Robinson, 14 maggio 2022
Ovidio quanto sei trendy
Nel 1979 le Metamorfosi di Ovidio apparvero nella collana I Millenni di Einaudi, con prefazione di Italo Calvino. Ma i classici sono tali perché suscitano sempre nuove letture e nuove domande. E il tema stesso della metamorfosi – della fluida instabilità del corpo, della connessione di tutto ciò che esiste, della contiguità e ibridazione fra mondo inorganico, vegetale, animale, umano – non è mai stato tanto al centro della riflessione della letteratura e dell’arte ( come si vede anche nell’attuale Biennale). Così, quarantatré anni dopo, I Millenni propongono un’edizione completamente nuova, col testo latino a fronte dall’edizione Oxford University Press, aggiornata nella bibliografia, nell’interpretazione,nella lingua. Un’impresa di notevole impegno e rilevanza, perché leMetamorfosi,per influenza sulla cultura occidentale seconde solo alla Bibbia ( erano del resto note fin dal Medioevo come “ la Bibbia dei Pagani”) dovrebbero figurare in ogni biblioteca – pubblica e privata. Dovremmo leggerle tutti – a scuola o come livre de chevet, da spizzicare poco a poco, storia per storia. Ci insegnerebbero a capire vita, arte e letteratura, ma anche a raccontare – perché Ovidio è un insuperabile maestro di scrittura.
Nel suo “ canto ininterrotto”( 11.995 esametri divisi in XV libri), scritto fra il 2 e l’8 d.C., e non del tutto rifinito al momento in cui l’editto di Augusto lo relegò a Tomi, sul Mar Nero, ai confini dell’Impero, Publio Ovidio Nasone – fin lì autore di successo di elegie, epistole e manuali d’amore – si cimenta con l’intero patrimonio epico, lirico, storico, didascalico, del mondo greco e romano, riscrivendo, citando, rifacendo, con un’ambizione smisurata ma resa trasparente dalla bellezza del linguaggio. Sicché leMetamorfosi alla scrittura innalzano un monumento infrangibile. Ovidio infatti racconta – con una sbalorditiva varietà di modi, stili e toni – 246 miti del mondo classico, con l’intento programmatico di esaurire l’intera storia, dal Caos antecedente la creazione fino al tempo di Augusto. Anzi, in verità, come dichiara già nel folgorante proemio, fino ai « miei tempi » . Giacché, al di là dell’obbligatoria cortigianeria verso l’Imperatore dittatore, Ovidio innalza la poesia ( eterna) sopra il potere ( friabile e sottomesso alla legge universale del mutamento).
Guido Paduano, filologo, comparatista, già professore all’università di Pisa, firma l’introduzione – dotta ma priva di accademica pedanteria, assai utile anche a chi si avvicini per la prima volta al testo di Ovidio. Con l’esempio di alcunimiti ( non sempre i più noti: illuminanti le pagine su Ceice e Alcione, Batto, Ascalafo, le Propetidi), Paduano analizza tutte le funzioni della metamorfosi: salvifica o punitiva (di un’infrazione, un comportamento, una colpa), esorcismo della morte, elaborazione del lutto o testimonianza d’affetto, sanzionatoria, normativa e morale, ma anche ingiusta, ambigua o priva di significato, a dimostrare « il carattere sfuggente e incomprensibile della realtà » ( e la laica attitudine dell’autore). Di Paduano anche l’agile traduzione in versi sciolti ( già nella Biblioteca della Pleiade di Einaudi). Luigi Galasso, professore al Sacro Cuore di Milano, firma invece il Commento, oltre 550 pagine di impressionante erudizione e guida nel labirinto di riferimenti e rimandi. Destinato agli intenditori, ne raccomando la lettura anche a chiunque voglia capire l’officina degli scrittori.
Ulteriore novità rappresenta l’apparato iconografico: 32 tavole a colori, collocate in prossimità dei versi che le hanno ispirate. Nelle “ Note alle illustrazioni. Costellazioni ovidiane”, Luca Bianchi traccia una mappa per orientarsi nella galassia di immagini suscitate dal poema di Ovidio – evidenziando che anche esse generano nel tempo tradizione e interpretazione, e attivano percorsi paralleli di ricezione. La sua selezione privilegia la pittura, e spazia dalle miniature del Medioevo a Picasso, ma non esclude la scultura, le arti applicate e le installazioni (Eco nel vuoto di Giulio Paolini, 2018). Fra i capolavori imprescindibili, Piero di Cosimo, Tiziano, Poussin, Velázquez, e ilPaesaggio con la caduta di Icaro di Bruegel, che ha ispirato a sua volta bei versi di Auden e Williams. Assente invece Tintoretto, che in età giovanile alleMetamorfosi dedicò gli ottagoni di un soffitto ( oggi alla Galleria Estense di Modena), rivoluzionari nella tecnica, nell’invenzione e nel taglio narrativo – ma per la loro collocazione privata rimasti senza eco e per questo, probabilmente, qui ignorati. La presenza più sorprendente è forse l’estrema Euridice di Fausto Melotti ( 1972): nella aerea scultura la “ sposa cadavere” è una incorporea reticella, filiforme e vibratile, che incede su una piastra di ottone animata dal respiro dei visitatori. Immagine lirica della risonanza infinita delle storie e delle parole scelte dai poeti per raccontarle. Perché la parola – ribadisce spesso Ovidio nel momento traumatico della metamorfosi del corpo in altro da sé, e della perdita della propria identità – è l’unica qualità che ci rende davvero umani.