il Giornale, 14 maggio 2022
L’uomo che consegna gli assegni della Sisal
Andrea Cuomo
Ci sono tanti lavori al mondo ed essere l’erogatore della felicità non è certo il peggiore. Non possiamo fare il suo nome. Accontentatevi di sapere che è l’uomo che stacca gli assegni ai vincitori di cifre consistenti dei concorsi Sisal. Lavora all’ufficio vincite di Milano da 14 anni e dopo 38 di carriera il 30 giugno andrà in pensione. Il suo unico sogno è riuscire, prima di tornare nella sua Firenze, di chiudere premiando chi si aggiudicherà il jackpot del Superenalotto, che oggi vale 204 milioni, il record assoluto è di 209 milioni.
Bel lavoro stare dalla parte del sorriso...
«Un lavoro che emoziona anche se la nostra priorità in quel momento è un’altra».
E qual è?
«Il vincitore è spesso disorientato e dobbiamo tranquillizzarlo, farlo sentire a suo agio».
Partiamo dall’inizio. Chi viene da voi?
«In genere arriva solo chi ha premi consistenti da incassare, ha un trattamento particolare, viene accolto in una sala riservata. Il tagliando è l’unico titolo valido, se tutto è a posto il cliente esce con una ricevuta, con l’importo e con la data del bonifico. Sopra il milione è il 91° giorno dalla data del concorso, dopo si perde ogni diritto. Ma non capita mai».
Chi arriva ha paura che non sganciate i soldi?
«No, ha paura di sbagliare qualcosa nel compilare i documenti. Per questo spesso arriva accompagnato da un parente o da un consulente. A volte addirittura dal ricevitore stesso. È frastornato e sembra volersi liberare al più presto di un peso. La scheda prima uno se la toglie dalla tasca e meglio è. C’è chi tra la vincita e l’incasso non esce di casa per giorni per non perderla di vista. Chi si fa cucire delle tasche segrete nella giacca. Chi la mette in una scarpa. Comunque nessuno arriva qui spavaldo».
Poi si rilassa?
«È il nostro lavoro. Chiediamo come hanno scelto i numeri. Qualcuno ha giocato gli stessi per quarant’anni, altri li hanno presi dalla targa dell’auto che li ha sorpassati la mattina. E poi chiediamo cosa ne faranno».
E che cosa ne fanno?
«Molti finché non hanno i soldi sul conto corrente non hanno le idee chiare. Tutti vogliono sistemare la famiglia o estinguere il mutuo. Ma una signora di 77 anni che aveva vinto tre milioni ci disse che avrebbe finalmente potuto lanciarsi con il paracadute e poi ci fece sapere che l’aveva fatto. Un’altra donna piemontese ci confessò: così finalmente potrò andare a Roma a conoscere il Papa».
Qualche storia l’ha commossa?
«Una signora che aveva vinto qualche milionata mi disse: finalmente posso far tornare in Italia mio fratello che non vedo da dieci anni perché è andato a lavorare in Brasile. Un’altra vinse un jackpot da 14 milioni e arrivava dall’Emilia del terremoto. Ci rivelò che finalmente avrebbe potuto risistemare le tubature del riscaldamento e passare un inverno non al freddo. E risistemare la scuola del paese».
E quelle che l’hanno colpita?
«C’era una vincita da 77 milioni e il fortunato dopo due mesi ancora non si era visto. Si presentò a fine settembre, serafico. Era un ragazzo, ci raccontò che stava lavorando in una pizzeria sulla riviera romagnola e che non aveva voluto mettere in difficoltà il titolare lasciandolo a metà stagione».