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 2022  maggio 15 Domenica calendario

In morte di Valerio Onida

Luigi Ferrarella, Corriere della Sera
«C’è un educatore del carcere di Bollate che la cerca», si sentì chiamare un giovane avvocato d’ufficio, e al telefono c’era un tizio che con tatto gli chiedeva se avesse mai esplorato una certa questione giuridica per un detenuto suo assistito. Idea acuta, convenne stupito il legale, salvo dover poi ritelefonare al carcere per farsi dire come si chiamasse l’educatore così gentile che lo aveva cercato per quel detenuto: «Valerio Onida, l’ex presidente della Corte Costituzionale». Ecco racchiuse in una telefonata l’umiltà e la passione del giurista milanese morto ieri a 86 anni. L’umiltà: quella di un presidente emerito della Consulta che va a fare volontariato in carcere, e se l’ultimo degli ultimi reclusi gli rivolgeva la parola non c’era chiamata di personaggio «importante» che potesse distoglierlo da quell’attenzione alla persona.

E la passione, per l’insegnamento ai suoi studenti all’università: capace di assorbire qualunque altra cosa, al punto che ancora c’è chi si ricorda la volta in cui, mentre lo attendeva un prestigioso convegno, vi arrivò in ritardo di un’ora e mezza perché non la finiva più di voler provare a tirare fuori ermeneuticamente il meglio (che magari valesse almeno uno striminzito 18) da uno studente poco preparato, che qualunque altro docente dopo dieci minuti avrebbe già liquidato con una bocciatura.

Per nove anni, a partire dal 1996, giudice della Consulta, di cui è stato presidente quattro mesi sino al 30 gennaio 2005, professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università degli Studi di Milano dal 1983 al 2009, Onida è stato punto di riferimento di una nidiata di allievi tra i quali anche la pure poi presidente della Consulta e oggi ministra della Giustizia Marta Cartabia, «il maestro che mi ha aperto la strada, un gigante del diritto».

Presidente per un triennio dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti, il suo impatto scientifico può essere ripercorso nel volume Alle frontiere del diritto costituzionale. Scritti in onore di Valerio Onida (pubblicato nel 2011 da Giuffrè), curato dalle professoresse (e sue allieve) Marilisa D’Amico e Barbara Randazzo, con la quale Onida nel 2012 aveva fondato uno studio di avvocati per la tutela dei diritti.

Battutosi nel 2016 per il no al referendum sulle modifiche costituzionali caldeggiate dal premier Matteo Renzi, nel 2013 era stato invitato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel «gruppo dei Dieci saggi» che dovevano preparare iniziative di leggi nel campo economico e sociale, mentre tre anni prima si era candidato alle primarie del centrosinistra per il Comune di Milano, vinte da Giuliano Pisapia che sarebbe poi stato eletto sindaco.

Commentatore per «Corriere della Sera» e «Il Sole-24 Ore», da presidente per quattro anni della Scuola della Magistratura aveva cercato di rompere l’autoreferenzialità della categoria e aprire i corsi a saperi esterni. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ne addita «spirito civico e prezioso impegno per le istituzioni», e il premier Mario Draghi saluta in lui un «garante di libertà e difensore dei diritti soprattutto dei più deboli». «Ho perso un fratello, un uomo buono e un vero maestro», riflette il presidente della Consulta, Giuliano Amato, e Romano Prodi sintetizza: «In tanti dobbiamo dirgli grazie».

