Lei era una meraviglia di un altro pianeta».
A che punto della vita è?
«Buono. Sono riuscita a dare un senso alla pausa forzata di questi anni facendo un romanzo (storia di due amanti, ndr) e un disco (il quinto, ndr) che uscirà in inverno».
In Munsta parla di cambiamenti: i suoi di recente quali sono stati?
«La mia è stata una rivoluzione che mi ha messo anche in difficoltà: ho perso l’orientamento».
Cosa è successo?
«Più di due anni fa, prima del lockdown, ho cambiato fidanzato, manager, casa... tutto. Anche la mia storica band Chiara e gli Scuri. È stato dolorosissimo».
Perché l’ha fatto?
«Per necessità. Non c’era più magia e intesa. Sono rimasta in rapporti d’amicizia con tutti, però. Sono una fricchettona che vuole vivere in pace».
Per fare tutto questo cosa c’è voluto?
«Istinto per capire e un po’ d’incoscienza per fare».
Il lockdown l’ha vissuto da sola?
«No. Avevo appena iniziato a frequentare Daniele (Lazzarin, 40 anni, nome d’arte Danti, musicista di Desio, in provincia di Monza, noto anche come autore di Andiamo a comandare di Rovazzi. ndr), che all’epoca lavorava a Roma con Fiorello. È venuto su a Milano per il weekend, non è andato più via. Aveva il trolley per due giorni...».
Il suo bilancio com’è? Poteva andare meglio?
«Io volevo scrivere e cantare le mie canzoni. Ho fatto quindici anni di gavetta, avanzando un po’ alla volta sempre con le mie due zampette. Non mi lamento, ma ho tante cose che non sono andate bene. Alcuni dischi, per esempio. Diciamo che corro corro come un criceto ma non arrivo mai».
Dalla tv si aspettava di più?
«Non è il mio lavoro, la faccio con leggerezza. All’inizio avevo paura di non essere capace, poi mi sono fatta le ossa».
Ha smesso di farla, però.
«Stavo trascurando la musica. E così, a malincuore, ho mollato. Se mi proporrano qualcosa, tornerò. Niente è per sempre».
Nel 2012 andò a Baku, in Azerbaijan, per l’Eurovision: che ricordo ha?
«Bella esperienza (Emma, che quell’anno vinse a Sanremo rinunciò, lei alla fine si classificò nona, ndr), sia professionalmente che umanamente. Ma è stata un’occasione sprecata: non ero pronta io, ma neanche il mio staff, il mercato etc. Era troppo presto».
L’errore più grande che ha fatto finora?
«Dire di no a Ferzan Ozpetek (nel 2010 cantò 50 mila poi finita nella colonna sonora di Mine vaganti, ndr) quando mi chiese di recitare. Mi cagai sotto. Sono una secchiona e non avendolo mai fatto prima...».
Per quale film le fece l’offerta?
«Per uno che poi non fece per girare nel 2012 Magnifica presenza. Lo sfizio, però, me lo sono tolto adesso».
Cioè?
«L’anno scorso ho fatto una barista dell’Arci di Bologna nel film La California di Cinzia Bomoll. La sceneggiatura è la voce fuori campo sono di Piera Degli Esposti. È una storia di donne. Nel cast ci sono anche Angela Baraldi, Stefano Pesce e Lodo Guenzi. Deve ancora uscire».
Di cosa va più fiera?
«Il premio Mia Martini a Sanremo, nel 2010, per L’uomo che amava le donne».
Meno fiera?
«Certe mie uscite spontanee tipo quella sulla mia laurea allo Iulm di Milano (Nina Zilli è laureata in Relazioni pubbliche, specializzazione in consumi e pubblicità, con una tesi sulle subculture giovanili, ndr)».
Quando nel 2012 disse di essere laureata in stronzologia e il suo rettore la querelò?
«Esatto. Alla fine ho vinto la causa, c’è ancora libertà di battuta, ma quanti soldi - in avvocati - e tempo buttati».
E poi quella su Salvini. Il 6 luglio 2018, a Comacchio (Ferrara), durante un concerto per la Notte Rosa, disse Fanculo all’allora ministro degli Interni, per poi scusarsi.
«Vabbè, parliamo d’altro».
Si sposa, avrà figli?
«Non lo so. Finora di sicuro non ho trovato la persona giusta (negli ultimi anni è stata legata al cantante Neffa, al trombettista Riccardo Gibertini, al pugile-pittore Omar Hassan, ndr). Con Daniele sono felicissima».
Munsta, il suo nuovo singolo, che vuol dire?
«Viene da Munsters, una serie tv americana degli Anni 60 con una colonna sonora surf strumentale. Parla di cambiamento».
Musicalmente il ritornello è identico a Guaglione, canzone napoletana portata al successo nel 1956 da Aurelio Fierro e poi da Renato Carosone...
«Sì, è vero.
Un giorno ho scritto e registrato al volo la prima strofa: La farfalla non lo sa, che il giorno dopo morirà.... Mi piaceva però era troppo familiare: grazie a un amico editore dopo un mese siamo riusciti a capire tutto. Ora la canzone è firmata anche da NiSa e Giuseppe Fanciulli, gli autori di Guaglione».
Prima dei 50 anni che sfizio vorrebbe togliersi?
«Vorrei andare in India a leggere le foglie del destino nel Tempio di Vaithiswarankoil. Mi hanno detto che è un’esperienza incredibile».
Ha fatto tante promesse che deve mantenere?
«Tante. Qualcuna temo di averla dimenticata».