la Repubblica, 15 maggio 2022
Liste d’attesa infinite, la sanità non riparte
Il problema è sempre lì, al centro esatto della sanità italiana. È quasi un luogo comune da quanto è ricorrente, da quanto è difficile da ricacciare indietro. Zavorra da sempre l’attività specialistica, cioè visite ed esami diagnostici, alternando periodi di maggiore o minore intensità. Ora siamo nel mezzo di uno di quelli brutti. Liste di attesa: basta dire questo per evocare un mondo, far salire il nervoso e scoraggiare.
Attese fino a 9 mesi
In due giorni, giovedì 12 e venerdì 13 maggio, abbiamo contattato i centri di prenotazione di otto grandi città italiane, chiedendo appuntamento per sei prestazioni: le visite cardiologica, oculistica e ortopedica, l’ecografia dell’addome, la risonanza all’encefalo e la gastroscopia. Le ricette avevano la priorità D, che imporrebbe l’appuntamento entro 30 giorni per le visite e 60 per gli esami. In molti casi i tempi non vengono rispettati. A Torino, ad esempio, ci vogliono addirittura 268 giorni per farsi vedere da un cardiologo, a Firenze 188 per l’ortopedico, a Palermo 120 per l’oculista. A Roma sono necessari 143 giorni per una gastroscopia ma è la risonanza all’encefalo l’esame più in crisi. Nella capitale si tocca il record di 238 giorni di attesa e quasi ovunque le cose vanno male. E si tratta di un esame che di solito viene prescritto per il sospetto di patologie importanti e quindi è difficilmenteinappropriato.
Ci rimettono i più poveri
Le liste di attesa hanno importanti effetti collaterali. Tra questi, la spinta di molti cittadini verso il privato, che assicura tempi inferiori e talvolta fa prezzi bassi proprio perfare concorrenza al pubblico. Chi non può permettersi di pagare, è costretto ad aspettare. Chi è più poverosi cura dopo.
Cala l’offerta, sale la domanda
Perché le attese aumentano? Durante i due anni di Covid sono state fatte molte meno prestazioni specialistiche. Nel 2018 e nel 2019 visite ed esami pubblici erano stati circa 226 milioni. Nel 2020, ha calcolato l’Agenzia sanitaria nazionale delle Regioni (Agenas) si è scesi a 162 milioni e l’anno scorso a 192. Sono state quindi “perse” ben 98 milioni di prestazioni in due anni. Forse non erano tutte necessarie ma è ovvio che adesso che la pandemia siritira molte persone tornano a chiedere di fare accertamenti che erano saltati. Ma non solo. Il coronavirus ha lasciato strascichi su molte persone, il cosiddetto Long Covid. Per questo, ad esempio, un po’ ovunque aumenta la domanda di accertamenti cardiologici. E per questo realtà come la Toscana, l’unica che non ha ridotto l’offerta nel 2021 e in questo 2022 ha aumentato le prestazioni per i cittadini, hanno lo stesso seri problemi con le attese.
Le diverse strategie
La risposta al problema dei tempi è regionale. E così, come sempre, i cittadini ottengono risposte diverse a seconda di dove vivono. Per chi sta nelle grandi città, talvolta è necessario spostarsi in provincia per ottenere una prestazione velocemente. Si tratta ad esempio del caso di Bologna, dove i tempi migliori si ottengono fuori città, nei Comuni più vicini, ma in certi casi, come per la gastroscopia, anche in quelli lontani. Addirittura in Piemonte la risposta del centro di prenotazione, Cup, è su base regionale. E capita che a un torinese venga proposto di andare a fare la gastroscopia, tra l’altro in ritardo cioè dopo 90 giorni, a Novi Ligure, ovvero a 120 chilometri di distanza da casa. Un po’ troppo. A Palermo ci sono anche prestazioni nemmeno prenotabili, come la gastroscopia. C’è poi chi punta tanto sui privati, come la Lombardia o la stessa Emilia, che acquistano molte prestazioni per abbattere le attese. Si tratta di una strategia usata un po’ ovunque. Ma anche i bilanci regionali sono fiaccati dal Covid e spendere molto è rischioso.
Gli effetti sulla sanità
Malgrado i soldi arrivati da Roma per le assunzioni, i sindacati lamentano da tempo carenze di organico. Questo rende più difficile tutta l’attività specialistica. Ad essere più in crisi sono però i pronto soccorso, da dove molti camici bianchi se ne stanno andando per lo stress da troppo lavoro. Ebbene, con i tempi di attesa cresce anche la domanda a queste strutture, in special modo da parte di persone che non hanno problemi gravi. Chi non trova rapidamente un appuntamento per una visita o un esame finisce per presentarsi ai dipartimenti di emergenza degli ospedali, dove comunque, magari aspettando molto, una risposta arriva. E così aumenta il carico anche sui pronto soccorso.