***


Marta Cartabia, la Repubblica
Chiunque lo abbia sentito parlare ricorda anzitutto il suo pensiero limpido e la sua intelligenza velocissima e vivacissima. Valerio Onida – professore universitario, avvocato, giudice e presidente della corte costituzionale – era così: districava con immediatezza ogni nodo giuridico e andava dritto all’essenziale. Attraverso i suoi occhi e attraverso le sue parole tutto diventava semplice.
Chiunque si sia cimentato in una discussione con lui ne usciva segnato dalla sua abilità argomentativa, dalla logica ferrea, dalla tenacia, dalla convinzione, dalla passione con cui sosteneva il suo pensiero. Segnato dalla lotta, come Giacobbe nella Bibbia.
Chiunque abbia lavorato con lui, conosce bene la sua tempra: instancabile, infaticabile, sempre all’opera. Fino all’ultimo, fino a che le forze glielo hanno consentito.
Un fuoriclasse, in una generazione di costituzionalisti di straordinariastatura. Un fuoriclasse che portava la sua grandezza con una semplicità disarmante e che rifuggiva ogni forma di ostentazione, appariscenza, retorica, formalismo.
Per me Valerio Onida è stato – ed è! –anzitutto un maestro. Un maestro non convenzionale.
Incontrato quasi per caso in un’aula universitaria a metà degli anni ’80, il professor Onida mi ha conquistato di schianto per l’originalità del suo insegnamento e per la sua inusuale disponibilità. Insegnava un corso sperimentale di «giustizia costituzionale». Ci radunava intorno a un tavolo, in una saletta dell’Università Statale di Milano, in via Festa del Perdono. Leggevamo e discutevamo per ore le sentenze della Corte costituzionale, sforando sempre la finestra di tempo che ci era concessa dall’orario ufficiale. Discutevamo – se si può dir così – da pari a pari. Prendeva sul serio ogni nostra osservazione. La valorizzava, la confutava, la correggeva, la corroborava. Eravamo una dozzina di studenti, in anni in cui le aule di giurisprudenza erano gremite di centinaia di studenti e i professori erano lontani, distanti in tutti sensi. Non lui, però. Non Valerio Onida. Insegnava con modalità che avrei poi visto – alcuni anni più tardi – nelle università anglosassoni. Il suo era un metodo naturalmente socratico, in un contesto in cui tutti insegnavanoex cathedra.
L’incontro con Valerio Onida nelle aule universitarie fu l’incontro con «una tempra eccezionale di maestro» capace di «riscaldare col suo fuoco la materia sorda», come scriveva Piero Calamandrei nelle sue riflessioni sull’università.
Nella sua umanità, nel suo modo di essere, di insegnare e di lavorare ho trovato sempre piena corrispondenza con l’impeto ideale che mi ha mossa agli inizi verso gli studi giuridici: una vera passione per la giustizia, di là e attraverso i tecnicismi della professione.
Un maestro non convenzionale, con un pensiero non convenzionale, sempre all’avanguardia, sempre aperto, sempre pronto a misurarsi con le sfide della storia, sempre creativo e audace. La giustizia costituzionale, l’integrazione europea, la dimensione internazionale dei diritti umani, il carcere, la giustizia riparativa sono alcune delle direzioni del suo variegato impegno verso cui anche io ho avuto il privilegio di dirigere i miei passi, tenendo dietro «coi piedi a le sue orme» (Pg XII 116).
Il lavoro accademico con lui non era mai semplicemente fine a se stesso. La sua raffinatissima riflessione scientifica e la sua dedizione alla formazione dei più giovani – nell’università e nella scuola della magistratura, che così fortemente ha voluto e realizzato – sono stati sempre accompagnati ad un ardente impegno civico.
Ai suoi numerosissimi allievi – e allieve, tante allieve – ha insegnato ad essere così: lavorare sodo con gli studi e con l’insegnamento, senza mai sottrarsi all’impegno nelle istituzioni e nel dibattito pubblico, per diffondere e difende i valori della Costituzione.
La sua «scuola accademica» è vasta e variegata. Come ogni vero maestro, più che legare o assimilare a sé, Valerio Onida aveva la capacità di far fiorire la personalità dei suoi allievi. Sospingeva sempre ciascuno a seguir la propria stella. Di ciascuno amava l’originalità, l’irripetibilità, la libertà di pensiero e di stile. Come originali, irripetibili, liberi sono i suoi cinque figli. Invero, ci sentiamo un po’ tutti suoi figli.
Valerio, per un singolare segno del destino, ti sei congedato da noi in un giorno per me particolare. Una coincidenza, certo, nulla più. Ma una coincidenza che non può non farmi pensare alla paternità.
Un maestro, un padre.
Mi mancherai, ci mancherai. Ci hai testimoniato valori che durano nel tempo, Valerio. E nulla ci priverà – come diceva Dante al suo maestro Brunetto Latini, de «La cara e buona immagine paterna / di voi quando nel mondo ad ora ad ora / mi insegnavate come l’uom s’etterna».

***

Flavia Amabile, La Stampa 
È morto Valerio Onida. Aveva 86 anni ed è stato un protagonista indiscusso del mondo giuridico italiano. Lungo è l’elenco degli incarichi ricoperti: presidente della Corte Costituzionale e della Scuola superiore di Magistratura e a lungo docente di diritto costituzionale all’Università degli Studi di Milano. È stato anche presidente dell’Associazione italiana dei costituzionalisti e dell’Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione.
Nel 1986 aveva fondato a Milano uno studio legale che poi aveva chiuso per incompatibilità con gli incarichi pubblici, ma nel 2012, libero da vincoli, era tornato alla professione dando vita allo studio associato Oralex molto orientato alla tutela dei diritti. Si è spento a Milano, la città dove ha svolto gran parte dell’attività non solo da un punto di vista accademico e professionale. Nel 2010 si era candidato alle primarie del centrosinistra per il sindaco di Milano, arrivando terzo dopo Giuliano Pisapia (poi eletto) e Stefano Boeri. Ed era stato consulente a titolo volontario per i detenuti delle carceri milanesi e l’associazione «Avvocati per niente». Lascia cinque figli e sei nipoti.
È stato il figlio Francesco su Facebook a comunicare la notizia della morte pubblicando una foto del padre e scrivendo un saluto: «Ciao papà, grazie di tutto». Centinaia i messaggi di cordoglio per la sua scomparsa a partire dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha ricordato la figura di «maestro di diritto pubblico», che è stato «costantemente animato da forte spirito civico e da prezioso impegno per le istituzioni della Repubblica». Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, lo ricorda come «garante di libertà e difensore dei diritti, soprattutto dei più deboli». Forte era il legame con Giuliano Amato, attuale presidente della Corte Costituzionale: «Ho perso un fratello. Era un uomo buono e un vero maestro». Altrettanto forte lo era con l’attuale ministra della Giustizia Marta Cartabia, anche lei ex presidente della Corte Costituzionale. «Per me, è stato innanzitutto il maestro che mi ha aperto la strada – ricorda –. Un gigante del diritto costituzionale, sempre pronto a misurarsi con le sfide della storia e ad intrecciare lavoro accademico con ardente impegno civico». Si sono incontrati quando la ministra era una studentessa nelle aule universitarie di Milano, con lui si è laureata nel 1987 ed è rimasto «sempre un punto di riferimento». Di lui ricorda «la sua passione contagiosa, la sua disarmante semplicità, la sua limpida intelligenza al servizio delle istituzioni e dei diritti degli ultimi».
«Perdo un amico», scrive sui social Giuliano Pisapia che lo ricorda come «straordinario costituzionalista, un importante docente universitario e un Presidente della Consulta capace di incidere con equilibrio». 

***

Capire le ragioni dei problemi giuridici senza pregiudizi, e provare a spiegarle agli altri, a Valerio Onida piaceva molto.
Ed è anche per questo - ma non solo – che era un illustre costituzionalista a tutto tondo: un Maestro vero, nel senso più alto e largo che questa funzione ha storicamente assunto per la crescita armonica di una società democratica prima che di una comunità scientifica.
Amato quindi non soltanto dagli studiosi, a partire dagli allievi della sua Scuola (raccolti innanzitutto sull’asse Milano-Brescia-Verona) e poi dagli studenti con i quali disquisiva non poco, Valerio Onida dagli anni 80 è stato una presenza stabile nella vita pubblica del nostro Paese, divenendo prima giudice (1996) e poi Presidente della Corte costituzionale (2004).
Questo ruolo lo rese un autentico “garante dei diritti” anche per tanti cittadini che videro, nel suo agire, vera passione civile per una società più giusta ed equa. Una legacy che poi non ha mancato di infondere agli allievi - come Marta Cartabia, oggi Ministro della Giustizia - approdati dopo la cattedra universitaria in Corte, addirittura nel medesimo doppio ruolo.
D’altronde – e a riprova - Valerio Onida ha avuto un’attenzione, quasi francescana, ai diritti dei deboli; così sentita da portarlo a fare - appena dismessi i panni di presidente della Corte – una sorta di volontariato assiduo nelle carceri italiane, a partire da quello milanese di Bollate. Un fatto in sé, come dire, inusuale. Ma che tuttavia mostra cosa (e quanto) si agitasse nella coscienza di un cattolico non bigotto, da sempre legato al pensiero di Giuseppe Dossetti, al punto tale da presiederne la sua “Fondazione per le scienze religiose” di Bologna.
Che gli si eviti però ogni ritratto agiografico. Perché Onida, sia chiaro, era un uomo mite e gentile - e pure filiforme! - ma che viveva tuttavia, memore delle radici sarde paterne e delle siciliane materne, di forti passioni: naturalmente, da allievo di Egidio Tosato e di Paolo Biscaretti, innanzitutto per i problemi del diritto costituzionale italiano ed europeo.
Infatti, da studioso – anche in modo polemico se necessario, financo da presidente dei costituzionalisti italiani - non mancava di farsi sentire lì dove le questioni erano più incandescenti: sempre con l’idea che fosse necessario studiare la Costituzione in primis come atto normativo, senza per questo, dal punto di vista metodologico, scioccamente decontestualizzarla.
E così fece d’altronde, sin dal 1963, dedicando la sua prima ponderosa monografia ai temi della finanza pubblica e delle leggi di spesa, per affrontare poi da pioniere, negli anni 70, il sistema regionale e delle autonomie, che intendeva come parte essenziale della democrazia italiana; per arrivare poi alla giustizia costituzionale e alle sue prassi, e di lì all’Unione europea con la Corte di Giustizia e quella di Strasburgo, con i diritti negati e gli assetti istituzionali non sempre coerenti con le speranze che da progressista aveva. Per approdare infine, nei primi anni duemila, alla Costituzione e alla sua riforma cui, inter alia, dedicò un aureo volumetto, più volte ristampato da “Il Mulino”.
Non c’è allora tema che non abbia interrogato la sua riflessione né applicato la sua penna, pure nella veste di commentatore per il Sole 24 Ore e, più di recente, per il Corriere della Sera. Su tutti, nella parte finale della vita, si impegnò per la formazione e l’apertura verso l’esterno della Magistratura da presidente della omonima Scuola Superiore. E poi, per le riforme costituzionali, anche da “saggio” nominato dal presidente Napolitano. Tuttavia su quel terreno, invece, fu più cauto, schierandosi contro nel referendum del 2016 ma a favore su quello del numero dei parlamentari (2020).
Di certo, come mostrano gli Scritti in suo onore (2011) curati dalle allieve Marilisa D’Amico e Barbara Randazzo, amava le montagne e camminare lungo le “frontiere del diritto”.
A noi non resta oggi, tra passione e ragione, che proseguire ancora sulle sue spalle.

***

Francesco Clementi, Il Sole 24 Ore
Capire le ragioni dei problemi giuridici senza pregiudizi, e provare a spiegarle agli altri, a Valerio Onida piaceva molto.
Ed è anche per questo - ma non solo – che era un illustre costituzionalista a tutto tondo: un Maestro vero, nel senso più alto e largo che questa funzione ha storicamente assunto per la crescita armonica di una società democratica prima che di una comunità scientifica.
Amato quindi non soltanto dagli studiosi, a partire dagli allievi della sua Scuola (raccolti innanzitutto sull’asse Milano-Brescia-Verona) e poi dagli studenti con i quali disquisiva non poco, Valerio Onida dagli anni 80 è stato una presenza stabile nella vita pubblica del nostro Paese, divenendo prima giudice (1996) e poi Presidente della Corte costituzionale (2004).
Questo ruolo lo rese un autentico “garante dei diritti” anche per tanti cittadini che videro, nel suo agire, vera passione civile per una società più giusta ed equa. Una legacy che poi non ha mancato di infondere agli allievi - come Marta Cartabia, oggi Ministro della Giustizia - approdati dopo la cattedra universitaria in Corte, addirittura nel medesimo doppio ruolo.
D’altronde – e a riprova - Valerio Onida ha avuto un’attenzione, quasi francescana, ai diritti dei deboli; così sentita da portarlo a fare - appena dismessi i panni di presidente della Corte – una sorta di volontariato assiduo nelle carceri italiane, a partire da quello milanese di Bollate. Un fatto in sé, come dire, inusuale. Ma che tuttavia mostra cosa (e quanto) si agitasse nella coscienza di un cattolico non bigotto, da sempre legato al pensiero di Giuseppe Dossetti, al punto tale da presiederne la sua “Fondazione per le scienze religiose” di Bologna.
Che gli si eviti però ogni ritratto agiografico. Perché Onida, sia chiaro, era un uomo mite e gentile - e pure filiforme! - ma che viveva tuttavia, memore delle radici sarde paterne e delle siciliane materne, di forti passioni: naturalmente, da allievo di Egidio Tosato e di Paolo Biscaretti, innanzitutto per i problemi del diritto costituzionale italiano ed europeo.
Infatti, da studioso – anche in modo polemico se necessario, financo da presidente dei costituzionalisti italiani - non mancava di farsi sentire lì dove le questioni erano più incandescenti: sempre con l’idea che fosse necessario studiare la Costituzione in primis come atto normativo, senza per questo, dal punto di vista metodologico, scioccamente decontestualizzarla.
E così fece d’altronde, sin dal 1963, dedicando la sua prima ponderosa monografia ai temi della finanza pubblica e delle leggi di spesa, per affrontare poi da pioniere, negli anni 70, il sistema regionale e delle autonomie, che intendeva come parte essenziale della democrazia italiana; per arrivare poi alla giustizia costituzionale e alle sue prassi, e di lì all’Unione europea con la Corte di Giustizia e quella di Strasburgo, con i diritti negati e gli assetti istituzionali non sempre coerenti con le speranze che da progressista aveva. Per approdare infine, nei primi anni duemila, alla Costituzione e alla sua riforma cui, inter alia, dedicò un aureo volumetto, più volte ristampato da “Il Mulino”.
Non c’è allora tema che non abbia interrogato la sua riflessione né applicato la sua penna, pure nella veste di commentatore per il Sole 24 Ore e, più di recente, per il Corriere della Sera. Su tutti, nella parte finale della vita, si impegnò per la formazione e l’apertura verso l’esterno della Magistratura da presidente della omonima Scuola Superiore. E poi, per le riforme costituzionali, anche da “saggio” nominato dal presidente Napolitano. Tuttavia su quel terreno, invece, fu più cauto, schierandosi contro nel referendum del 2016 ma a favore su quello del numero dei parlamentari (2020).
Di certo, come mostrano gli Scritti in suo onore (2011) curati dalle allieve Marilisa D’Amico e Barbara Randazzo, amava le montagne e camminare lungo le “frontiere del diritto”.
A noi non resta oggi, tra passione e ragione, che proseguire ancora sulle sue spalle.